Uscire dalla crisi? "Costerebbe il 2% della ricchezza globale annua"

Il ‘prezzo’ della transizione verso la green economy? Il 2% del PIL mondiale annuo (circa 1300 mld di dollari) fino al 2050 in 10 settori chiave, quali energia, acqua, pesca e foreste. È il ‘manifesto’ della green economy emerso dall’intervento di Achim Steiner, sottosegretario generale dell’ONU e direttore esecutivo dell’UNEP durante l’Aurelio Peccei Lecture 2012. Senza la svolta ‘sostenibile’ di RIO + 20, entro 2030 ci sarebbe il 20% in più di habitat terrestri ‘coltivati’, 13 mln di ettari di foreste in meno l’anno, 100 volte più veloce l’erosione del suolo.

Uscire dalla crisi?
Investire il 2% del PIL mondiale annuo (da 1.053 a 2.593 miliardi di dollari per una media di circa 1300 miliardi di dollari) fino al 2050 in 10 settori chiave dell’economia globale (da energia, acqua, pesca, foreste, fino al riciclaggio dei rifiuti e alla mobilità e agricoltura sostenibili) basterebbe per uscire dalla crisi economica e ambientale e avviare la transizione verso un’economia ‘verde’, basata sulla tutela dell’ambiente e delle risorse naturali, l’equità sociale, l’innovazione tecnologica e accompagnata dalla creazione di nuovi posti di lavoro. Un risultato che si può ottenere anche ‘dirottando’ investimenti già esistenti da settori inquinanti, i cosiddetti sussidi perversi, a combustibili fossili (che ricevono sussidi annuali tra i 400 e 600 miliardi di dollari), pesticidi o fertilizzanti. È il ‘manifesto’ della green economy emerso dall’intervento di Achim Steiner, sottosegretario generale dell’ONU e direttore esecutivo dell’UNEP (il Programma Ambiente delle Nazioni Unite), durante l’Aurelio Peccei Lecture 2012 e dedicata al vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile di Rio+20 di giugno, sotto il titolo Imparare a vivere su un unico pianeta. Nel suo unico appuntamento in Italia prima del Summit, Achim Steiner ha anticipato i principali problemi e le relative soluzioni che saranno affrontati al tavolo dei negoziati di Rio (sintetizzate non a caso nel recente rapporto sulla ‘Green Economy’ dell’UNEP). Hanno partecipato Staffan de Mistura, sottosegretario agli Esteri, Paolo Fiorentino, Chief Operating Officer di Unicredit, Roberto Peccei, presidente della Fondazione Aurelio Peccei, e Gianfranco Bologna, direttore scientifico del WWF Italia. “In un mondo popolato da 7 miliardi di persone (ma saremo oltre 9 miliardi entro il 2050), dove negli ultimi 25 anni il 60% dei servizi che gli ecosistemi offrono al benessere e all’economia umana è stato degradato o utilizzato in modo non sostenibile, la green economy può essere la chiave di volta per riemergere dalla crisi mondiale e programmare un’economia che non scinda il profitto da equità sociale e tutela dell’ambiente – ha detto Achim Steiner, direttore esecutivo dell’UNEP - Il Summit di Rio rappresenta un’opportunità unica per accelerare questa transizione e affermare una nuova economia globale che incoraggi e premi lo sviluppo sostenibile”. Se perdiamo questa occasione le conseguenze attuali e future sarebbero drammatiche. Ogni anno spariscono 13 milioni di ettari di foreste nel mondo (una superficie pari a quella della Grecia); il 24% del territorio globale, a seguito dell’uso non sostenibile, ha già risentito di declini in termini di salute e di produttività nell’ultimo quarto di secolo; alcune tipologie di agricoltura convenzionale e intensiva stanno innescando livelli di erosione del terreno a ritmi circa 100 volte superiori rispetto a quelli con cui la natura è in grado di ricreare il terreno. Inoltre se non cambieranno le modalità di gestione del territorio, entro il 2030 più del 20% degli habitat terrestri - come foreste, torbiere e praterie - prendendo in considerazione solo i paesi in via di sviluppo, potrebbe essere convertito a terreni agricoli, aggravando così le perdite di vitali servizi ecosistemici e della biodiversità. Nel frattempo le emissioni di gas serra continuano a crescere, spingendo il pianeta verso la soglia dei 2 °C, al di sopra della quale gli scienziati temono che i cambiamenti ambientali potrebbero divenire irreversibili. Le priorità sul tavolo di Rio +20
Secondo Achim Steiner l’agenda di Rio dovrà affrontare le seguenti priorità: istituire una significativa governance ambientale, con strutture autorevoli e forti, per attuare lo sviluppo sostenibile; disaccoppiare il benessere e la crescita economica dalla crescita fisica, ottenendo una riduzione della richiesta di materie prime ed energia per la produzione di beni e servizi, una riduzione dei danni ambientali conseguenti alla crescita economica e il declino del rapporto tra l’impronta ecologica dell’uomo e la biocapacità del pianeta (oggi pari a 1,5 con previsione di aumento), in modo che il nostro utilizzo delle risorse naturali del pianeta rientri nei limiti della loro capacità di rigenerarsi; infine, Rio + 20 deve occuparsi della definizione di nuovi indicatori di benessere per superare la ristrettezza e l’inefficienza del PIL. A questo proposito, è in preparazione un documento sulla ricchezza inclusiva che, sulla base dell’indicatore ‘Adjusted Net Saving’ della Banca Mondiale, sviluppa un indicatore della ricchezza nazionale che comprende non soltanto il capitale prodotto, il capitale umano e il capitale naturale, ma anche gli ecosistemi critici. Le conclusioni sono previste prima del Summit di Rio. “Anche l’Italia sta lavorando alacremente con un’iniziativa CNEL-ISTAT sui nuovi indicatori di benessere e progresso, per adeguare il nostro paese al grande dibattito internazionale in materia, al quale il WWF sta fornendo un contributo significativo – ha sottolineato Gianfranco Bologna, direttore scientifico del WWF Italia e segretario generale della Fondazione Aurelio Peccei -. È necessario definire un nuovo sistema di indicatori che includano lo stato di salute degli ecosistemi, da approvare nella 68ma Assemblea Generale dell’ONU, integrare i costi ambientali nei parametri usati dagli indicatori nazionali ed internazionali per misurare lo sviluppo economico, e tenere conto in modo completo dell’inclusione sociale, dello stato di salute delle risorse naturali e degli ecosistemi e del loro ruolo per il benessere sostenibile dell’umanità”. I 10 settori chiave e le 'voci di spesa'
Sono dieci i settori chiave su cui secondo Steiner si deve investire il 2% del PIL globale annuale per avviare la transizione verso la green economy: 1. Agricoltura sostenibile:108 miliardi di dollari di investimenti 2. Efficienza energetica per l’edilizia:134 miliardi di dollari 3. Rifornimenti energetici:oltre 360 miliardi di dollari 4. Pesca sostenibile: circa 110 miliardi di dollari di investimenti, eliminando l’overfishing (il sovra sfruttamento degli stock ittici) e riducendo la capacità distruttiva delle flotte pescherecce 5. Foreste: 15 miliardi di dollari per gli ecosistemi forestali con l’ottenimento anche di importanti benefici per la lotta al cambiamento climatico 6. Industria ‘green’ (inclusa quella manifatturiera): oltre 75 miliardi di dollari 7. Turismo responsabile: circa 135 miliardi di dollari 8. Mobilità sostenibile: oltre 190 miliardi di dollari 9. Rifiuti (per esempio per il riciclaggio): circa 110 miliardi di dollari 10. Acqua (incluse le azioni per i servizi sanitari): circa 110 miliardi di dollari In particolare per il settore energetico, investire circa l’1,15% del PIL globale ogni anno nel settore dell’efficienza energetica e delle energie rinnovabili potrebbe ridurre la domanda di energia primaria a livello globale del 9% nel 2020, e fino quasi al 40% entro il 2050 con un aumento dei livelli occupazionali di 1/5 rispetto a quanto accadrebbe in un normale scenario commerciale, in quanto le energie rinnovabili dovrebbero raggiungere il 30% della quota della domanda primaria di energia globale entro la metà del secolo. Inoltre i risparmi in termini di capitale e di combustibile per la generazione di energia elettrica, nello scenario di un’economia verde, sarebbero in media pari a 760 miliardi di dollari l’anno tra il 2000 e il 2050. L'Italia: primi passi verso un'economia verde
Secondo Achim Steiner, in alcuni settori l’Italia ha abbracciato la transizione verso un’economia green. Il 33% delle piccole e medie imprese italiane sta adottando tecnologie finalizzate a ridurre l’impatto ambientale, e poco meno del 50% ha avviato investimenti nel fotovoltaico, o li sta valutando, stando a uno studio pubblicato lo scorso anno da Fondazione Impresa. L’Italia, che è già il secondo mercato al mondo per il fotovoltaico, ha prorogato al 2012 il suo regime di tariffe incentivanti e sta sostenendo attivamente l’espansione e la diffusione dei piccoli generatori eolici di potenza inferiore a 1Mw mediante una tariffa speciale. L’Italia è anche nella top ten dei paesi del mondo con il maggior numero di ettari di terreno coltivati con metodo biologico, seguendo di poco la Cina, e quasi al pari con la Germania. Leggi la nota di approfondimento

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