Teatro Valle Occupato, un invito alla cittadinanza attiva

Attori, registi, giornalisti, grafici, designer, programmatori, traduttori, artisti, scrittori, professori, ricercatori e studenti. I 'lavoratori della conoscenza' il 30 settembre riuniti in assemblea al Teatro Valle di Roma, occupato dallo scorso giugno, invitano a un dialogo attivo di cambiamento e raccontano "un modello di cittadinanza attiva e un'esperienza politica di contaminazione tra le identità e le professioni come poche se ne sono viste nel nostro paese, fino ad oggi".

Teatro Valle Occupato, un invito alla cittadinanza attiva
Siamo attori e scrittori, cineasti, registi, fotografi e giornalisti, e poi formatori, docenti e ricercatori, traduttori, grafici e consulenti, produttori di teatro e cinema e danzatrici, macchinisti e assistenti di scena, tra di noi ci sono molti studenti, stagisti, collaboratori, come anche partite Iva, contrattisti di ogni tipo, molti di noi lavorano in maniera intermittente - altri stabilmente - nella cultura come nella formazione, nei teatri, nell'informazione, nella scuola e nell'università, nell'industria del cinema e in quella dell'editoria. Siamo lavoratori della conoscenza, produciamo cioè contenuti, storie e informazioni, trasmettiamo e rielaboriamo saperi, pratichiamo un'arte, ci dedichiamo all'espressione, eroghiamo servizi attraverso consulenze o traduzioni, (auto) organizziamo produzioni, nutriamo quei beni comuni che si ottengono dalle relazioni, dall'immaginazione, dal lavoro culturale e da quello nella formazione. Ci siamo incontrati durante l'occupazione del Teatro Valle a Roma nella quale riconosciamo un modello di cittadinanza attiva, e un'esperienza politica di contaminazione tra le identità e le professioni come poche se ne sono viste nel nostro paese, fino ad oggi. Nell'estate più bella che Roma ricordi, ci siamo riconosciuti in quanto 'lavoratori', e non soltanto come appartenenti ad una categoria, ad una professione, fissati come siamo nella nostra gabbia. Abbiamo incontrato gli studenti, molti dei quali aspirano a fare il lavoro che ci appassiona e ci condanna da molti anni. E loro, molto meglio di noi, sanno cosa fare e cosa non fare. E abbiamo incontrato anche chi, diverso o simile, ha capito che per continuare ad avere questa passione che è il nostro lavoro dobbiamo conquistare quei diritti e quelle tutele che da sempre abbiamo ignorato. Il nostro lavoro, come la nostra vita, è quanto di più pubblico ci sia in questo paese. Eppure siamo invisibili. Viviamo in una gigantesca rete che alimentiamo, ci compatisce e ci ammira, ci inghiotte e ci risputa. E che ricostruiamo con cura giorno dopo giorno. Per amore e per odio viviamo di poco, ma siamo tutto. Di buon mattino ci alziamo e entriamo in classe. Qualcun altro aggiorna il sito del quotidiano che gli studenti leggono alla prima ora. Un altro di noi disegna il blog dove i loro genitori intervengono per esprimere un'opinione su un articolo pagato 3 euro. Più tardi altri di noi correggono le bozze del libro che i fratelli maggiori degli studenti studieranno all'università e chiamiamo al telefono la traduttrice per l'ultima revisione del testo. Quest'ultima, che lavora a casa, affida suo figlio ad una vecchia conoscenza che da poco lavora a partita Iva presso una cooperativa sociale che ha da poco aperto le sue attività e ha un contratto da 800 euro al mese per 10 ore di lavoro quotidiane. Questa ragazza è in realtà un'attrice, potrebbe avere studiato all'accademia ma anche in una delle tante scuole di recitazione. Ha molta esperienza, ha lavorato in tante compagnie, si è fatta le ossa in centinaia di spettacoli, stage, audizioni. Integra il suo reddito per trovare spazio per la mente, il corpo e l'espressione. Lei è sposata con un grafico che lavora anche con le case editrici, ma soprattutto con alcuni enti pubblici da cui regolarmente percepisce commesse, e insegna a contratto in un'accademia e all'università dove di recente è riuscito ad aggirare lo sbarramento delle corporazioni. Il suo contratto è di 600 euro all'anno per 60 ore di insegnamento, più esami, tesine e colloqui con gli studenti. Qui ha incontrato molti precari della ricerca, biologi, chimici, filologi, storici e matematici. In media fanno il suo stesso lavoro da 10 anni, spesso gratuitamente, in attesa della prossima borsa di studio il cui accesso la legge Gelmini da poco approvata ha reso molto più difficile. Molte di queste persone, per continuare a vivere, sono state costrette a lavorare a partita Iva con cooperative che, a loro volta, ricevono le commesse dagli enti pubblici di ricerca che da tempo non possono assumere nessuno, anche se sono costretti a rivolgersi alle competenze di queste persone essenziali per continuare a svolgere la loro attività. Come gli archeologi che lavorano per le soprintendenze, ma sono dipendenti delle cooperative, anche loro si pagano i contributi, fanno risparmiare l'amministrazione, ma svolgono un lavoro a tutti gli effetti da dipendenti. Al pomeriggio, alcuni di loro telefonano a fratelli o cugini che si incontrano sul set delle riprese dell'ultimo film, e fanno gli elettricisti, le sarte, i macchinisti che hanno un contratto di tre mesi, il tempo della durata delle riprese. Loro, a differenza degli attori, versano i contributi all'Enpals e non alla gestione separata dell'Inps, perché rientrano in un contratto nazionale di categoria e non sono semplici 'liberi professionisti' che sono obbligati a versare il 26,72 per cento di quanto guadagnano in tasse. Tutti hanno una certezza: dopo quarant'anni non avranno una pensione e hanno poche risorse per pagarsi una pensione integrativa. A sera tutti ci vediamo a cena, a casa o altrove, e facciamo il bilancio della giornata con i nostri compagni di vita che hanno passato il tempo al telefono per una consulenza per un ente pubblico, per un progetto europeo con il preside di una scuola, per una casa editrice o discografica oppure per un progetto di ricerca all'università. Andiamo a dormire, insieme o da soli, con la certezza che domani ricomincia la stessa corsa del criceto. Qualcuno di noi non dorme perché deve studiare, terminare un racconto o una poesia, rifinire una ricerca. Molti affidano alla veglia il desiderio di uscire da questo teatro dell'impossibile. Siamo milioni, giovani e meno giovani, professionisti stagisti o tirocinanti, studenti e artisti, precari e lavoratori autonomi. Spesso siamo tutto questo contemporaneamente e anche molto altro. Eppure siamo invisibili. A Roma si dice che tutti noi siamo 240 mila, ma forse molto di più. E così anche a Milano, a Torino, a Napoli e in tutte le città dove ci sono università, scuole, industrie e le loro reti di appalto e di subappalto dell'immaginazione, della conoscenza, della cura e dei linguaggi. Di noi i giornali hanno parlato come 'cervelli in fuga' all'estero, oppure hanno suonato la colonna sonora che accompagna una vita condannata alla povertà, alla mancanza di immaginazione o di alternativa, tenuta in ostaggio da quella forma particolare di paura che è l'autocensura - se dici quello che pensi, allora non lavori più. Stai zitto, accetta quello che dicono di te e avrai qualche speranza di essere quel criceto che continua a correre sulla ruota. Muto, senza diritti, senza garanzia di continuare a fare il criceto. Tutto questo è troppo poco e inadeguato. Non ci rappresenta. Invitiamo all'azione coloro che, come noi, in questi anni sono stati a guardare la propria scomparsa dalla scena pubblica, anche se questa scena non può fare a meno di loro. La nostra Invit/Azione mira a costruire un’assemblea al teatro valle il 30 settembre 2011 aperta a tutti i singoli, le reti, i gruppi, gli indipendenti che in questi anni hanno lottato contro la liquidazione della cultura e della formazione voluta dal governo Berlusconi e dai suoi ministri Tremonti e Gelmini; hanno lottato contro la feroce deregolamentazione del lavoro, sia quello dipendente minacciato sempre di più di perdere il riferimento all'idea di contratto nazionale, sia quello intermittente autonomo e precario, per il quale la mancanza di diritti di cittadinanza, previdenziali, fiscali, sul lavoro è la minaccia della definitiva liquidazione. Nel pubblico, come nel privato, sul mercato come nella pubblica amministrazione, la nostra lotta è comune. Il nostro è un diritto comune che dovremo vivere e conquistare insieme a partire dal prossimo autunno. Vogliamo condividere, e rilanciare nuove prospettive di azione in comune, con tutti voi a partire dalla discussione su tre punti che ci sembrano fondamentali, e quanto mai comuni: - reddito per i periodi di non lavoro, formazione e ricerca che garantisca a libertà di espressione per chi fa i nostri lavori ma anche e soprattutto per l'autonomia della vita dell'intera cittadinanza; - riforma complessiva del welfare che premi l'autonomia della persona, prima ancora che la sua appartenenza ad una categoria, una professione, un sindacato, una 'casta'; - tutele e garanzie per gli intermittenti del lavoro dello spettacolo e della cultura, della formazione, della comunicazione e della ricerca. - riforma dei meccanismi di trasparenza, democrazia e legalità nella distribuzione delle risorse pubbliche che oggi vengono depredate dalle manovre finanziarie ispirate dall'imperativo del pareggio di bilancio e delle politiche dell'austerità imposte dall'Unione Europea. Benvenuti al Teatro Valle, benvenuti nella lotta che è da sempre vostra.

Commenti

C'è troppo silenzio nei MUSEI Sciiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!Al Museo non si urla ma Nel museo forse si.... e poi qui siamo al Teatro pertanto: AHOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO! Il silenzio degli artisti nuoce gravemente all'arte contemporanea e uccide anche te digli di smettere. Il silenzio è mafioso. Il silenzio è spesso sopravvalutato. VELODICO: "Scoprire è importante ma capire è ancora più importante" VELODICO: Intendo con il mio intervento creare uno spazio di riflessione che metta in discussione la natura dell'arte e dell'artista tentando di aggiungere se fosse possibile ancora più disorientamento. Ma Sciiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii Non fatelo sapere in giro qualcuno potrebbe aver paura. Paura di quello che non si conosce. Paura di quello che non si capisce. Paura di chi è diverso. Ma chi ha paura muore tutti i giorni mentre chi non ha paura muore una volta sola. PERTANTO! Io sono PIU' sereno, perché non devo PIU' dimostrare niente, non devo PIU' raggiungere nessun obbiettivo, non mi aspetto PIU' niente da nessuno, non voglio PIU' ascoltare chi è contro di me, ma devo solo continuare di PIU' a fare quello che so fare perché so di farlo bene, PIU' di molti altri, tutto il resto non conta PIU' e non mi interessa PIU', ho imparato ancora di PIU' a godere di tutto quello che faccio senza piangere PIU', senza rimpiangere PIU' tutto ciò che non arriverà PIU', se qualcosa in PIU' arriverà quando arriverà bene, se non arriva non importa PIU', voglio vivere con PIU' gioia quello che faccio ogni giorno di PIU', e tutto il resto non conta PIU', e non ho PIU' nulla da dire. MA TUTTO QUESTO NON È VERO PER QUESTO Per esempio adesso odio tutti gli artisti odio tutte le stelle del mondo e questa pioggia di mostre Per esempio adesso odio tutti gli artisti odio tutto l'amore del mondo e questa pioggia di esposizioni.... quando mi guardate così. Quanti sogni diventano grandi.... elevarsi e cadere è tutto uguale, tutto il resto è rumore, disordine. Qual è il peso della tua libertà? io conosco il mio. Per esempio adesso odio tutti gli artisti odio tutto l'amore del mondo e questa pioggia di rassegne. Per esempio adesso odio tutti gli artisti odio tutte le stelle del mondo e questa pioggia di vetrine... quando mi guardi così, quando mi guardi così. MA ANCHE QUESTO NON È VERO Aria nuova: Gramsci "Posso dire che se è vero che un vecchio ordine sta morendo è altrettanto vero che un nuovo ordine non è ancora nato, questo è il momento in cui possono apparire dei mostri." SciiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiSottovoceSottovoceSottovoce Cari ragazzi mi dispiace deludervi ma non è vero che chi l'ha dura la vince, non è vero che se hai tenacia e costanza prima o poi avrai successo, se sei fortunato forse con queste caratteristiche potrai raggiungere qualche tappa intermedia, ma quello che è indispensabile più di ogni altra cosa per riuscire nei propri intenti è un eccezionale proposta artistica. Per riuscire, il valore della propria opera deve essere alto, molto alto, ma sappiate che avvolte anche essendo altissimo potreste non riuscire nei vostri propositi in quello che vi siete prefissati e solo se riuscirete a mettere in conto anche questo nei vostri piani allora potrete affrontare con più serenità il vostro percorso senza dare credito a tutti quei coglioni che vi dicono che bisogna solo essere caparbi e ostinati ed il resto verrà da se. Un coglione.... io: I veri artisti sono coloro che si ostinano a fare delle cose anche quando nessuno le capisce, quando nessuno ne comprende il valore.... e se a decidere la carriera di un artista continuerà ad essere la politica interna all'arte secondo criteri di appartenenza e conoscenza piuttosto che la capacità e meriti acquisiti sul campo, presto nessuno avrà più voglia di impegnarsi per dare il meglio di sé al reale dibattito artistico, e le cose andranno sempre peggio. E se avesse ragione Fiume? (il fiume in piena) che ha detto: "Io credo che si deve prendere in particolare considerazione chi viene denigrato, diffamato e ostacolato perché è assai probabile che si tratti di un genio." È successo a Venezia È successo alla Biennale È successo durante la conferenza È successo mentre parlavano È successo in maniera rapida È successo che............. Ma è successo, questo è importante. Il successo postumo di Vincent Van Gogh non è quello di uno sfigato a cui ha detto culo, ma quello di uno sfigato ultraiellato. La prima cosa che imparano tutti i nuovi avventori dell'arte e frequentatori dei vernissage è quello di non salutare mai per primi, anzi possibilmente non salutare proprio, ma aspettare sempre che siano gli altri a salutare per primi o quanto meno ad accennare un saluto. È come se fosse in atto una sorta di duello dove ognuno dei due pensa cosi di valutare la stronsaggine di chi ha fronte, in quanto si tende a pensare che quanto più uno sia stronzo tanto più sia un personaggio importante In "Cosmogonia e cosmologia" Philip K. Dick sostiene che forse noi tutti siamo degli artefatti (probabilmente un po' stronzi aggiungo io) visto che teniamo all'oscuro il nostro artefice, (Urgrund) che ci aveva creato prima che se ne dimenticasse, ai fini della comprensione di sé. Insomma in buona sostanza e come dire che non siamo nella merda ma siamo la merda. Noblesse oblige Noblesse oblige Noblesse oblige Noblesse oblige Noblesse oblige insomma sta cosa significa: Espressione francese che significa "la nobiltà obbliga", e che significa che chi ha un determinato rango è costretto a mantenere un atteggiamento adeguato. Viene spesso usata in modo ironico. Vecchioni Non si può dire ad una persona si te stesso perché spesso ciò non è possibile per molteplici motivi ma più giustamente bisognerebbe dire "Si correttamente simile a te stesso" Cooper .... ma se da una parte manca il bersaglio fa centro dall'altra, perché anche le parole sono pietre, pietre di altro tipo, scagliate, indietro nel tempo fino al ricordo del dolore oppure in avanti, fino al momento della nostra lettura, e più lontano ancora, nel futuro delle letture a venire. I'am a real artist I don't give up I don't give up I don't give up I don't give up I don't give up I don't give up I don't give up I don't give up I'am a real artist I do not give up I do not give up I do not give up I do not give up I do not give up I do not give up I do not give up I do not give up Ma ora i miei 10 minuti di notorietà sono finiti quindi vi ringrazio e vi saluto cosi!.... "Sono un eroe perché lotto tutte le ore" Caparezza "E un'altra possibilità io la voglio, non posso farne a meno" La Cruz "E l'ho pagata cara la mia presunzione ma io volevo solo essere il migliore" Venditti "Cosa si prende cosa si da quando si muore davvero" Ruggeri Ci sono cose che nessuno ti dirà Ci sono cose che nessuno ti darà Sei nato e morto qua nel paese delle mezze verità Fibra "Quante volte io dovrò morire per sentirmi ancora vivo?" Masini Si! "Sono solo canzonette" dice Eduardo Bennato, ma se avesse ragione Philip K. Dick che in "Valis" sostiene che il senso della rivelazione di molte verità potrebbe essere contenuto proprio tra queste? Io non voglio correre il rischio di perdere questa possibilità, e voi? FINALE - THE END Ninetto "A papà me sa che la vita è niente" Totò "E certo! La morte è tanto..." Accattone Scena finale "Ecco mo' sto bene" Pino Boresta ArtBlitz compiuto l'11 dicembre 2011 alle ore 17:30 in occasione della Giornata del disorientamento dal titolo "da mezzogiorno a mezzanotte" tenutasi al Teatro Valle di Roma da A.R.I.A. al Valle Occupato. Qui anche foto http://tuttomostre.blogspot.com/2011/12/i-dont-give-up.html
pino boresta, 31-12-2011 03:31

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