L'Ilva di Taranto non chiude ma inquinerà di meno. Basterà?

Il mega impianto siderurgico di Taranto ha ottenuto la concessione dell'Aia nonostante le sue emissioni siano superiori a quelle consentite per legge, con la clausola che queste siano ridotte progressivamente fino a rientrare nei parametri regionali. Soddisfatta la giunta pugliese, insorgono gli ambientalisti che chiedevano la chiusura dell'Ilva.

L'Ilva di Taranto non chiude ma inquinerà di meno. Basterà?
L'Ilva di Taranto non chiuderà. Dovrà inquinare di meno ma non chiuderà. La notizia è arrivata al termine del dibattito sulla concessione dell'Aia tenutosi ieri a Roma, che ha visto la commissione accogliere in parte le richieste della Regione Puglia, rappresentata in quella sede dall'assessore all'ambiente Lorenzo Nicastro, e rilasciare un'autorizzazione con riserva, che impegna l'azienda a ridurre le emissioni. L'Aia è l'Autorizzazione integrata ambientale, che alcune categorie di aziende particolarmente inquinanti (raffinerie, Impianti di combustione, chimici, di produzione e lavorazione dei metalli, di smaltimento dei rifiuti) devono ottenere per uniformarsi ai dettami dell'Unione europea. Viene rilasciata generalmente ogni 5 anni dal ministero dell'ambiente; se l'impianto in questione non è conforme alle norme europee, l'Aie non viene rilasciato e questo è costretto a chiudere. Cosa è avvenuto a Taranto? L'industria siderurgica Ilva produce da anni un inquinamento ambientale impressionante. Per lungo tempo ha contribuito, da sola, al 90 per cento della emissione di diossina in Italia. Negli ultimi anni, a seguito delle forti pressioni delle associazioni ambientaliste e delle normative vigenti a livello europeo ha abbassato le soglie delle emissioni, ma rimane comunque al di sopra dei tetti massimi consentiti per alcuni valori. La diossina resta il problema principale. A fronte di una legge regionale pugliese che fissa a 0,4 nanogrammi al metro cubo il limite massimo, gli ultimi controlli a sorpresa effettuati dall'Arpa pugliese hanno riscontrato livelli praticamente doppi. Per questo motivo era stata ventilata l'ipotesi che l'Aia non sarebbe stata rinnovata all'Ilva, che proprio quest'anno era al termine della concessione quinquennale. Ipotesi fortemente voluta dalle associazioni ambientaliste e da gran parte della cittadinanza. Più moderata la posizione della regione Puglia, probabilmente in considerazione del fatto che l'Ilva dà lavoro a circa 20.000 operai, senza considerare l'indotto. La decisione finale soddisfa le richieste della Regione, non quelle delle associazioni. L'Aia è stata concessa con riserva; l'impianto dovrà abbassare le proprie emissioni di diossina fino a portarle al disotto della soglia regionale. L'assessore all'ambiente pugliese Lorenzo Nicastro, presente al tavolo della discussione, ha dichiarato che “a seguito dell’emanazione del decreto da parte del Ministro dell’ambiente, entreranno in vigore limiti emissivi più bassi rispetto a quelli oggi vigenti, in linea con le migliori tecnologie disponibili”, concludendo: “abbiamo chiesto ed ottenuto un miglioramento delle attuali condizioni su diversi punti essenziali.” Decisamente meno entusiasta la posizione di Legambiente. "Siamo consapevoli che l'Aia sia necessaria affinché l'azienda possa operare in un regime di regole certe e di controlli adeguati – hanno sostenuto Stefano Ciafani, Responsabile Scientifico Nazionale, Francesco Tarantini, presidente regionale e Lunetta Franco, presidente del Circolo di Taranto - ma non possiamo che ribadire il nostro giudizio fortemente critico sul lavoro della Commissione Ippc, sempre pronta ad accogliere le richieste dell'azienda a scapito dei cittadini". Bonelli, presidente dei Verdi, parla addirittura di “una Aia vergognosa, perché non sono previsti limiti alla fonte di emissione per quanto riguarda sostanze dannose per la salute come il cadmio, cromo esavalente, mercurio e i metalli pesanti." Nessuna reazione invece da parte dell'azienda, che – stando alle prime dichiarazioni – si vuole prendere un po' di tempo per “capire cosa c'è nel decreto”. Il timore di chi lottava per la chiusura dell'impianto è che anche questo provvedimento finisca per non sortire alcun effetto. Che si inneschi il solito giro di concessioni con riserva e deroghe sulle concessioni, che finisce per tutelare solo ed esclusivamente gli interessi dell'azienda a scapito della salute dei cittadini. Qualche anno fa il Dott. Patrizio Mazza, primario di ematologia a Taranto, alla domanda "lei cosa farebbe per far vivere meglio gli abitanti di questa città?", non ebbe dubbi: "O spostiamo Taranto o spostiamo le fabbriche". Siamo sicuri che le cose oggi siano così diverse?

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