Shell sotto accusa per le fuoriuscite di petrolio nel delta del Niger

Amnesty International e Friends of the Earth International denunciano la Shell per l'utilizzo di informazioni ingannevoli e dubbie e per aver attribuito la responsabilità della maggior parte dell'inquinamento petrolifero nel delta del Niger ai sabotatori. La regione del delta del Niger, resta ad oggi, uno dei luoghi che ha sofferto di più per la produzione di petrolio.

Shell sotto accusa per le fuoriuscite di petrolio nel delta del Niger
"Malgrado una lunga storia di evidenti violazioni ambientali e dei diritti umani in Nigeria, la Shell ha respinto questa settimana in una udienza pubblica olandese le accuse di utilizzo di 'versioni non trasparenti, inconsistenti e fuorvianti', per quanto riguarda le cause della fuoriuscita di petrolio nel Delta del Niger". Ecco quanto si legge su treehugger.com in merito all'udienza voluta dalla commissione degli Affari economici del Parlamento olandese in seguito alla denuncia contro la Shell presentata da Amnesty International e Friends of the Earth International ai funzionari dei Paesi Bassi. Le due organizzazioni hanno recentemente presentato un reclamo ufficiale contro la Shell per violazioni degli standard di base sulla responsabilità delle imprese stabiliti dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Organisation for Economic Co-operation and Development - Oecd). Come si legge in una nota di Amnesty International, l'utilizzo di informazioni ingannevoli e dubbie per attribuire la responsabilità della maggior parte dell'inquinamento petrolifero nel Delta del Niger ai sabotatori ha violato le linee guida dell'Oecd destinate alle imprese multinazionali. Sebbene il sabotaggio nella regione sia un problema, Amnesty International e Friends of the Earth International hanno più volte contestato l'uso da parte della Shell di questi dati, che sono stati duramente criticati dai gruppi ambientalisti e dalle comunità locali. Secondo quanto previsto dalla legge nigeriana, quando le fuoriuscite sono classificate come conseguenza di sabotaggio, la Shell non ha l'obbligo di risarcire per il danno arrecato alle persone e ai loro mezzi di sussistenza. Friends of the Earth International e Amnesty International hanno però constatato che in molti casi le compagnie petrolifere hanno una influenza significativa nella definizione delle cause ufficiali delle perdite. Ian Craig, vice presidente esecutivo della Shell per l'Africa subsahariana, ha replicato alle accuse delle organizzazioni affermando che il 70 per cento delle fuoriuscite di petrolio è causato da atti di sabotaggio. Craig ha ammesso che il numero delle fuoriuscite è rimasto “inaccettabilmente alto”, ma lo ha in parte attribuito ai rapimenti e le minacce nei confronti dei dipendenti dell'azienda, che per diversi anni hanno fortemente ridotto le attività di manutenzione per diversi anni. Il vice presidente esecutivo della Shell ha poi aggiunto che l'arretrato è stato ora ridotto e che la società è “impegnata a ripulire e bonificare tutti i siti di sversamento relativi alle sue operazioni, indipendentemente dalla causa delle fuoriuscite”. Ian Craig ha poi dichiarato che la Shell non ha potuto pagare per le perdite causate da atti di sabotaggio in quanto ciò creerebbe un “perverso incentivo” per i criminali. In merito alla vicenda, Peter de Wit, amministratore delegato di Shell Paesi Bassi, ha detto che la società aveva creato migliaia di posti di lavoro in Nigeria e stava facendo “un buon lavoro in circostanze difficili”. Circostanze che difficilmente potranno essere messe in discussione, perché la situazione del territorio in questione è davvero critica. La devastazione è infatti particolarmente grave nella povera e fragile regione del delta del Niger che per la produzione di petrolio ha sofferto più di qualsiasi altro luogo sulla Terra. Il Delta del Niger, abitato da circa 31 milioni di persone, è una delle 10 più importanti zone umide e ecosistemi marini di costa del mondo. Qui si trovano inoltre enormi depositi di petrolio, estratto per decenni dal governo della Nigeria e dalle imprese multinazionali come Shell, Eni e Total. Come sottolinea Amnesty International, dal 1960 il petrolio ha generato un guadagno stimato intorno ai 600 bilioni di dollari. Eppure, la maggioranza della popolazione vive in povertà senza accesso adeguato ad acqua pulita o all'assistenza sanitaria.

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