Legno: per la legge italiana quello delle aree verdi urbane è un rifiuto

Per la legislazione italiana, il legno proveniente da aree verdi urbane - quali giardini, parchi e aiuole - non è da considerarsi riutilizzabile a fini energetici, ma come 'rifiuto' da conferire in discarica. Raccogliere i rami caduti a causa della neve e bruciarli nel caminetto, potrebbe costare l’arresto.

Legno: per la legge italiana quello delle aree verdi urbane è un rifiuto
Incredibile, ma vero: il legno proveniente da potature o sfalci di aree verdi urbane, quali giardini e parchi pubblici, aiuole e cimiteri, non può essere utilizzato né per le stufe a legna, né per gli impianti a biomasse, ma deve essere conferito alla discarica, come se fosse un rifiuto qualsiasi. Ciò significa che, proprio in questi giorni nei quali mezza Italia è paralizzata dal maltempo e si rischia l’emergenza gas, i rami che si sono spezzati a causa del peso della neve e sono caduti per terra, non possono essere raccolti e bruciati nella stufa a legna o nel caminetto di casa. Per la legislazione italiana, utilizzarli è un reato penale, punibile con la reclusione da tre mesi a un anno. Nonostante questo legno sia uguale a quello delle foreste e dei campi, per il nostro legislatore non è una “fonte energetica”, ma un “rifiuto urbano” che va raccolto e smaltito da chi di dovere, pena l’arresto. Questa follia tutta italiana è stata resa nota in una conferenza stampa tenutasi la scorsa settimana a Firenze e organizzata da Amici della Terra, FIPER (Federazione Italiana di Produttori di Energia da Fonti Rinnovabili) e Quadrifoglio S.p.A. (società che raccoglie e smaltisce i rifiuti dell’area fiorentina). I relatori hanno rimarcato il fatto che il legno non è un rifiuto come gli altri, e che - da che mondo è mondo - non lo è mai stato. Ma lo stato italiano la pensa diversamente: il legno proveniente dagli alberi di parchi, giardini pubblici e cimiteri è considerato rifiuto, ai sensi dell’Art 256. del Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (“Attività di gestione di rifiuti non autorizzata”). La normativa vigente, infatti, prevede che “chiunque effettua una attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione [...] è punito: a) con la pena dell'arresto da tre mesi a un anno o con l'ammenda da 2.600 euro a 26.000 euro se si tratta di rifiuti non pericolosi; b) con la pena dell'arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da 2.600 euro a 26.000 euro se si tratta di rifiuti pericolosi”. Secondo gli Amici della Terra, quindi, applicando alla lettera l’art 256 alla vita quotidiana, i tronchi e i rami caduti in seguito alle recenti nevicate, essendo 'rifiuti', non possono essere trasportati da chiunque e - tanto meno - usati per riscaldare, se non rischiando la condanna da tre mesi a un anno di reclusione. Lo stesso vale per un eventuale amministratore 'virtuoso' che volesse usare questi rami per un impianto a biomasse. Ed è lo stesso Ministero dell’Ambiente a fornire questa interpretazione autentica della legge, rispondendo ad una richiesta di chiarimenti proprio da parte di un’amministrazione locale: “I rifiuti vegetali provenienti da aree verdi quali giardini, parchi e aree cimiteriali, restano, pertanto, soggetti alle disposizioni della Parte IV del Dlgs 152/2006 e sono classificati come 'rifiuti urbani' ai sensi dell'articolo 184, comma 2, lettera e), del medesimo decreto”. Il problema, quindi, è nazionale dal momento che, in tutti i comuni italiani, la potatura degli alberi delle strade e dei parchi urbani costituisce un enorme quantitativo di biomassa che nel 2012, è facile prevederlo, aumenterà notevolmente a causa dell’emergenza neve. Eppure, questo legname deve essere smaltito in discarica, costringendo la collettività a pagare elevati costi economici e ambientali e rinunciando, al tempo stesso, ad un’importante risorsa energetica. Queste disposizioni, come ha sottolineato la FIPER durante la conferenza stampa, sono in aperta contraddizione con la normativa riguardante le rinnovabili che, al contrario, premia con incentivi l’utilizzo delle biomasse a fini energetici. Tale conflitto normativo ha già messo in crisi diverse aziende che, nei mesi scorsi, avevano siglato contratti con le amministrazioni pubbliche per l’acquisto di legname da utilizzare nei propri impianti a biomasse e che, a seguito dell’interpretazione legislativa fornita dallo stesso Ministero dell’Ambiente, hanno dovuto rivedere tutti i loro programmi. L’argomentazione principale sostenuta dal Ministero è che questo provvedimento sarebbe una conseguenza del recepimento della Direttiva Rifiuti UE. “Ma allora - si chiede la FIPER - perché in Francia e Austria questo tipo di legno può essere impiegato a fini energetici?”. La FIPER ha più volte interpellato il Ministero dell’Ambiente e inviato, lo scorso luglio, una lettera ufficiale alla quale ha fatto seguito una serie di interlocuzioni con lo stesso Ministero, con l’obiettivo di far riconoscere questo tipo di legname quale sottoprodotto utilizzabile, a tutti gli effetti, nella filiera legno-energia. La situazione attuale è assurda e priva di buon senso: penalizza l'ambiente e costringe la collettività a rinunciare ad un’importante risorsa. Walter Righini, Presidente di FIPER, ha affermato in proposito: “Il potenziale di approvvigionamento delle potature del verde urbano è immenso; secondo l’ultimo studio Fiper, in 801 comuni alpini e appenninici (zone climatiche E-F) ci sarebbero le condizioni per avviare centrali di teleriscaldamento a biomassa. In questi giorni di 'freddo siberiano', l’impiego di questa tecnologia e combustibile, permetterebbe a questi comuni di raggiungere la completa autonomia dal gas e riscaldare i propri cittadini avvalendosi delle risorse locali”. Livio Giannotti, AD di Quadrifoglio S.p.A. ha sottolineato come sia più che mai “necessario chiamare le cose con il loro nome, per cui il legno è legno, e va trattato come tale, sia nella legislazione che per il suo recupero a fini energetici”. Il legno non può essere considerato uno scarto da gettare, quando, invece, è una potenziale risorsa energetica. Gli Amici della Terra, infine, chiedono che la legislazione non mortifichi l’ambiente e, soprattutto, il buon senso: si rivolgono al neo Ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, affinché si chiarisca in modo definitivo che il legname e la biomassa in genere, anche se raccolti in ambito urbano, non sono un rifiuto, ma possono essere utilizzate nella filiera energetica. Infine, chiedono che, con i prossimi decreti attuativi, il governo definisca normative eque e durature nel tempo, che favoriscano un efficiente utilizzo delle fonti rinnovabili e che premino le tecnologie più performanti in termini di costi-benefici per la collettività.

Commenti

Se il verde pubblico fosse considerato biomassa le aziende che raccolgono e trattano i rifiuti le dovrebbero pagare per produrre energia, invece in questo modo se le fanno pagare come rifiuto che comunque va a finire nel termoutilizzatore ottenendo lo stesso risultato con il tripplo guadagno e magari ci prendono pure gli incentivi sulla produzione di energia alternativa.
rino, 14-02-2012 06:14
Vorrei chiedere se queste norme valgono anche per carichi inferiori o non superiori a 30KG. Ricordo a tutti che invece gli scarti vegetali da cucina sono considerati "sottoprodotti" e non sono rifiuti urbani. Anche quelli potrebbero essere ri-utilizzati a buonissimo (qualche volta addirittura BIO) scopo. Ma quanti di noi continuano a regalarli (pagandoli!) ai secchioni? Con alto contenuto di acqua aumentano il peso del rifiuto smaltito: le aziende di smaltimento vengono pagate a "PESO" d'oro.
Giuliano R., 15-02-2012 12:15
ma qui ci vogliono prendere in giro! DISUBBIDIENZA CIVILE e qualche filtro sul camino
flavia, 18-02-2012 07:18

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