Consumo di suolo, che intenzioni ha il governo italiano?

Alla buona iniziativa del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali Mario Catania, che propone una legge per combattere il consumo di suolo, si contrappone il ritorno della legge stadi, che invece spalanca le porte alla cementificazione selvaggia. Proteggere il territorio italiano, favorire gli interessi economici del settore edilizio, che intenzioni ha il governo?

Consumo di suolo, che intenzioni ha il governo italiano?
Nella valanga di cattive notizie che ci intasano ogni giorno le caselle di posta elettronica e ci aggrediscono dalle pagine dei quotidiani e dagli schermi televisivi è d'obbligo trovare uno spazietto per qualche buona nuova. E se siamo abituati ad iniziative lodevoli e confortanti da parte di associazioni e gruppi di cittadini, molto più raro è che queste arrivino dal governo. Eppure, di rado, accade anche questo. È il caso del disegno di legge sul consumo di territorio, ancora in fase embrionale, avanzato dal Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali Mario Catania. L'iniziativa parte dalla necessità – avvertita finalmente anche a livello istituzionale – di porre un freno alla cementificazione selvaggia e al consumo di terreni agricoli. Negli ultimi 40 anni l'Italia ha salutato il 28 per cento del proprio territorio agricolo. Gran parte di esso è stato sommerso da colate di cemento e lingue di asfalto. Una perdita incalcolabile e in buona parte irreversibile, che finalmente potrebbe essere arginata. La bozza fa leva su tre elementi. Innanzitutto porre un tetto massimo alla superficie nazionale edificabile, individuando una soglia oltre la quale sarà impossibile costruire oltre. In secondo luogo, congelare il cambio di destinazione d’uso per i terreni agricoli che hanno ricevuto aiuti da parte della Ue; chi ha ricevuto i finanziamenti nell'ambito della Politica agricola comune (Pac), per 10 anni non può rendere edificabili i terreni. Il terzo punto, fondamentale, è l’abrogazione della legge che permette ai Comuni di utilizzare gli oneri di urbanizzazione per finanziare la spesa corrente. Fino ad oggi infatti i proventi derivati dalle concessioni edilizie sono stati dirottati verso la spesa corrente, costituendo una voce importante dei bilanci comunali. È accaduto spesso quindi che i comuni decidessero di fare cassa proprio con il suolo. La proposta di legge ha riscontrato molti pareri favorevoli da parte di esperti e associazioni ambientaliste. “È un notevole passo avanti, etico, sociale, culturale verso l'arresto del consumo del suolo e la perdita di biodiversità nel nostro Paese – ha dichiarato il Presidente Lipu, Fulvio Mamone Capria -. Se il Disegno di legge quadro sarà approvato in Consiglio dei ministri e poi dal Parlamento, potrà avviare quel fondamentale processo di riqualificazione ambientale e della qualità della vita dei cittadini, necessari per costruire in modo responsabile il futuro dell'Italia”. “Siamo convinti – ha continuato Mamone Capria - che, con alcuni miglioramenti nel testo, le norme proposte sul tetto all'estensione massima di superficie edificabile, l'abrogazione delle disposizioni per i Comuni di coprire le spese correnti con gli introiti ottenuti dal pagamento degli oneri di urbanizzazione e il vincolo decennale per i terreni agricoli che abbiano fino ad oggi ottenuto aiuti comunitari e statali, siano necessarie per porre immediate ed urgenti misure contro la cementificazione selvaggia delle nostre campagne”. Anche Roberto Burdese, che da anni si batte assieme a Slow Food e alla rete Salviamo il Paesaggio per fermare il consumo di territorio non manca di apprezzare l'iniziativa. “Nei giorni drammatici e indecifrabili di questa assurda e violenta crisi finanziaria, mi è sembrato di vedere una luce di speranza in fondo al tunnel […]. Speriamo che questa luce di speranza non si spenga, vigiliamo sulla vita di questo disegno di legge, teniamo alta l’attenzione e non manchiamo di far sentire la nostra voce: le occasioni non mancano, per chi ha voglia di partecipare. E mai come oggi la partecipazione è necessaria e fondamentale”. La legge in effetti è un ottimo inizio, e farebbe ben sperare sulle intenzioni del governo riguardo al consumo di suolo. Farebbe. Purtroppo il condizionale è d'obbligo. Lo stesso governo, in parallelo, ha infatti spalancato le porte alla cosiddetta legge Stadi. Si tratta di quella legge, presentata la prima volta dall'esecutivo Berlusconi, che faciliterebbe la costruzione di nuovi impianti sportivi, con annesse case, alberghi, centri commerciali, uffici. Un dossier di Legambiente definisce tale legge “uno straordinario strumento per costruire in aree non edificabili in ogni comune italiano”; capace di aprire le porte a chiunque volesse “proporre alle società calcistiche di tutta Italia la costruzione di impianti da connettere a ben più voluminose operazioni immobiliari. Si potranno infatti rendere edificabili aree che oggi non lo sono per i piani vigenti. E in queste operazioni prevedere attività residenziali, direzionali, turistico-ricettive e commerciali”. Per concludere: “Speculazioni edilizie in aree agricole e inedificabili: questo provvedimento non ha nulla a che vedere con lo sport e il calcio”. Il testo, prosegue il dossier, “si era arenato durante il governo Berlusconi ed è ripartito grazie alla spinta del governo Monti e in particolare del ministro Gnudi che ha esercitato una pressione fortissima per rimetterlo in carreggiata”. Insomma, l'esecutivo pare avere le idee un po' confuse su quale sia il futuro migliore per il territorio italiano. Se preservarlo dal consumo o incentivare la cementificazione selvaggia. Da un lato la buona coscienza, dall'altro gli interessi economici. Se la storia recente ci insegna qualcosa, non c'è molto da stare ottimisti. LEGGI TUTTI GLI ARTICOLI SUL CONSUMO DI SUOLO

Commenti

Vivo e lavoro (geometra) in Senigallia (AN); questo benedetto comune si comporta in maniera strana: da un lato sbandiera i successi che sta ottenendo con delibere rivolte al risparmio del suolo, bene, da un altro lato fa pagare tasse inaudite a privati cittadini che posseggono un lotto di terra con relativa casa di abitazione; tale lotto (unica particella catastale) oltre che essere corte della casa, all'atto pratico, tenendo conto cioè dei parametri urbanistici non vi si può costruire nulla. Si sono inventati una tassa molto salata sulla teorica possibilità di costruire. Parlando con il dirigente dell'ufficio tributi del comune non si è venuto a capo di niente. In sostanza non aveva argomentazioni tecniche valide per sostenere la giustezza di queste tasse. Speriamo che abbia successo il ricorso che è stato presentato. Il residente non può essere costretto a pagare migliaia di euro per....niente!
Giovanni Gregoretti, 31-07-2012 06:31

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