L'economia che distrugge e la via d'uscita

La schiera di oppositori del modello di società liberista sta crescendo in tutte le correnti di pensiero, a destra come a sinistra. La dimostrazione sempre più selvaggia che questo sistema economico sta causando danni irreversibili alla società umana e al pianeta è ormai sotto gli occhi di tutti. Dal papa a Naomi Klein, sono molti i protagonisti anche impensabili di questo dissenso che ci avverte che questa economia uccide.

L'economia che distrugge e la via d'uscita
A partire dal papa, primo esponente del mondo conservatore cattolico, fino alla giornalista Naomi Klein, una delle persone più radicali del panorama alternativo mondiale, l’opinione è ormai diffusa: questa economia uccide. Che ciò avvenga veramente, è sotto gli occhi di tutti. Un sistema che ha il profitto come unica fede non può che travolgere qualsiasi ostacolo sul suo percorso, proprio così come sta facendo in maniera sempre più dannosa e distruttrice, mettendo in serio pericolo le basi stesse della vita sulla terra. Recentemente, sia papa Francesco che la Klein hanno usato parole chiare per descrivere la situazione, parole che sono state riprese da molti mass media. Nell'Esortazione apostolica Evangelii Gaudium il papa ha affermato che l’attuale sistema economico «È ingiusto alla radice» e che . «Questa economia uccide». Parla inoltre di «mercato divinizzato» dove impazzano la speculazione finanziaria, l'evasione fiscale selvaggia ed egoista e la corruzione capillare. Le dichiarazioni di Naomi Klein in alcuni suoi recenti scritti comparsi su alcune fonti mediatiche molto note sono molto simili. Riportando i risultati di alcune ricerche sul clima da parte di alcuni scienziati che sono scesi in prima linea sul fronte dell'attivismo politico-ambientalista, la Klein sostiene che «A chiunque nutra in cuor suo un impulso di ribellione e abbia sognato di rovesciare l’attuale ordine economico per introdurne uno che non spinga al suicidio i pensionati, questo lavoro dovrebbe risultare particolarmente interessante. Perché dimostra che l’aspirazione a disfarsi di questo sistema spietato per sostituirlo con uno nuovo (e magari, lavorandoci molto, anche migliore) non è più questione di orientamento ideologico, ma è piuttosto una necessità per la sopravvivenza della specie umana» (qui la traduzione) (fonte primaria: New Statesman). Nell'articolo in questione, pubblicato originariamente sul New Statesman, e tradotto poi da Internazionale, è chiaro sin dal titolo (“Solo una rivoluzione salverà il pianeta. La crescita ad ogni costo sta uccidendo la Terra. Anche i climatologi sono arrivati alla conclusione che il sistema economico capitalista non è più sostenibile”) che le soluzioni tiepide non sono più possibili. Nel pezzo della Klein, attraverso la voce e le ricerche di eminenti studiosi e scienziati, si dimostra che solo una mobilitazione planetaria potrà arrestare una situazione ormai fuori controllo. Quindi, altro che riforme o blande leggine: solo un cambiamento radicale potrà agire in questo senso. Cambiamento auspicato non da facinorosi terroristi, bensì da distinti e razionali ricercatori accademici. Del resto, lo sappiamo bene, i tempi di reazione della politica sono biblici, anche perché i suoi protagonisti sono proni ai desideri e dettami dell’economia che uccide. Dunque, la speranza di un cambiamento di rotta risiede in ognuno di noi e in una azione diretta, individuale e collettiva. Naomi Klein identifica nelle manifestazioni, nella resistenza, nel moltiplicarsi di gruppi che ovunque nascono per opporsi, la chiave di volta del tanto atteso cambiamento. Di sicuro, le azioni di chi si oppone sono importanti, ma io credo che, almeno nei nostri paesi occidentali, anche l'opposizione plateale non sia così risolutiva. Se veramente si vuole combattere l’economia assassina, occorre affrontarla sul suo stesso piano, cioè prevalentemente appunto quello economico. Non è molto utile partecipare a mille manifestazioni di piazza se poi con i nostri soldi siamo i primi ad alimentare lo stesso sistema che diciamo di combattere. Non serve dire che l’Enel inquina e poi continuare a pagarle le bollette, senza cambiare fornitore di corrente elettrica. Non serve urlare contro la finanza internazionale e poi avere il conto corrente nelle solite banche che fanno il suo gioco. Non serve atteggiarsi a fare gli “alternativi” e poi lavorare per qualche datore di lavoro, multinazionale o azienda a cui dell’ambiente e delle persone non interessa nulla. La vera risposta è quindi la creazione di una cultura completamente diversa, che non pensa che il massimo che si possa fare per contrastare questo tipo di degrado socio-ambientale sia una manifestazione, una raccolta di firme o il dare il voto a qualcuno, ma che ponga le basi etiche, sociali, economiche, lavorative per il vero cambiamento radicale di cui ha necessità il mondo intero, partendo proprio da azioni personali concrete e da scelte di vita. Certo, è più difficile costruire che protestare, è più difficile pensare in modo indipendente e realizzare alternative dirette che delegare qualcuno che faccia e pensi per noi, ma a quanto pare non abbiamo grandi scelte: o agiamo noi direttamente oppure verremo spazzati via, per quante manifestazioni o proteste potremo fare. La Grecia degli ultimi mesi ce lo insegna. Ai giganti del profitto si può solo sottrar loro la terra da sotto i piedi. Occorre agire con intelligenza, perseveranza e tenacia. Un nuovo mondo non nasce dal nulla, non nasce solo dalla rabbia, ma dalla attenta costruzione di valori molto diversi da quelli che ci vogliono divisi e arrabbiati. Anche perché poi, quasi automaticamente, se non si costruisce una alternativa tutti assieme, spunteranno sempre dei capi, dei leader, dei guru che cercheranno di condurci per strade che rispondono solo ai loro interessi, che siano economici, politici o di ego smisurato. Le alternative però ci sono già ora, sono percorribili e praticabili, assai più di quello che normalmente si è portati a pensare. Basti pensare a cosa, dal 2002 ad oggi, è riuscita a mettere in piede la vasta alleanza di gruppi e comitati che hanno costituito la Rete di Economia Solidale, realtà che si sta spendendo per la costruzione di una economia "altra", a partire dalle mille esperienze di economia solidale attive in Italia. Sono state attivate reti locali, i cosiddetti distretti, come passaggio fondamentale per la costruzione di una futura rete italiana di economia solidale. Collegarsi a e supportare oggi queste realtà, grazie a possibilità di comunicazione un tempo inimmaginabili, è molto facile. Basta solo una determinata volontà interiore e un minimo di azzardo rispetto alla sicurezze precedenti che imprigionano noi e un pianeta avvilito.
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Commenti

caro paolo, ti seguo sempre con stima e con quell'affetto personale che la tua onestà e schiettezza meritano: caratteristiche che ritrovo nella tua analisi lucida e impeccabile, quasi un manifesto del cambiamento. E' arrivato il momento, la crisi economica sta aiutando chi "azzarda" e non ha paura di perdere "sicurezze" (quali poi?!): la mia rivoluzione è il ritorno alla terra, il ritorno al cibo genuino, autoprodotto, scambiato e soprattutto di provenienza nota (un "genuino clandestino" che, distante dai protocolli e dall'economia delle certificazioni biologiche, è la nostra garanzia di buon cibo). Il ritorno alla campagna, dove l'uso di combustibili fossili è ridotto al minimo ed il ciclo dei rifiuti praticamente chiuso. Il ritorno ad una vita semplice ed il più possibile in armonia con la natura, che poi è la mamma di tutte le vite. Un ritorno alle origini condiviso con chi è disposto a sporcarsi le mani, a fare mille compromessi pur di emanciparsi il più possibile da questo folle meccanismo di distruzione che è il capitalismo globalizzato, nel tentativo di vivere il più possibile senza economia, uniti. Sapessi che soddisfazione avere finalmente trovato il senso della mia vita, io che da ingegnere e da viaggiatore per una vita ho cercato: essere in armonia con la natura, vivere quotidianamente dei suoi prodotti, rispettarla e prendersene cura è quel qualcosa che mi fa sentire al mio posto, un elemento di un sistema naturale, e non una rondella di un meccanismo impazzito nel quale non posso che sentirmi schizofrenico. Comincio però ad essere stanco di leggere tutte queste parole sul cambiamento e di continuare a sentire teorie: di esempi pratici ce ne sono di tutti i tipi, io stesso nel mio percorso mi sono legato a realtà già esistenti da anni, basta solo voler vedere, e tu lo sai bene. Hai ragione tu, bisogna prendere coraggio e sganciarsi da questa macchina in folle corsa, prima che sia tardi, senza alibi, se realmente si ha a cuore la vita e chi ce l'ha data, madre natura. un fraterno in bocca al lupo
giordano, 20-12-2013 04:20
Sono decenni che si stanno ripetendo all'infinito queste idee. Stiamo comunque avvicinandosi ad un punto di non ritorno se non si cambia registro. La bestia umana sta distruggendo le risorse (limitate) del pianeta Terra ed inquinando con le sue porcherie chimiche il suolo e l'acqua, beni primari per la vita. La politica irresponsabile e cialtrona agevola le multinazionali dei predatori che pensano solo al profitto biecamente concepito, a danno dei popoli più deboli. Di questo passo andiamo verso l'autodistruzione.
beppe franchi, 20-12-2013 05:20
grazie per l'articolo positivo. penso siate gli unici tra tutti i media, a parlare di alternative serie alla disastrosa economia attuale. prego includere anche le nostre idee, da quaranta anni ci stiamo lavorando. Prout( acronimo di :Progressive Utilization Theory), ovvero la teoria della utilizzazione progressista, fu proposta nel '65 dal pensatore indiano P.R.Sarkar come alternativa e soluzione ai problemi che l'economia tradizionale stava creando e che poi si sino acuiti nel corso del tempo, fino a diventare il disastro attuale. punti di rilievo di Prout sono la sovranita' alimentare, economica, sociale , produttiva a livello locale, attraverso una pianificazione locale del territorio, che garantisca a tutti(=100% degli abitanti del pianeta) le minime necessita' per la sopravvivenza: cibo, alloggio, vestiario, cure mediche, educazione. solo dopo aver dato a tutti questa garanzia attraverso una economia locale di base, si potra' parlare di progresso e sviluppo , che per il Prout sono su tre livelli personali: fisico, mentale e spirituale-culturale. altro punto : la moralita' come requisito di base per chi amministra la cosa pubblica. sul fronte pratico l'Istituto di Ricerca Prout ha fatto partire progetti in India e nei paesi piu' poveri, ora stiamo anche partendo con progetti in Italia: Gruppi di acquisto Solidale- GAS, cooperative vere, dove tutti sono alla pari, progetti agricoli e di educazione alla cittadinanza partecipativa e responsabile, e altro ancora.se volete siamo disponibili ad un'intervista su tutto cio' grazie per lo spazio concessomi. franco bressanin
farnco bressanin, 20-12-2013 07:20
Mi raccomando, non irrigiditevi mai come certi rivoluzionari: per costruire un nuovo mondo non bisogna rifiutare questo ma cercare il buono da salvare nel qui e ora. L'idea del "buttiamo giù, poi rifacciamo tutto"...ha rifatto tutto uguale. Avanti! Dagli angoli bui pian piano fino al centro!
Marco, 22-12-2013 10:22

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