Greenpeace: sostanze tossiche negli abiti sportivi delle grandi marche

Le analisi commissionate da Greenpeace e pubblicate ieri in un rapporto hanno evidenziato la presenza di sostanze pericolose per la salute e per l'ambiente usate nella produzione degli abiti sportivi di brand internazionali.

Greenpeace: sostanze tossiche negli abiti sportivi delle grandi marche
Composti pericolosi per salute e ambiente usati nella produzione degli abiti sportivi di brand internazionali. Questi i risultati delle analisi commissionate da Greenpeace e pubblicate ieri nel rapporto Panni sporchi 2: dagli scarichi tossici ai prodotti in vendita. Su 78 articoli di abbigliamento e scarpe sportive acquistati da Greenpeace [1] in 18 differenti paesi in tutto il mondo, fra cui anche l’Italia, 52 prodotti appartenenti a 14 marche (Abercrombie & Fitch, Adidas, Calvin Klein, Converse, G-Star RAW, H&M, Kappa, Lacoste, Li Ning, Nike, Puma, Ralph Lauren, Uniqlo e Youngor) sono risultati positivi al test sui nonilfenoli etossilati (NPE). Questi composti, usati anche nell’industria tessile, una volta rilasciati nell’ambiente si trasformano in una sostanza pericolosa, il nonilfenolo (NP). Il nonilfenolo è persistente perché non si degrada facilmente, bioaccumulante perché si accumula lungo la catena alimentare e può alterare il sistema ormonale dell’uomo anche a livelli molto bassi. “I risultati delle nostre ricerche sono solo la punta di un iceberg. Siamo di fronte a un problema ben più vasto - sostiene Vittoria Polidori responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace - che riguarda l’uso di composti pericolosi nell’industria tessile e che comporta la loro dispersione nelle acque di tutto il mondo. I grandi brand dell’abbigliamento sportivo sono responsabili di questi scarichi pericolosi e la gente ha il diritto di sapere quali sostanze sono presenti nei vestiti che indossa e quali effetti causano una volta rilasciati nell’ambiente”. Questa ricerca segue una precedente pubblicazione di Greenpeace, dal titolo Panni sporchi, che denunciava il problema dell’inquinamento dei fiumi cinesi causato dagli scarichi tossici dell’industria tessile e rivelava il legame commerciale fra i proprietari di due complessi industriali cinesi e gran parte delle marche sportive oggetto della presente ricerca. Dopo l’avvio di questa nuova campagna di Greenpeace “Detox”, Nike e Puma si sono impegnate a eliminare, entro il 2020, tutti gli scarichi pericolosi dalla loro catena di approvvigionamento e nei prodotti di consumo [2]. “Ora che Nike e Puma hanno fatto il primo passo e stanno usando il loro potere per diminuire l’impatto ambientale dei loro articoli e della loro produzione, Adidas e le altre aziende leader del settore non possono più sfuggire dall’assumersi questa responsabilità. Le grandi multinazionali sono in una posizione unica - conclude Polidori - per intervenire su tutta la catena e obbligare i fornitori a dare informazioni periodiche sugli scarichi tossici con l’obiettivo finale della loro completa eliminazione”. Note [1] I prodotti sono stati acquistati in 18 paesi, fra cui: Argentina, Austria, Cina, Repubblica cieca, Danimarca, Finlandia, Germania, Italia, Giappone, Paesi Bassi, Norvegia, Filippine, Russia, Spagna, Svezia, Svizzera, Tailandia, Gran Bretagna. Fra gli articoli comprati ci sono t-shirt, giacche, pantaloni, abbigliamento intimo e scarpe in tela adatti a uomini, donne e bambini. [2] Impegno di Puma Impegno di Nike.

Commenti

Ho acquistato un copriletto al mercato, a casa ho scoperto che era cinese e che aveva un nostrano odore, e su Internet ho scoperto che i cinesi usano tinte tossiche contenenti formaldeide e cromo esavalente. Ho mandato una email alla polizia postale, e mi ha risposto il commissariato dicendo che devo rivolgermi alla camera di commercio. So come funzionano le cose nella pubblica amministrazione e ho lasciato perdere. Impoverire la gente e costringerla ad acquistare merci che l' avvelenano fa parte del piano di tagli alle pensioni (chi ci arriverà?) .
stella, 24-08-2011 04:24

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