Gas e nucleare, nel 2030 l’Italia sarà in eccesso di energia

Gas o nucleare? Nel dubbio, tutte e due... L’Italia va incontro a ingentissimi investimenti economici per potenziare entrambi i settori. Il risultato sarà una sovrapproduzione di energia, inutile e non sostenibile.

Gas e nucleare, nel 2030 l’Italia sarà in eccesso di energia
Mentre le politiche energetiche di molti fra i Paesi più ricchi del mondo pianificano investimenti nelle rinnovabili, in Italia, ormai è noto, si parla sempre di gas e nucleare. Di fronte al terrore di non avere a disposizione abbastanza energia per far fronte alle future (crescenti) richieste, il nostro Paese decide di realizzare nuove costose strutture per entrambe le fonti, in maniera in verità poco razionale. Il rischio al quale stiamo andando incontro, infatti, è quello di investire somme astronomiche per sviluppare ambedue i settori per poi ritrovarci con un eccesso di disponibilità energetica. Il consumo annuale italiano è, attualmente, di 320-330 TWh (1TeraWattOre equivale ad un milione di Megawattore) di elettricità, la maggior parte della quale è prodotta dalle centrali a gas. Ovviamente per poterle alimentare importiamo annualmente 30-35 miliardi di metano. Secondo Terna (operatore delle reti elettriche per la trasmissione e distribuzione dell’energia presso gli utenti) i consumi italiani nel 2020 raggiungeranno una cifra tra i 370 e i 410 TWh. Altri considerano queste stime eccessive. La Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile ritiene che la soglia dei 400TWh non si raggiungerà prima del 2030; l’Enea invece, che punta molto sulla riduzione dei consumi in virtù della crescita dell’efficienza, parla addirittura di 2050. Per fare una valutazione dei rifornimenti necessari, ci si può mantenere in una posizione a metà strada e considerare il caso di una richiesta di 400TWh nel 2030. Se, come previsto, almeno otto centrali atomiche venissero realizzate ed entrassero in funzione da qui a vent’anni, avremmo a disposizione circa 100TWh di energia in più. Vale a dire che le richieste stimate sarebbero soddisfatte. Ma allora perché investire anche sul gas? I programmi relativi al metano prevedono tanto il potenziamento dei rigassificatori, quanto la costruzione di nuovi imponenti gasdotti per portare in Italia grosse quantità di metano russo. I soli rigassificatori già costruiti saranno in grado di mettere a disposizione 35 miliardi di metri cubi di gas. A questi vanno aggiunti quelli eventualmente prodotti dagli ulteriori impianti la cui costruzione è stata già autorizzata. I gasdotti in progettazione (tra cui l’immenso South Stream di Eni-Gazprom-Edf) forniranno in futuro altri 70-80 miliardi di metri cubi l’anno. Visto che sono sufficienti 16 miliardi di metri cubi di metano per produrre 100TWh di energia elettrica, a quanto pare l’energia che avremo a disposizione sarà davvero notevole. Naturalmente va tenuto in conto che le cifre indicate per i vari impianti si riferiscono alle potenzialità massime, mai realmente raggiunte. Inoltre il metano viene usato, oltre che per la produzione di energia, anche per il riscaldamento, quindi bisogna distinguere tra usi primari in generale (elettricità, calore e carburanti) e quelli specificatamente elettrici. Ad ogni modo, anche tenendo in considerazione questi elementi, si può star certi che per il 2030 si produrranno come minimo 100TWh in più di energia da gas. A fronte di una richiesta stimata di 400TWh, ossia un centinaio in più rispetto al giorno d’oggi, si avranno a disposizione 500TWh, vale a dire quelli già prodotti ora (da petrolio, carbone e gas) più 100 di origine nucleare e 100 (almeno) da metano. A questo punto molti penseranno: "Perché lamentarsi? Meglio l’eccesso che il difetto". Un momento, non è esattamente così. Prima di tutto non si dimentichi che le emissioni di gas serra e i cambiamenti climatici non si fermeranno se si continua a ricorrere a fonti tradizionali, quindi, anche se ce ne fosse la possibilità, non si potrebbero produrre grosse quantità di energia, perché le conseguenze sull’ambiente sarebbero devastanti. Ne segue che la via della riduzione dei consumi e dell’aumento dell’efficienza energetica resti fondamentale, anzi l’unica praticabile. Vari studi portano infatti alla conclusione che, se la richiesta di energia aumenterà secondo le stime meno restrittive, le trasformazioni sull’ecosistema del pianeta saranno tali da essere insostenibili, a prescindere da qualunque altra considerazione. In secondo luogo, Enel (nel nucleare) ed Eni (nel metano) andranno incontro ad investimenti enormi e i costi di tali operazioni ricadranno con ogni probabilità su noi utenti, che l’energia in eccesso si produca effettivamente o no e che si utilizzi o meno. Si aggiunga a questo che gli investimenti in metano e nucleare sono stati spesso giustificati presentando il problema della dipendenza dall’estero nello sfruttamento del petrolio. Ma queste 'soluzioni' non risolvono alcunché, semplicemente cambiano il soggetto da cui si va a dipendere. Nel caso del metano, infatti, l’importazione di quantità così ingenti di gas dalla Russia ci mette in posizione di subalternità, o quanto meno di connessione delicata, rispetto a tale Paese. Quanto al nucleare, nessuna nazione europea, tanto meno l’Italia, ha riserve di uranio, pertanto saremo comunque dipendenti dalle importazioni. D’altro canto il costo di tale materia prima è destinato a crescere poiché, si prevede, entro il 2030 saranno esaurite le miniere ad alta concentrazione in giacimenti sabbiosi e si dovrà ricorrere all’estrazione (più complessa) da graniti, nei quali l’uranio è contenuto in concentrazione ben inferiore. Ciò comporterà costi molto più elevati e maggior consumo di combustibili durante il lavoro di estrazione (si stima che a quel punto le emissioni di CO2 per kWh supereranno quelle connesse all’uso di gas). Il prezzo di 1KWh nucleare cresce ogni anno del 7% e quindi già nel 2020 sarà raddoppiato. Di fronte a questi dati prima di tutto ci si chiede: perché stiamo andando incontro a investimenti così ingenti per potenziare enormemente sia il settore del gas sia quello del nucleare? Non si potrebbe fare una scelta più modesta, optare per una via di mezzo? Ma ancora più importante è un’altra osservazione: perché si continua in maniera miope e ostinata a parlare solo di nucleare e gas, invece di mettere in primo piano l’efficienza energetica e lo sviluppo delle fonti rinnovabili, uniche vere soluzioni alla dipendenza energetica dall’estero? Il paniere di fonti andrebbe evidentemente un po’ rivisto, per orientare le scelte in maniera più sostenibile. Eppure come al solito sono gli interessi e le pressioni di lobbies e Governi a determinare le politiche energetiche.

Commenti

Parlare di politica energetica con gli scenari attuali è molto difficile: molte variabili in gioco, ma anche le costanti non sono così scontate come si potrebbe pensare. Ma ritornando all'articolo, mi sembra che non venga tenuto conto dell'imvecchiamento e della dismissione degli impianti di produzione preesistenti. Tali impianti, spesso con combustibili come olio denso e carbone, o con rendimenti bassi, non verranno più tenuti in produzione. Quindi i valori di energia prevista, andranno prodotti da impianti recenti e da nuovi impianti. Sarà fondamentale poter produrre questa energia utilizzando fonti diverse, in modo da slegarsi quanto più possibile da problematiche di approvigionamento o da speculazioni economiche/strategiche. Il nucleare potrebbe essere una strada per differenziare una quota, magari minima, ma non da sottovalutare. Anche i rigassificatori potrebbero dare un contributo notevole a diversificare la provenienza del gas, ma stanno incontrando ostacoli inaspettati. Ciò non toglie, che il risparmia sia una "fonte energetica" quanto mai sottovalutata e assai poco perseguita a tutti i livelli.
a232037, 05-01-2011 08:05

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