Clima bene comune

Abbiamo intervistato Luca Mercalli, presidente della Società Meteorologica Italiana, che ha scritto recentemente, insieme all'economista Alessandra Goria, un libro sul problema dei cambiamenti climatici in atto e sulle possibili soluzioni che è possibile adottare a livello individuale e sociale per arginare il problema, e stabilizzarlo a un livello accettabile per la sopravvivenza prima di tutto dell’Umanità e poi del maggior numero di specie animali e vegetali del pianeta

Clima bene comune
Luca Mercalli insieme ad Alessandra Goria ha scritto recentemente un nuovo libro sul cambiamento climatico e le sue problematiche (Clima bene comune, Bruno Mondadori, 2013). Mercalli è un climatologo e affronta la questione sollevando il velo delle errate informazioni sul tema e proponendo soluzioni individuali, sociali e istituzionali per fermare la pericolosa mutazione dei climi. Gli scenari e gli impatti attuali e futuri descritti nel suo testo, tutti documentati secondo le più recenti acquisizioni della ricerca scientifica internazionale, sono impressionanti e lo sono tanto più alla luce dei costi che imporranno alle nostre società opulente e all'umanità intera, sia dal punto di vista economico che sociale e umano. Tuttavia è ancora possibile agire per tentare di arginare il problema se ci si orienta verso un altro modo di vivere, sia a livello individuale che sociale. Abbiamo chiesto a Luca Mercalli il suo punto di vista, chiedendogli anche di aprirci spiragli sulle soluzioni possibili per un cambiamento di rotta. V.P. - La questione del cambiamento climatico è sempre più impellente e lo vediamo (parlo delle persone ecologicamente sensibili) ormai con i nostri occhi (non sono più teorie) “grazie” agli eventi climatici drammatici cui ogni tanto anche le nostre regioni sono sottoposte. La domanda iniziale però è questa: qual è secondo te la percezione reale della gente comune? A tuo parere il cosiddetto uomo della strada crede nella possibilità di fare qualcosa per arginare questo pericoloso disordine del clima? L.M. - Innanzitutto va detto che il problema del cambiamento climatico è di una complessità enorme. Non si possono ad esempio trarre conclusioni generali da fenomeni locali e siamo costretti a fare i conti con molte incertezze. Tanto più che spesso ci sono concause dovute ad altri fattori. Nell'ultimo grave episodio alluvionale in Sardegna, il 18 novembre 2013, una parte consistente del problema è stato generato da un cattivo uso del territorio, da abuso edilizio e da una scarsa conoscenza delle norme di protezione civile più sicuramente una certa percentuale dovuta a una nuova strutturazione climatica, che tuttavia non siamo in grado di quantificare. In ogni caso, molti altri sintomi generali di cambiamento in atto li abbiamo già. L'aumento della temperatura del globo è infatti un fatto ormai inequivocabile, così come è accertato che ciò sia di origine umana. Il recente quinto Rapporto dell'ONU-IPCC sul clima effettua una diagnosi della tendenza termica all’aumento che non lascia dubbi in questo senso. E ci sono accadimenti importantissimi come la fusione dei ghiacciai e della banchisa polare che sono drammatici. V.P. - Come mai, nonostante appunto concreti esempi di stravolgimenti stagionali ed eccessi di manifestazioni atmosferiche in molti luoghi del pianeta, i capi di stato e le istituzioni internazionali che dovrebbero essere i soggetti maggiormente coinvolti e artefici di piani difesa e di riconversione delle abitudini umane che concorrono al riscaldamento terrestre, si ostinano a negare, ignorare o a ridimensionare tali cambiamenti in atto? Alcuni sostengono che questi cambiamenti ci sono sempre stati, altri che non è colpa dell'uomo se ora si stanno verificando e altri ancora, seppure li ammettono e capiscono, di fatto non danno luogo ad azioni collettive concrete. L.M. - Ci sono due grandi ostacoli che congelano qualsiasi percorso di cambio di direzione societario rispetto al problema del clima. Il primo è quello economico. C'è una lobby molto forte che preme a tutti i livelli per impedire che non ci siano penalizzazioni sul fronte del consumo energetico e della crescita economica. Il mercato del carbone e del petrolio è uno dei mercati più grandi al mondo con una potenza di fuoco e capacità di corruzione politica impareggiabile. Lo stesso Obama, un capo di stato di un paese di importanza fondamentale a livello mondiale, e che ha consapevolezza del problema, ha dimostrato di non avere possibilità di manovra perché la lobby dei petrolieri staunitensi è potentissima. Ma anche altri grandi paesi in via di sviluppo come l'India o la Cina non hanno alcun interesse a fermare la loro corsa, rimpallando semmai la questione agli stati occidentali che sono partiti prima e che hanno maggiori responsabilità nella faccenda. Il secondo ostacolo è invece di tipo culturale: l'uomo non è attento alle problematiche che si manifestano nel lungo termine. Se lo fosse, dovrebbe scommettere sulla credibilità della scienza e sul futuro, e in generale a nessuno interessa farlo. La metafora del fumo di tabacco e dei suoi effetti nocivi risaputi è assolutamente calzante. Anche in quel caso, nessuno o quasi si preoccupa del fatto che dopo vent'anni di fumo potrebbe sviluppare con grandissime probabilità un tumore al polmone e quindi tutti continuano a fumare, rischiando per un piccolo piacere sicuro oggi una grave ma incerta conseguenza domani. Allo stesso tempo, le lobby produttrici di tabacco fanno il loro lavoro per continuare a produrre e vendere in santa pace il loro prodotto. La stessa cosa avviene nel caso dei cambiamenti climatici e dell'uso irresponsabile delle energie fossili e quant'altro. V.P. - Se non ci saranno azioni individuali e collettive per modificare questo andamento, cosa ci potremo aspettare e in che tempi? L.M. - Sicuramente si tratta di un cambiamento epocale per la storia umana. Dalla metà di questo secolo in poi l’evoluzione climatica e ambientale entrerà in un territorio inesplorato dove tutto potrà capitare e si vedranno cose mai viste. Un adattamento di tutte le specie a quello che avverrà è impossibile. Batteri e insetti certamente si adatteranno meglio, ma per le altre specie ci saranno difficoltà notevoli. Ci vorrebbe un formidabile salto culturale di visione del futuro per arrivare a comprendere che stiamo scherzando col fuoco. V.P. - Su questo giornale parliamo spesso del ruolo delle scelte individuali per un mondo migliore, ovviamente anche sul piano del riscaldamento del pianeta. Ma dal punto di vista istituzionale e sociale collettivo cosa pensi sia possibile fare? In generale hai delle proposte? L.M. - Prima di tutto occorre prendere coscienza che una parte di cambiamento climatico ormai è in atto e non si può più invertire. Un aumento di un paio di gradi della temperatura media dell'atmosfera terrestre entro questo secolo è quindi irreversibile, con i suoi scompensi e mutamenti che stiamo vedendo e che vedremo ancor più nei prossimi anni. Tuttavia non fare più nulla per mitigare la situazione e continuare a spingere le emissioni climalteranti senza limite significa anche che potremmo andare verso un cambiamento equivalente a 5 gradi di aumento che sono moltissimi. Cinque gradi a livello globale significa che in certe aree si può arrivare a punte di 10 gradi di differenza rispetto al presente. Con conseguenze sull'agricoltura, sull'innalzamento del livello dei mari e quindi sulle migrazioni dei popoli di portata eccezionale. Un fronte su cui agire è sicuramente un’evoluzione tecnologica che ci porti a sganciarci dalle energie fossili e a puntare verso quelle rinnovabili per contenerci entro i 2-3 gradi, i quali, ripeto, sono purtroppo ormai assodati come futura situazione che dovremo vivere. Al momento, quindi, abbiamo questo spazio di manovra per non oltrepassare questo limite, che ha già i suoi notevoli problemi per l'equilibrio del pianeta, ma più si aspetta e più questo spazio si riduce. Proprio per questo ho pensato di scrivere questo libro a quattro mani insieme a una economista come Alessandra Goria. Occorre dare un messaggio forte che esistono linee di coesistenza con l’ambiente e socialità umane diverse anche dal punto di vista economico e che l'economia predatoria che oggi regge il pianeta, può cambiare. Anzi, sebbene non emerga, esiste già un'economia diversa, che potrebbe far fronte a queste problematiche e svelarci un percorso verso rapporti societari ed ecologici più equilibrati, più rispettosi del necessario e meno inclini al superfluo, più sobri nei consumi e più attenti verso il riciclo degli scarti. Queste sono le prospettive che illustriamo nel libro e che speriamo stimolino l'azione concreta di quante più persone e istituzioni possibili. © Riproduzione riservata
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Commenti

Le persone "ecologicamente sensibili" devono capire che per cambiare le cose devono fare come si suol dire "massa critica" a livello delle istituzioni locali e nazionali. Non c'è più tempo per libri e convegni, non c'è più tempo per il lavoro di sensibilizzazione. Occorre confluire tutti in un contenitore politico che possa affrontare le prossime competizioni elettorali con la speranza di diventare determinante nelle scelte che chi governa andrà a fare. Ora siamo alla vigilia delle europee: perchè le suddette persone sensibili non si guardano intorno e non verificano se per caso questo contenitore esiste già? Perchè gli scienziati di ogni disciplina e formazione non escono allo scoperto con un pubblico e collettivo appello? Ciascuno continua a coltivarsi il suo orticello, eh?
Cecilia, 19-12-2013 05:19

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