Francia. Mox, il fallimento del rilancio nucleare

I siti di informazione ambientalista francese denunciano il fallimento del rilancio dell'energia atomica attraverso il MOX, un combustibile altamente pericoloso ricavato dal nucleare esausto. Problemi di trasporto, inquinamento e gestione delle scorie si scontrano con scarsa efficienza e costi elevati.

Francia. Mox, il fallimento del rilancio nucleare
La chiamano la sindrome francese, e in effetti la Francia sembra essere l'unica potenza a produrre, e a voler continuare a farlo, il MOX, combustibile speciale altamente pericoloso a base di uranio (91,5%) e di plutonio (8,5%) ricavato dagli scarti nucleari di altri combustibili. La maggior parte dei paesi dotati di impianti nucleari (per esempio gli USA) considerano il combustibile esaurito come scorie nucleari da smaltire. Il combustibile esaurito può, tuttavia, essere riprocessato per separarne le componenti, con particolare interesse per il plutonio e l'uranio. Il riprocessamento può essere effettuato a scopo civile o militare, in quest'ultimo caso al fine di ottenere materiale per la costruzione di armi atomiche. A partire dagli anni Ottanta, specialmente in Francia, è stato messo a punto un combustibile costituito da plutonio ed uranio impoverito, denominato MOX. L'impianto di La Hague (Manche) incamera ogni anno circa 1.200 tonnellate di combustibile nucleare esausto proveniente da tutte le centrali francesi. Su queste 1.200 tonnellate, 850 tonnellate in media sono ritrattate, il resto è stoccato dentro piscine, che ad oggi contengono 9.600 tonnellate di combustibile irradiato. Le installazioni di Areva estraggono il plutonio, cioè circa l'1% della materia globale contenuta nel combustibile nucleare esausto. Tuttavia, la maggior parte di questo plutonio non è utilizzato, pertanto 74 tonnellate di questa materia estremamente pericolosa sono attualmente stoccate a La Hague. Ma non finisce qui: una piccola parte del plutonio ricavato è avviata al sito di Marcoule (Gard), nell'impianto Areva di Melox. In questa fabbrica è mischiato a dell'uranio nuovo naturale impoverito, dando luogo alla miscela nota come MOX. I problemi presentati dal MOX riguardano, pertanto, in prima istanza, i trasporti di materiale radioattivo verso i centri di stoccaggio e di riprocessamento. Un trasporto estremamente pericoloso e ad alto rischio è proprio quello da La Hague a Marcoule, che si effettua su camion, ciascuno dei quali carica 150 kg di plutonio, equivalenti a 20 bombe del tipo Nagasaki. Ma non si tratta solo di questo. I processi di estrazione del plutonio rigettano nell'atmosfera e nel mare una grande mole di rifiuti radioattivi di diverse categorie, e non esistono soluzioni per gestirli a lungo termine. Lo stesso MOX negli anni tende a diventare uno scarto di gran lunga più pericoloso e difficile di tutti gli altri materiali radioattivi classici. Inoltre gli impianti di La Hague e di Melox non sono sfruttati al massimo del loro potenziale. Concepiti per rispondere ad una forte domanda internazionale, non sono attualmente utilizzati che a circa il 50% della loro capacità. Areva pensa di ridurre drasticamente gli effettivi interessati, come dovrebbe confermare all'inizio di dicembre 2011, durante la pubblicazione del suo piano di ristrutturazione strategica. Gli errori strategici di Areva sfociano oggi in un'impasse per le migliaia di operai impiegati a La Hague ed a Melox. Solo lo sviluppo di una vera filiera di smantellamento e di gestione delle scorie nucleari permetterebbe di assicurare il posto a questi lavoratori del nucleare. Intanto Greenpeace denuncia che le performance del MOX sono persino meno buone di quelle dei combustibili classici, malgrado la produzione del primo sia ben più costosa di quella dei secondi.

Lascia un commento


Per lasciare un commento, registrati o effettua il login.