Amianto, la giornata mondiale in memoria delle vittime

Il 28 aprile si celebra la Giornata Mondiale in memoria delle vittime dell’amianto, un killer silenzioso che per decine di anni ha funestato l’Italia e i cui effetti mortali durano ancora oggi. Il ricordo va però accompagnato alla ricerca delle cause e delle responsabilità umane che stanno dietro la tragedia.

Amianto, la giornata mondiale in memoria delle vittime
Sin dal diciannovesimo secolo, periodo in cui la rivoluzione industriale innescò l’utilizzo massivo dell’amianto, si cominciò a sospettare che l’asbesto fosse collegato a gravi malattie respiratorie come il mesotelioma pleurico. Nessuno tuttavia si curò di un rischio per la salute dei lavoratori che andava solamente ad affiancare timidamente malattie allora ben più conosciute come la tubercolosi e l’amianto continuò a essere impiegato in numerose lavorazioni, per le quali esso costituiva un elemento fondamentale grazie alle sue proprietà ignifughe e fonoassorbenti. Tuttavia, già nel 1943 la Germania di Hitler sancì dal punto di vista normativo la correlazione fra gli impieghi che esponevano al rischio e l’effettiva contrazione della malattia, riconoscendo un risarcimento per i lavoratori che si ammalavano. Nel 1965 si compì un altro importante passo, mosso questa volta dalla New York Academy of Sciences, che pubblicò gli atti di una conferenza che evidenziava i gravi effetti biologici dell’asbesto. In Italia dobbiamo arrivare al 1992 per trovare una reazione definitiva a quello che stava diventando, soprattutto in determinati contesti lavorativi e geografici, un problema di grandissima gravità e importanza. Varata quell’anno, la legge 275 sancì il divieto di impiego di questo materiale mortale e dispose la bonifica di tutti i lavorati che lo contenevano, riconoscendo come malattie professionali le patologie correlate – tumore alla pleura e carcinoma polmonare –, con conseguenti programmi di assistenza alle vittime. Come spesso avviene tuttavia, questo provvedimento fu colpevolmente tardivo: per anni grandi aziende che impiegavano amianto nei loro processi e nei loro prodotti – i due nomi più noti sono Eternit e Fibronit – ignorarono le micidiali controindicazioni di questa famiglia di minerali, seminando cetinaia di morti fra i lavoratori e gli abitanti delle zone circostanti gli stabilimenti: Casale Monferrato, Cavagnolo, Broni, Siracusa, Bari. Le zone più colpite dalle malattie asbesto-correlate sono infatti il nord-ovest e il nord-est della penisola, con concentrazioni particolarmente elevate nelle provincie di Alessandria e Gorizia – nella zona di Monfalcone sono più di millecinquecento le persone che negli ultimi vent’anni sono morte di tumore al polmone. Proprio dal Friuli viene però una buona notizia, ovvero l’approvazione della legge regionale 22, che prevede l’istituzione di un registro delle malattie e degli esposti ed ex esposti e che rappresenta un esempio da seguire per la normativa sul tema. Stime sommarie parlano di circa quattromila morti ogni anno nel nostro paese e di più di venti milioni di tonnellate di amianto ancora da bonificare. In Europa due direttive del 1999 e del 2003 bandiscono l’amianto e i prodotti che lo contengono, anche se nel 2009 è stata introdotta una pericolosa deroga applicata ai processi di elettrolisi. Un altro grande scoglio è rappresentato dal lento processo di smaltimento: la negligenza delle ditte che per anni hanno scaricato amianto in maniera illegale in acqua e terra, i consistenti costi – dai dieci euro al metro quadro in su – che richiede un processo di bonifica effettuato correttamente da ditte specializzate e il controllo poco puntuale da parte delle istituzioni, contribuiscono a determinare una situazione che ancora oggi è critica, considerando anche il fatto che le malattie legate all’amianto possono manifestarsi anche dopo molti anni dalla prima esposizione. A questo proposito, per far capire la pericolosità di questo materiale, è bene ricordare che anche l’inalazione di una sola fibra d’amianto, che misura un millesimo di un capello umano, è potenzialmente in grado di scatenare la malattia. Naturalmente un’esposizione prolungata e regolare aumenta in maniera esponenziale il rischio. Nonostante la comunità medica e scientifica abbia rilevato da decine di anni i rischi correlati, nonostante esistano molti comitati che si battono per sostenere le vittime dell’asbesto ed evitare nuovi casi, nonostante già da tempo le istituzioni e i legislatori si siano occupati del problema, l’amianto rimane un killer che si aggira a piede libero per il nostro paese e i suoi complici, che per anni ne hanno diffuso l’utilizzo in ogni sorta di prodotto consapevoli dei mortali pericoli a cui esponevano le persone che con esso entravano in contatto, nella stragrande maggioranza dei casi non hanno pagato le loro malefatte. Sono questi due validissimi motivi per partecipare attivamente alla Giornata Mondiale in memoria delle vittime dell’amianto del 28 aprile 2011, un’occasione per ricordare i tanti che hanno tragicamente perso la vita sino a oggi e per adoperarsi affinché tragedie di questa portata non si ripetano mai più.

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