Obama delude ancora: dietrofront nella lotta all’inquinamento

Barack Obama ha chiesto di ritardare almeno fino al 2013 l'introduzione di standard sull'ozono assieme alle relative restrizioni per le emissioni nocive di smog. Ancora una volta il presidente Usa delude le aspettative degli ambientalisti. Ma cosa spinge il presidente della promessa rivoluzione 'green' ad adottare misure così impopolari e contrarie agli ideali che egli stesso ha sempre dichiarato di voler difendere?

Obama delude ancora: dietrofront nella lotta all’inquinamento
Quando fu eletto, nel novembre del 2008, Barack Obama tenne un lungo discorso dai toni intensi, quasi epici. “Gli Stati Uniti sono il posto dove tutto è possibile”, esordì; poi in mezzo alla folla acclamante annunciò: “Il cambiamento per gli Stati Uniti è arrivato”. Un cambiamento che combinava il pacifismo all’ambientalismo ed ai diritti civili. E ringraziò per questo le migliaia di persone che si erano mobilitate 'dal basso' attraverso i social networks, promettendo a loro e a tutta l’America che avrebbe sempre ascoltato i cittadini. “Anche se stanotte festeggiamo – concluse infine – sappiamo le sfide che ci attendono domani. Sappiamo che siamo nel mezzo di una grande crisi economica, che ci sono soldati che continuano a morire in Iraq, che ci sono nuove scuole da costruire. Forse non in un anno, ma vinceremo queste sfide, ve lo prometto”. Poi Obama si sedette nello Studio Ovale della Casa Bianca e, fra una foto in famiglia ed un’intervista, fece completamente il contrario di ciò che aveva fin lì detto. E così ha continuato a fare, per quasi tre anni. L’ultima? È notizia di questi giorni la richiesta da parte del Presidente americano di ritardare almeno fino al 2013 l’introduzione degli Ozone national ambient air quality standards da parte dell’Epa, l’agenzia per la protezione ambientale governativa. Gli standard sull’ozono rientrano nel complesso di standard nazionali sulla qualità dell’aria previsti dal Clean Air Act, una legge che regolamenta le emissioni di sostanze nocive nell’aria evitando che queste superino certi livelli. Nel caso dell’ozono questi livelli erano stati fissati, dopo accurate ricerche, da un documento chiamato appunto Ozone national ambient air quality standards. Gli standard avrebbero dovuto entrare in vigore immediatamente, assieme alle relative restrizioni per le emissioni nocive di smog. Invece Obama ha chiesto espressamente a Lisa Jackson, direttore dell’Epa, di ritardare l’introduzione dei nuovi limiti. Per giustificare la propria scelta il Presidente, dopo aver ricordato i grandi risultati ottenuti finora dall’Epa e aver ribadito il suo impegno per l’ambiente, ha sostenuto di voler aspettare il “lavoro di aggiornamento di una revisione scientifica del 2006 che comporterà il riesame dell'ozone standard nel 2013”. Motivazioni che non hanno convinto per niente le associazioni ambientaliste statunitensi, che hanno invece letto nella mossa di Obama l’ennesima genuflessione agli interessi delle cosiddette Big Oil, le lobby del petrolio, e delle King Coal, quelle del carbone. Michael Brune, direttore di Sierra Club, una delle associazioni ambientaliste più grandi ed influenti degli Usa, ha condannato apertamente la decisione di Obama, il cui operato aveva finora difeso, accusando la Casa Bianca di aver messo al primo posto “gli interessi degli inquinatori del carbone e del petrolio” veicolando così il messaggio che “L'aria pulita può aspettare”. Ancor più dura la reazione di Greenpeace Usa. “Le corporation inquinanti non devono preoccuparsi di demolire il Clean Air Act , sembra che il presidente Obama lo stia facendo per loro” è stato il commento lapidario del suo presidente, Philip Radford. Che ha continuato: “Mentre gli americani si preparavano per un weekend di vacanza, il Presidente Obama ha annunciato che non ha intenzione di far rispettare una legge, che avrebbe impedito 12mila morti ogni anno, per proteggere gli americani dall'inquinamento da ozono”. Ma cosa spinge il presidente della promessa green revolution ad adottare misure così impopolari e contrarie agli ideali che egli stesso ha sempre sostenuto di difendere? Una parziale risposta la si può trovare nella lettura incrociata di due recenti articoli di due profondi conoscitori dell’America e della società contemporanea: Noam Chomsky e Naomi Klein. Entrambe le riflessioni puntano il dito non tanto sulla figura del Presidente quanto sulla degenerazione di un sistema socio-economico che ha portato le lobby e le multinazionali ad essere gli unici soggetti in grado di prendere decisioni effettive. Chomsky spiega in un articolo per l’Internazionale che “Il peso delle grandi aziende sulla politica e la società statunitensi ha raggiunto un livello tale che ormai entrambi i partiti sono schierati molto più a destra della popolazione”. Con l’aumento dei costi delle campagne elettorali sia i democratici sia i repubblicani sono stati spinti “tra le grinfie delle corporation”. Siamo al paradosso: “entrambi i partiti hanno cominciato a mettere all’asta i posti più importanti al congresso […]. I parlamentari che garantiscono più fondi al partito ottengono il posto. E i fondi ovviamente vengono dalle lobby”. E non si tratta più soltanto di semplici pressioni. Sostiene Naomi Klein che la precedente amministrazione Bush ha spinto i processi di privatizzazione selvaggia fin dentro gli istituti governativi, affidando in mano a gruppi privati la gestione di molti apparati strategici, dalla difesa dei confini alla protezione civile all’intelligence. Insomma, sembra proprio che Obama non abbia attualmente nelle mani gli strumenti necessari per governare. Quella del Presidente degli Stati Uniti d’America è diventata essenzialmente una figura di facciata, che ha il compito di rappresentare il paese agli occhi del mondo, incarnando una serie di valori che il paese decide di trasmettere. Le decisioni vengono prese altrove, da signori che nessuno ha eletto e che sicuramente non hanno come principale interesse il benessere e la salute dei cittadini. Fra le righe del proprio discorso – il discorso con cui richiedeva di posticipare l’introduzione degli standard – lo stesso Presidente Obama sembra ammettere la propria impotenza. Egli confessa: “In definitiva, non ho il supporto per chiedere ai governi statali e locali di iniziare ad attuare un nuovo standard” . Un momento di franchezza, in cui potremmo leggere anche una vena di rammarico.

Commenti

più che dietrofront è una precisa continuità rispetto all'era Bush. Non ha mosso un dito. Il Cambiamento con la C maiuscola non arriverà mai dall'alto...ognuno si assuma le sue responsabilità (basta aspettare improbabili leader!)
Z.M., 08-09-2011 11:08
Obama è un maquillage! E' come gli Ultracorpi. Va in giro con la faccia affabile di Obama e si comporta bene, fa promesse, muove speranze. Poi torna nel suo studio, esce dal bozzolo di Obama (ne cambia uno al giorno) e torna ad essere Bush. Altro che Rettiliani!
Marco B., 08-09-2011 01:08

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