Ricordando Maurice Allais e le sue fondamentali intuizioni

Maurice Allais, economista noto e affermato, Premio Nobel nel 1988, non ha mai voluto piegarsi alle verità imposte dal sistema bancario globalizzato, dagli economisti del modello dominante e dalle istituzioni internazionali. Al contrario, ha portato avanti con determinazione la sua critica alle storture del mercato finanziario, al perverso sistema del credito e alla truffa del signoraggio postmoderno. A due mesi dalla sua scomparsa vogliamo ricordarlo passando in rassegna le sue fondamentali intuizioni.

Ricordando Maurice Allais e le sue fondamentali intuizioni
Poco tempo fa, il 9 ottobre del 2010, se n’è andato l’eclettico pensatore francese Maurice Allais. Allais ha infatti seguito percorsi di studio, insegnamento e approfondimento abbastanza vari; ma se la prima parte della sua carriera è stata dedicata all’ingegneria e alla fisica (fu ingegnere minerario, ricercatore e docente di scienze), è in campo economico che ha fornito forse il contributo più importante. Non solo per gli interessanti studi condotti – in particolare sulla teoria delle decisioni, nell’ambito della quale ha formulato il famoso paradosso di Allais – che lo hanno portato ad essere insignito del Premio Nobel per l’economia nel 1988 e della Gran Croce della Legion d’Onore nel 2005, ma anche, forse soprattutto, per le sue coraggiose posizioni di condanna nei confronti del sistema bancario internazionale, del meccanismo del credito e del liberismo sfrenato. Il suo pensiero è sempre stato favorevole all’economia di mercato, originariamente liberista, ma questo non gli ha impedito di criticare con decisione l’avvento dell’iperliberismo che è poi degenerato nella globalizzazione economica, frutto di un sistema instabile e criminale che utilizza l’economia senza ritegno per arricchire i potenti e indebolire i poveri. Da alcuni Allais è stato definito il 'liberale socialista', poiché ha sempre rifiutato le ideologie e le imposizioni dottrinali, ponendo in primo piano l’equità, la giustizia e la sostenibilità di ogni azione economica. Europeista convinto, fu tuttavia fra i primi a criticare le modalità di istituzione e sviluppo dell’Unione Europea, in particolare il testo della nuova Costituzione Europea, protagonista di un travagliatissimo processo di approvazione. La sua critica al mondialismo, poi, lo ha portato ad avvicinarsi alla tematica dello 'sviluppo autocentrato', che ritiene prioritaria la creazione della stabilità economica interna alla comunità rispetto all’allacciamento di legami commerciali esterni, il tutto senza tuttavia cadere in un regime autarchico ma mirando piuttosto all’autosufficienza. Le idee chiave di Allais sono state descritte nei numerosi articoli e brevi saggi (circa un centinaio) che egli ha pubblicato nel corso della sua carriera, da Accecamenti del 2005, in cui avanza una critica nei confronti del Trattato Costituzionale europeo, a La liberalizzazione del commercio, dello stesso anno, in cui esprime forti perplessità riguardo alla globalizzazione economica e all’abbattimento indiscriminato di tutte le barriere commerciali senza tenere conto di variabili economiche e sociali fondamentali che differenziano le varie parti di un mondo che non può in alcun modo essere ridotto a un unico grande mercato. Il saggio principale è però La crisi mondiale dei giorni nostri, in cui l’economista francese prende in esame la crisi economica della fine degli anni novanta predicendo con estrema lucidità la nuova recessione che ha colpito le economie occidentali a partire dal 2008. In maniera chiara e comprensibile, Allais parte dall’analisi della madre di tutte le crisi, il crollo di Wall Street del 1929, evidenziando le analogie con le successive recessioni. Il passaggio più importante è quello in cui lega indissolubilmente questi eventi non tanto a problemi congiunturali che possono essere superati, come ci viene detto oggi, quanto piuttosto a un sistema monetario e finanziario marcio nelle sue fondamenta, che ciclicamente viene colpito da questi default e continuerà a farlo finché non verrà radicalmente ripensato. Con grande completezza, Allais propone una serie di riforme articolate su quattro punti. 1. La riforma del sistema di credito, per farla finita con l’attuale meccanismo di accesso al credito che 'regala' denaro a tutti, anche ai soggetti più insolventi, al solo scopo di alimentare la smania di consumo ("senza esagerare il meccanismo attuale della creazione di moneta dal credito risulta essere 'il cancro' che consuma irrimediabilmente le economie di mercato in mano privata") 2. La stabilizzazione del valore reale dell’unità di conto, per salvaguardare il potere d’acquisto del denaro reale ed evitare che esso divenga carta straccia alla prima ondata inflazionistica 3. La riforma dei mercati borsistici, per modificare il funzionamento di un sistema totalmente deregolamentato e alla mercé degli speculatori 4. La riforma del sistema monetario internazionale, per cui Allais invoca una nuova Bretton-Woods, che però non segua la via del mercato unico mondiale che perseguono Organizzazione Mondiale del Commercio, Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale. Parlando del sistema del credito, forse la principale delle quattro riforme da lui proposte, è perentorio nell’individuare i due punti di partenza imprescindibili: "la creazione di moneta deve essere di competenza dello Stato e dello Stato soltanto. Tutta la creazione di moneta eccedente la quantità di base da parte della Banca centrale deve essere resa impossibile, in maniera tale che scompaiano i 'falsi diritti' derivanti attualmente dalla creazione di moneta bancaria". A questa richiesta si aggiunge quella di destinare la rendita del signoraggio alla collettività, cioè la legittima proprietaria della moneta, attraverso una sorta di reddito di cittadinanza. Il secondo punto recita: "tutti i finanziamenti d’investimento a un termine prestabilito devono essere assicurati da fondi di prestito a scadenze maggiori, o tuttalpiù alla stessa scadenza". Sarebbe infatti questa la soluzione per porre fine all’incredibile inganno delle banche rappresentato dalla copertura frazionaria e dalla creazione del denaro dal nulla, in base al quale gli istituti investono molti più soldi di quanti non abbiano in realtà (non ci credete? Provate a recarvi in banca e a esigere la restituzione di tutto il denaro che avete depositato…). Grazie alla sua genialità, alla sua grande capacità comunicativa e ai successi professionali conseguiti, Allais ha ricevuto importanti riconoscimenti ufficiali, spesso consegnati a denti stretti dai rappresentanti del sistema che egli stesso criticava aspramente. Il mainstream, lo stesso che aveva censurato i suoi articoli quando erano diventati troppo pungenti e pericolosi, si è preso la sua squallida rivincita facendo passare sotto silenzio la morte dell’unico Premio Nobel per l’economia della storia francese. Anche Maurice Allais, un po’ come altri due grandi uomini del secolo passato di cui celebriamo la scomparsa proprio in questi giorni – Pier Paolo Pasolini e Yukio Mishima –, ha visto le sue geniali intuizioni censurate, sminuite e contraffatte dal conformismo culturale che regna oggi sovrano. Tuttavia, chi ha ancora realmente a cuore la ricerca della verità non può che ricordare con gratitudine un uomo che con competenza e coraggio ha portato avanti sino alla fine le sue idee. Idee che non si riveleranno esatte in futuro, poiché lo stanno già facendo adesso.

Commenti

Grazie per questo commento-commemorazione in onore di "Maurice Allais". L'attualità di alcuni aspetti del pensiero di "Maurice Allais" non dovrebbe essere solo auspicata da una testata che fa del cambiamento la sua identità. Criticamente, sotto forma di autocoscienza, sarebbe utile fare il punto sulla decrescita come pensiero economico per comprendere come lo "sviluppo autocentrato" sia vicino allo "sviluppo naturale". Se la decrescita fa a pugni con lo sviluppo non è in crisi anche il cambiamento? Quale cambiamento? Il limite dello sviluppo non è nella decrescita. Bensì, è la decrescita a sottintendere un limite in sé. Viceversa, lo "sviluppo autocentrato" ponendo l'accento sul localismo focalizza sullo "sviluppo locale" la fonte delle energie economiche. Partendo da questa centratura è possibile innestare una riforma monetaria dal basso coerente con le necessità di sviluppo economico delle comunità locali, uguale in ogni latitudine. La riforma monetaria partendo dal basso, e dalla comunità locale, consente a questa di riappropriarsi anche della sovranità che spetta a questa comunità e non allo stato. Lo stato è una realtà metafisica lontana dalla comunità locale. "Sviluppo autocentrato" e "riforma monetaria" sono le facce di una sola medaglia. Qui nasce il «cambiamento» dei sistemi economico e politico. Una riflessione appena iniziata, possibile e già in atto.
Giuseppe Sblano, 13-12-2010 05:13
Caro Dario, un'importante fetta del sistema bancario americano, a partire del FDIC, e è di quello internazionale è concepita proprio per tamponare la falla che può essere aperta da un "assalto agli sportelli" a cui la maggior parte delle banche non sarebbe in grado di fare fronte (è ovvio che perchè sia fatale deve essere caratterizzato da cifre considerevoli, non da poche migliaia di euro). La riserva frazionaria, il moltiplicatore monetario e altri meccanismi che riguardano la creazione e la gestione del denaro non sono i fondamenti di qualche teoria complottista ma nozioni che puoi trovare in qualsiasi manuale di microeconomia. Ciò che si fa nell'articolo è commentare tali nozioni accomunandole con una visione critica nei confronti degli attuali metodi di gestione del denaro dei risparmiatori. Quanto all'obiettività, ciò che viene riportato è, nè più nè meno, ciò che Allais stesso scrive nei suoi saggi, in particolare nel citato "La crisi mondiale dei giorni nostri". Ben distinguibili sono le considerazioni personali di merito (quelle sì, lo rivendico io stesso, sono parziali e schierate) che attengono a una posizione fortemente critica nei confronti dell'attuale sistema finanziario e bancario.
Francesco, 27-12-2010 03:27
L'articolo poco obiettivo è intriso di complottismo in particolare di quella pseudo-teoria "non dimostrata" sul signoraggio postmoderno. Inganno delle banche, la proprietà della moneta, falsi diritti, ecc. ... per poi finire nella domanda non ci credete? Provate a chiedere la restituzione del denaro depositato alla vostra banca. Ebbene. Dopo averlo fatto più di una volta senza problemi e mai nessuno potrà impedirvelo nell'attuale vigenza di norme, certo che se si firma contratti penalizzanti in termini di commissioni e spese e tutt'altro che convenienti non certo sarebbe il caso di presentarsi in banca e fare un test sul signoraggio bancario. In passato quando il livello culturale della massa era notevolmente basso per far presa si usava la superstizione, oggi nella società dell'informazione e con una cultura più elevata del passato me molto superficiale rispetto al necessario si fa la stessa cosa con in complottismo. Si prendono pochi concetti e affermazioni reali le si mescolano collegandole tra loro lasciando credere collegamenti inesistenti ed il gioco è fatto. Come in questo articolo.
Dario, 27-12-2010 09:27
Caro Francesco, non è certo il luogo adatto per parlare di economia monetaria, prendere 2 nozioni dai manuali di economia è un conto caprile e piegarle al proprio pensiero è un altro conto. L'articolo non pretende criticare il sistema circa gli attuali metodi di gestione del denaro dei risparmiatori, altrimenti si sarebbe occupato di etica negli impieghi e negli investimenti (armamenti, distruzione dell'ambiente, finanziamenti del nucleare, ecc) Dare un informazione distorta non giova.
Dario, 07-01-2011 05:07
l'articolo si occupa di maurice allais e delle tematiche che portava avanti, i riferimenti che citi tu sono condivisibili ma in questo caso fuori tema. per quanto riguarda le variabili che ho citato, non sono certo "piegabili", e infatti non l'ho fatto, ma non vedo cosa ci sia di male a criticarle visto che stanno alla base di un sistema economico che non condividiamo.
Francesco, 08-01-2011 04:08
Sono abbastanza stanco di sentire che c'è ancora qualcuno che considera il signoraggio primario e secondario una bufala di folli complottisti. Quindi l'emissione di moneta senza riserva di valore fino all'addebito agli stati sovrani della stessa dietro garanzia di titoli di stato che pagheremo noi attraverso l'imposizione fiscale, è una bufala ? Ciò che ammette un nobel non disposto a bersi testi scritti da chi si avvantaggio di ciò, è una bufala ? Giacinto Auriti, e le sue cause a Bankitalia, con ammissione di sua ragione, ma impossibilità della magistratura a condannare gli autori della truffa, per un cavillo giuridico, e per prassi consolidata, è una bufala? Duisberg ex BCE, che avverte Tremonti che stampando banconote da 1 euro perderebbe i proventi da signoraggio, è una bufala ? Mi dispiace per lei, ma queste sono tutte evidenze ben accertate e reali purtroppo. Non è continuando ostinatamente a negare le evidenze che si fa del bene al nostro paese e al mondo intero e mi piacerebbe che si usasse il tempo e l'intelligenza per trovare una via di uscita che vada bene per tutti.
Maurizio, 19-01-2011 05:19
Gentile Sig. Maurizio basterebbe rinviare che vuol saperne di più sul signoraggio al sito della fonte: Banca d'Italia, cerca signoraggio. Poi, fare due conticini chidendosi: quanto ritorna all'Italia dalla BdI?, e quanto ritorna la Banca di Soagna?, il tutto in termini percentuali. Perchè la percentuale della Banca di Spagna è maggiore di quella della BdI? Perchè i dipendenti della BdI non sono iscritti all'INPS? Continuo con le domande? Aveva ragione Allais!
Giuseppe Sblano, 19-01-2011 07:19
la mia speranza è che persone competenti ed intelligenti continuino ad informare e , se possibile , cercare di trovare una via alternativa a questo sistema grazie
stefano, 09-03-2012 12:09
Anche se in ritardo, commenterò questo articolo che ho letto soltanto ieri. Intanto voglio ringraziare Francesco Bevilacqua che ha ricordato, uno dei pochi, un grande economista come Maurice Allais. Io purtroppo l'ho conosciuto solo perché di lui si era parlato proprio per la sua scomparsa. Era l'unico economista francese che ha avuto l'onore di essere premiato con il premio nobel per la scienza economica nel 1988. La mia infanzia l'ho trascorsa in Belgio, dove mio padre era emigrato per trovare lavoro e a Seraing, in provincia di Liegi è stato assunto come minatore in una miniera di Carbone. Per questo motivo ho trascorso fino a 12 anni la mia infanzia imparando il francese e frequentando l'asilo e poi le scuole elementari in lingua francese. Quando ho scoperto all'inizio del 2011 che era mortro Maurice Allais, io che avevo studiato economia, mi sono subito chiesto come mai nei miei studi universitari non ho mai sentito parlare di lui. E così sono entrato in internet per informami. Intanto ho scoperto quanti studi lui avesse fatto e quanti libri avesse scritto. Ma poiché non ho trovato nessun libro scritto in italiano, ho pensato di comperarli in francese e quindi ho ripreso anche lo studio della lingua che mi ero lasciato alle spalle dal 1962. Nello stesso tempo ho ripreso lo studio dell'economia. Giustamente Francesco Bevilacqua spiega l'importanza della figura soprattutto in campo economico di Allais. La cosa che più mi aveva sorpreso è proprio l'analisi che Maurice faceva di come si doveva comportare la scienza. E spesso ripeteva che le teorie scientifiche, e quindi anche la scienza economica, doveva avere come scopo quello di comprendere quello che spesso ci hanno insegnato nelle scuole superiori, ovvero ad ogni azione deve corrispondere una reazione uguale e contraria e, conseguentemente, lo studio degli avvenimenti del passato devono poter sempre insegnare come riuscire a capire le crisi e quindi a trovare i rimedi per uscirne. Quando una teoria non riesce a far comprendere che cosa bisogna fare per risolvere i problemi significa che quella teoria è sbagliata in tutto (e allora dobbiamo gettarla nel cestino) o in parte e allora si tratta di modificare quella teoria. Basta riprendere lo studio che Maurice Allais ha fatto sulle cause che hanno portato ad un aumento progressivo in Francia sulla disoccupazione dal 1950 al 2003. Quando egli parla di disoccupazione in concreto parla della non attività, della diminuzione delle ore lavorate perché quando un lavoratore non lavora più le sue 8 ore, e quindi lavora part-time, questo crea una diminuzione di lavoro e quindi tutti i fenomeni di questo tipo sono da lui inseriti sulla diminuzione dell'occupazione. E su questo studio, che è stato da lui approfondito, guardando anche al resto dell'Europa, e verificando che il fenomeno non era soltanto francese, ma europeo, ha dato i suoi risultati. Cioé l'effetto era l'aumento della disoccupazione, ma qual'é la causa? Dalla sua analisi il riscontro che ha fatto negli anni successivi e quindi anche nel 2005 gli danno ragione. Non voglio entrare nel merito perché potrei anche avere opinioni diverse, ma la cosa che è incredibile è che nessuno gli ha contestato i suoi studi. Come dice Bevilacqua intorno a lui hanno creato il deserto, lo hanno nascosto, hanno cancellato la sua memoria, hanno cioé quello che troppo spesso i potenti hanno fatto: hanno fatto finta che non esistesse. Grazie a Maurice Allais ho ripreso lo studio in economia e così ho scoperto un altro grande economista, Augusto Graziani che è morto all'inizio di gennaio 2014. Di Graziani se ne è parlato, come è accaduto con Maurice Allais, quando è morto. E come ho fatto con i libri di Maurice Allais, ho comperato anche quelli di Graziani. Maurice Allais, nel suo libro "L'impot sur le capital e la Réforme monétaire" ad un certo punto parla di Marx, che è stato uno studioso e che nel capitale scrive molto sulla moneta. Per questo sono andato a rivedere i suoi studi. Se si guarda al suo ragionamento sul plusvalore, è infatti interessante la sua analisi che parte dal denaro che il capitalista investe per produrre merce, utilizzando come merce l'operaio salariato, e vende la merce prodotta riottenendo una quantità di denaro superiore rispetto a quello investito. Come descrive Marx questo tema, semplificando, da D (denaro iniziale ottengo M (merce prodotta) ed ottengo D'(denaro ottenuto a conclusione del processo produttivo), di modo che D' è maggiore di D e la differenza tra D' e D è appunto il plusvalore. Alla faccia di tutte le congetture che gli economisti di quel periodo sostenevano rispetto al ruolo dei capitalisti e degli operai i quali venivano pagati in funzione del loro lavoro. Contemporaneamente a questo mio impegno, sono riuscito finalmente a comperare "La teoria monetaria della produzione" di Augusto Graziani, che non era in commercio ma che ho trovato negli ambienti universitari. Bene. Augusto Graziani riprende la teoria di Carlo Marx, ma non la fa propria, perché ci sono al suo interno alcune incongruenze, forse perché Marx non aveva ancora completato il suo studio su questo argomento che comunque egli riteneva di primaria importanza, oppure semplicemente perché non ci era arrivato. Augusto Graziani infatti cambia una parte che in Marx non c'è. Il capitalista non interviene nel processo produttivo attraverso suoi investimenti. Il compito del capitalista non è quello di investire, ma è quello di aumentare il suo capitale e quindi deve trovare come poterlo fare. Il capitalista, avendo un capitale, e quindi potendo garantire la sua capacità di restituire quello che gli serve per investire e produrre, e vendere e, quindi avere un plusvalore, può chiedere alle banche un prestito, e con quel prestito può comperare manodopera, macchine e impianti, attrezzature, ecc, può anticipare il salario ai lavoratori per il periodo che lavorano periodo nel quale il capitalista non può ancora vendere il proprio prodotto. Ma una volta che la produzione esce dal ciclo produttivo e viene immagazzinata per poi essere venduta, allora la vendita si trasforma per il capitalista in guadagno e allora tutto il ragionamento che Marx faceva riesce a chiudersi. La cosa che mi meraviglia non è quello di dare ragione ad uno e torto ad un altro. Anzi, mi sembra normale che gli essere umani debbano sforzarsi sempre per discutere tra di loro, sapendo di avere opinioni diverse, perché tutti noi ci formiamo attraverso le nostre conoscenze, le nostre esperienze, la nostra vita e quindi è logico che questi esseri umani dovrebbero trasformare le loro esperienze personali in esperienze collettive. Se questo non accade, la società umana regredisce. Tutti quelli che non la pensano come me, è uno stupido, non capisce niente. Quando invece la società cresce proprio perché le opinioni diverse sono una risorsa senza fine. Le opinioni degli altri ti permettono di mettere nei tuoi ragionamenti anche i ragionamenti degli altri. E' quello che oggi sta accadendo. Non da oggi. Da troppo tempo. Ma questo non è dovuto dalle persone che non hanno la possibilità di avere tutte le informazioni. Questo è dovuto come sempre è stato nella storia dell'umanità dai potenti. Quando ci sono trasformazioni, chi ha il potere fa di tutto per mantenerlo, anche arrivando a fare delle crudeltà enormi come può essere una guerra fratricida. Ma se vogliamo incominciare a discutere seriamente delle crisi, dobbiamo partire da una questione fondamentale: il lavoro (che nella costituzione è rappresentato dall'articolo 1). I lavoratori, tutti, dipendenti, a tutti i livelli, operai, impiegati, quadri, dirigenti, quelli di più alto livello fino ad arrivare all'amministratore delegato, i lavoratori autonomi, sono tutti lavoratori e quello che loro producono in termini di beni e servizi vengono venduti. Ma a chi? Quei beni e servizi vengono venduti ai consumatori, i quali, guarda caso sono gli stessi lavoratori. E allora c'è qualcosa che non torna nelle analisi che ancora oggi si fa a livello mondiale. Se i lavoratori (tutti) sono anche consumatori (tutti) come è possibile che questi lavoratori non riescono a consumare quello che producono?
Sandro Caddeo, 29-03-2015 12:29

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