Le conseguenze dello sviluppo sulla natura e il nostro futuro a rischio

Siccità, aumento dell'escursione termica tra il giorno e la notte, perdita di fertilità dei suoli. Lo sviluppo, tanto invocato dai nostri governanti, non minaccia soltanto la natura ma anche l'umana sopravvivenza. E' ora di riprendere il contatto con la Terra.

Le conseguenze dello sviluppo sulla natura e il nostro futuro a rischio
Dato che io e i miei familiari stiamo potando gli olivi, mi viene spontaneo pensare allo 'sviluppo'. Proprio quello sviluppo invocato e magnificato dai nostri pseudogovernanti (vi siete mai chiesti chi li abbia eletti, visto che siamo in una, mai messa in dubbio, democrazia?), che cantano nel coro sviluppista dei potenti del Mondo Sviluppato, con sottofondo di gran parte dell’opinione pubblica di tale mondo.

Noi mentre il mondo va per la sua strada, noi ci rodiamo, e in cuor doppio è l’affanno, e perché vada, e perché lento vada. Tal, quando passa il grave carro avanti del casolare, che il rozzon normanno stampa il suolo con zoccoli tonanti, sbuca il can dalla fratta, come il vento; lo precorre, rincorre; uggiola, abbaia. Il carro è dilungato lento lento. Il cane torna sternutando all’aia. (Giovanni Pascoli)
Perché gli olivi suscitano la mia riflessione, e cos’hanno a che fare tali miti, buone e responsabili creature con Monti, Fornero & C. & P. (P. sta per Padroni)? Gli olivi in Toscana quest’anno sono molto malandati, e ciò proprio a causa dello Sviluppo. È successo che, dopo un autunno e un inverno a temperature estivo-primaverili, di colpo a febbraio le temperature sulle dolci colline della Toscana siano scese a livelli invernali alpini, con qualche decina di centimetri di neve. Gli olivi non se l’aspettavano. Pochi ormai sanno qualcosa della vita, quindi molti non sanno che l’abbassarsi graduale delle temperature induce gli alberi a rallentare la propria attività, fino a un letargo più o meno profondo, a seconda che siano sempreverdi o a foglia caduca. Gli olivi non avevano rallentato abbastanza. Dato che non ci sono più le mezze stagioni. Inoltre, in quelle giornate a meno otto, meno dieci gradi succedeva che, dove batteva il sole, la temperatura salisse tanto da far sciogliere un po’ di quella ghiacciatissima neve, che intrideva ben bene rami e terreno per poi tornare ghiaccio appena arrivava l’ombra. Come la scomparsa delle mezze stagioni, anche l’aumento dell’escursione termica tra sole e ombra e tra giorno e notte è una conseguenza dello Sviluppo. E chi se ne impippa, noi gli olivi non ce li abbiamo, potrebbe dire la maggior parte degli 'sviluppisti'. Peccato che l’acqua tutti la beviamo. Ci cuociamo gli spaghetti, ci laviamo i panni… Ed è passato tutto un inverno senza pioggia in tre quarti d’Italia. Allarme idrico! Ma anche questa estrema siccità è una conseguenza dello Sviluppo. E una siccità del genere non è solo acqua che mancherà alle nostre docce o lavatrici (e magari nelle grandi città è anche aria che manca ai polmoni, dato che lo smog si accumula). No, non è solo questo. È un disastro ambientale. Non importa se alla fine dell’anno la pioggia caduta sarà forse nella media, senza piogge in autunno e inverno lo squilibrio della vita dovuto allo Sviluppo diventa patatrac. Per esempio, da almeno due stagioni 'fungine' non crescono funghi. Ora, i funghi non servono solo come condimento alle pappardelle o alla polenta, servono all’equilibrio e alla salute del bosco. Studi lunghi e approfonditi hanno dimostrato, tanto per dirne una, che la scomparsa dei funghi micorrizici, quelli che vivono in simbiosi con le radici delle pianta e apportano loro un importante nutrimento, precede di circa cinque anni l’inizio della malattia e morte delle piante stesse. Certo, non a tutti importa granché di alberi e foreste, però a tutti importa di respirare e, benché questa conoscenza sembra sia stata rimossa dai cervelli umani, è un fatto che l’ossigeno, tutto l’ossigeno che rende questo pianeta vivibile per l’umana specie, è prodotto dai vegetali. Pare dunque che lo Sviluppo, oltre che degli olivi e delle falde acquifere, sia nemico anche dell’ossigeno e dell’umana sopravvivenza. Dunque, coloro che tanto amano lo Sviluppo e poco i boschi dovrebbero trovare un attimo per riflettere sulle conseguenze di tale loro maniacale amore. Un’altra cosa che molti non sanno è una di quelle cose piccole per il mondo sviluppato: piccole come la vita. Quando c’era l’autunno, le piogge autunnali servivano a rinnovare l’humus dei terreni: le foglie cadevano, le erbe morivano e l’acqua che le ammorbidiva e intrideva permetteva il processo di decomposizione, permetteva alle miriadi di microrganismi che abitano il terreno di trasformare quella materia vegetale morta in terra ricca, viva e fertile. Ma con la siccità di autunno e inverno tutte quelle foglie e compagnia bella non vengono mangiate, digerite e defecate da nessuno: si disidratano, seccano, sono coriacee e perdono ogni sostanza, non fungono neanche bene da pacciamatura e finiranno per polverizzarsi come materia inerte su un suolo impoverito e fragile. A molti potrebbe non importare nulla della fertilità dei suoli, tanto meno di quelli boschivi, così come non gl’importa della distruzione degli alberi. Però a tutti importa quando, anche a causa di tutto ciò, l’acqua dei fiumi straripati grazie alle molteplici facce dello Sviluppo entra dalla porta di casa e magari anche dalla finestra; quando i fianchi di colline o montagne erose scendono a valle portandosi dietro case e paesi. Pochi però collegano tutto ciò allo Sviluppo. Lo sviluppo di TAV e autostrade, automobili e aeroporti, turismo e trasporti, pozzi di petrolio anche nel mare. Lo Sviluppo con la esse maiuscola che dà Lavoro con la elle maiuscola: quel lavoro che diventa un’intoccabile divinità quando si parla di cantieri TAV e diventa un’arretrata concezione antisviluppista quando si parla di articolo 18. Mah! Però il lavoro con la elle minuscola si potrebbe procurare anche rimboschendo, riprendendo a coltivare cibo che oggi importiamo, riprendendo a coltivare lino e canapa e a tesserli per fare quegli indumenti che oggi importiamo, riprendendo a tessere la lana delle nostre pecore che oggi viene smaltita come rifiuto tossico. Per esempio. Importiamo persino il legno per i mobili, mentre i nostri boschi vengono rasi al suolo per accendere le stufe e i forni delle pizzerie: del resto, se i boschi possono essere tagliati ogni dieci anni, dove li troviamo gli alberi adatti a fare mobili? E anche qui: lo sviluppo delle pizzerie o lo sviluppo di querce, faggi e carpini? La scelta non dovrebbe essere difficile, se ci dedicassimo a sviluppare qualcosa che pare estremamente carente: il cervello umano. C'è chi dice che ne usiamo meno di un quarto e io sono propensa a credergli. Intanto, potremmo cominciare a sviluppare qualcosa di buono, in questa assurda primavera, piantando esseri verdi e vivi: alberi, arbusti, cespugli, piante aromatiche, a seconda delle nostre possibilità. Come se costruissimo un argine di verde per proteggere la vita. Ci aiuterà anche a sviluppare il nostro, di cervello, e magari a dare il via allo sviluppo del cervello di qualcun altro: i buoni esempi portano alla riflessione.
Un pioppo c’è, sulla Karlsplatz, in mezzo a Berlino, città di rovine, e chi passa per la Karlsplatz vede quel verde gentile. Nell’inverno delQuarantasei gelavano gli uomini, la legna era rara, e tanti alberi caddero e fu l’ultimo inverno per loro. Ma sempre il pioppo sulla Karlsplatz quelle sue verdi foglie ci mostra: sia grazie a voi, gente della Karlsplatz, se ancora è nostro. (Bertolt Brecht)

Commenti

Art. magnifico e da rileggere mille volte. Nel centenario pascoliano echi pasoliniani si mescolano ai poetici.La natura è relegata a sfondo rinnovabile obbligatorio quando invece se ne intravede l'usura. Angoscia di chi vede dove va il treno degli 'sviluppisti' senza poterlo fermare.
maurolaspisa, 13-04-2012 02:13
bellissimo articolo. ma un cenno alle scie chimiche che contribuiscono non poco alla desertificazione del nostro amato pianeta non ci starebbe male! a buon intenditor poche parole............
angiola, 13-04-2012 03:13
lo sviluppo non è stata sempre una cosa negativa, era ovvio che 100 anni fa, quando c'era ancora spazio per lo sviluppo, il progresso era un cosa buona.. oggi siamo arrivati al limite dove non è più possibile crescere, e dobbiamo renderci conto di questo come anche renderci conto di quello che abbiamo conquistato nel nostro cammino evolutivo... dopotutto, dove volgiamo arrivare? cosa vogliamo di più per stare bene? nn possiamo stare già bene al livello tecnologico a cui siamo arrivati? certo! è vero poi che la tecnologia rende tutto più facile, ma fino a che punto? vogliamo diventare degli automi obesi che fan tutto con un click come nel film wall-e? certo che no.. dovremmo solo stupirci di dove siamo arrivati e fermarci... anzi, non fermarci... cominciare ad ottimizzare tutti i nostri risultati, pensando a come mantenere il livello di agiatezza raggiunto, in modo eco-sostenibile, socio-sostenibile, capendo quali sono i limiti ed ddattandocisi, anche riguardo al sovrapopolamento, e magari pensando di più allo spirito che allo sviluppo ora che la tecnologia potrebbe dare a tutti il tempo per farlo, atraverso l'arte, la conteplazione della natura, i lavori manuali, l'artigianato, lo sviluppo dei tessuti sociali, etcetc... dovremmo pensare alla felicità inerna piuttosto che al prodotto interno... come in buthan.. ovviamente tutto supportato da uno sviluppo delle scienze in chiave olistica (non oil-istica come ora)e bio-sostenibile (ovvero homo-sostenibile), che ci porterà alla vera prossima evoluzione da homo-sapiens-sampiens a homo-sapines-spiritualis
marco, 13-04-2012 03:13
Per favore basta con questa fobia delle scie chimiche!!! è ormai stra-dimostrato che non c'è proprio nulla dietro a tali scie. La desertificazione è dovuta a ben altro. E' uno dei disastri associato al global warming dovuto alle attività antropiche. preoccupiamoci dei problemi veri, a ridurre, e di molto, la nostra impronta ecologica, ad assumere atteggiamento sobrio e compatibile con l'ambiente che ci circonda, a dare a chi non l'ha ancora avuta la possibilità di una vita più dignitosa.
Danilo, 13-04-2012 06:13
Bell'articolo, anche noi abbiamo iniziato a potare gli ulivi, ma in Sardegna siamo abituati all'arsura e ai repentini cambiamenti di temperature tra il giorno e la notte e facendo attenzione alle evoluzioni meteorologiche ci siamo momentaneamente bloccati. Per noi è iniziata da due anni una nuova crescita e non decrescita, ho frequentato dei corsi di potatore ed ho iniziato a sperimentare i principi della permacultura: non bruciamo più le stoppie in pieno campo per non aumentare inutilmente il calore terrestre e per non produrre diossina ed invece frantumiamo la legna fino ai 5 cm e facciamo essiccare il cippato per poi bruciarla nella stufa dopo averla compattata; i rami più grossi potrebbero essere anche commercializzati nelle pizzerie, pensando in grande le attività agricole possono alimentare le città non solo con derrate alimentari; non passiamo più il motocoltivatore limitandoci a rasare l'erba e quindi sono aumentate le piante autoctone ottime erbette alimentari che aiutano anche contro i parassiti. Ormai il vento non porta via la terra brulla e l'acqua non slava il terreno trattenuto dalle radici di numerosissime piante che la mantengono umida e ricca di vita, la terra è protetta e vedere e sentire i profumi è inebriante non solo per chi la lavora.
Mauro Mudadu, 13-04-2012 07:13
Il bellissimo articolo mi ha portato una riflessione inaspettata: E se noi cominciassimo a prenderci cura degli alberi come fossero nostri figli o vecchi parenti invece di considerarli un fatto della natura diverso da noi? Un atteggiamento simile dovrebbe essere quello del contadino, la cui abitualità allo sfruttamento non fa però raggiungere quel livello di simpatia necessario per curarne la crescita e lo sviluppo al di fuori delle proprie esigenze e nella prospettiva della sua più lunga vita. Quel sentimento e quella considerazione la può provare chi pianta un alberello e lo segue nella sua cura e crescita, prevenendone gli affanni a cominciare dalla scelta del luogo e del terreno dove insediarlo e della sua posizione rispetto ai punti cardinali in ragione dei tipi e dei tempi della specifica infiorescenza e fruttificazione. Pensate, potremmo assistere alla costruzione di insediamenti edilizi in conformità e nel rispetto delle linee arboree già consolidate nei tempi. Nei viali delle Città verrebbero insediati alberi confacenti alla resistenza e assorbimento dell'urto dovuto al traffico e al consumo. I cittadini diventerebbero una comunità di premurosi giardinieri e imparerebbero a camminare tutti con la testa più alta e a salutarsi senza bisogno di conoscersi essendo sufficiente e accomunante la loro cura e premura per la natura. Mi torna in mente una vecchia canzone di Endrigo sulla Russia di allora che a proposito della celebrazione in piazza del 1° maggio, immaginava il mare al posto della neve, i marinai al posto dei militari marcianti in armi, un fiore sui copricapi al posto della falce e martello, insomma un popolo di felici giardinieri ! Lasciamoci portare a pensare e a vivere sulle onde di quella singolare e poetica canzone !
Franco, 14-04-2012 01:14
Non si può che condividere, marco, tutto quello che scrivi. Il tema vero è come arrivare a fare in modo che in un numero sufficiente di persone "scatti" la modifica dei comportamenti. Un numero tale che superi la "soglia d'innesco" per un processo che, in questo modo, possa stare dentro gli argini della "democrazia". Certo è che, nel frattempo, ognuno di "noi", deve cominciare a dare l'esempio, e deve diffonderlo, anche se non è premiante, anche se rischia di essere irriso. Un saluto profondo, Luca
Luca Bartolucci, 14-04-2012 09:14
Non solo utilizziamo minime potenzialità del nostro cervello, ciò che si fa via via più evidente nelle società del benessere e dello "sviluppo" è la sua regressione a cervello rettile, quella componente istintuale e conservativa del primate uomo che lo porta a perseguire piacere e potere, dominio individuale o di gruppo sugli altri individui o gruppi conspecifici ed in generale sulle cose. L'aver soddisfatto bisogni primari biologici e poterlo fare per desideri più legati alla socialità, al possesso di strumenti voluttuari, alla realizzazione narcisistica nel campo lavorativo e quotidiano,con i mezzi tecnologici odierni,ha reso superflui prodotti come la creatività, la riflessione, l'introspezione o la critica sulle proprie azione ed intenzioni.Oggi la confusione nei programmi politici o economici è sovrana e chi ha idee chiare, come quelle espresse nell'articolo, ai cui contenuti aderisco appieno, non è in grado di realizzarle. La Natura dovrebbe rappresentare la nostra prima maestra e fonte di conoscenza per la vita di tutti noi, purtroppo si è ridotta a materia secondaria da sfruttare per "aumentare il PIL". Una mutazione genetica ci salverà?
annamaria, 14-04-2012 06:14
Cara Sonia è triste ma è così ed è solo l'inizio : stiamo raccogliendo quello che abbiamo seminato.Sulle scie chimiche ho interpellato il servizio meteo della provincia dove vivo (Bolzano) e mi hanno risposto che le foto che ho loro inviato possono essere il risultato di elaborazioni ottenute al computer.All'istituto tedesco (Germania)che si occupa tra l'altro della qualità dell'aria,(al quale i nostri " bravi" meteorologi sudtirolesi fanno normalmente riferimento) non risulta la presenza di quelle particolari sostanze inquinanti del tipo di quelle usate per le strisce.Che dire? Personalmente penso che se esistono persone che deliberatamente stanno distruggendo la vita sulla terra, be' allora posso ripetere una frase già usata : "solo un dio ci può salvare"perchè il rapidissimo cambiamento di coscienza che sarebbe necessario nella massa,(perchè noi del "cambiamento" siamo quattro gatti) non mi pare sia in vista.Servono catastrofi ben maggiori purtroppo per svegliare se ancora possibile le coscienze dei più.
Maurizio Destro Benini, 14-04-2012 07:14

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