Kazakistan: alle origini del gas 'italiano'

La prima tappa del nostro viaggio con 'Padroni a casa nostra' ci porta in Kazakistan, dove la Eni, compagnia di Stato italiana, nel cuore della steppa estrae enormi quantità di gas. Un’attività molto redditizia per la 'nostra' società, ma non per gli abitanti della zona. Tra questi sono aumentate notevolmente gravi malattie e mutazioni genetiche.

Kazakistan: alle origini del gas 'italiano'
Eni, compagnia di Stato italiana controllata dal ministero dell’Economia con la Cassa Depositi e Prestiti, sfrutta le risorse gasifere del giacimento Karachaganak, 280 km quadrati sotto i quali si trovano oltre un miliardo di tonnellate di petrolio e, soprattutto, 1,35 trilioni di metri cubi di gas. Un mare sotterraneo di combustibili fossili, destinati all’Europa e all’Italia, che quando estratti causano effetti devastanti sulla salute della popolazione locale. A rivelarlo per la prima volta ai suoi azionisti di maggioranza, i cittadini italiani, è stata una recente inchiesta del Fatto Quotidiano. In quanto parte integrante del consorzio Kpo BV (Paesi Bassi), di cui fanno parte anche British Gas (UK), Chevron (USA) e Lukoil (Russia), Eni estrae gas dal Karachagank che, dopo essere stato raffinato, arriva fino in Italia. Il problema riguarda il fatto che, allo stato originario, questo gas contiene molte sostanze tossiche e pericolose, causa di disturbi (anche letali) e di mutazioni genetiche fra gli abitanti della zona, e in particolare del villaggio di Berezovka. Ormai noto come 'il villaggio dei veleni', in esso vivono 1.500 persone che, nel pieno della steppa kazaka ed in uno dei luoghi più ricchi di risorse naturali al mondo, non solo si trovano in condizioni di miseria, ma soffrono in moltissimi casi di tubercolosi, tumori, infarti, calcoli ai reni, malattie cardiovascolari, bronchiti croniche, irritazioni cutanee ed allergie agli occhi. E mutazioni genetiche, appunto, che colpiscono sia esseri umani che animali: capre senza naso e senza orecchie, o dalle gambe talmente lunghe da non potere camminare; bambini di un anno di età che ne dimostrano quattro, bebè che imparano a parlare o che hanno gli organi genitali in fase di sviluppo a pochi mesi dalla nascita. Patologie praticamente assenti fino a trent’anni fa, ossia prima dell’inizio dell’estrazione gasifera e petrolifiera, ma che oggi sembrerebbero causate proprio dalle altissime percentuali di mercaptani e di acido solfidrico presenti in atmosfera: sostanze chimiche estremamente tossiche che si trovano negli idrocarburi e le quali, se respirate quotidianamente, possono causare malattie come quelle sopra elencate, ossia le più comuni fra gli abitanti del villaggio. L’attività estrattiva nella zona di Berezovka ha avuto inizio in particolare nel 1997, quando a pochi anni dallo scioglimento dell’Urrs, il presidente kazaco Nursultan Nazarbaiev, tuttora in carica, diede il via alle privatizzazioni nel settore energetico. Con il Product Sharing Agreement il giacimento Karachagank fu venduto appunto al Kpo BV, del quale la Eni, assieme a British Gas, detiene le quote di maggioranza (il 32,5% a testa). Un contratto particolare, quello del governo con il consorzio, che permette alle società che estraggono il gas di incassare gli utili, mentre lo Stato kazako si fa carico dei costi dell’estrazione, prendendo poi una percentuale su ogni metro cubo di gas estratto. Secondo il dottor Burekeshevic, l’unico medico operante a Berezovka: "a causa delle sostanze contenute nell’acqua, quest’anno 46 persone sono state operate di appendicite". "So che la maggior parte delle persone adulte ha problemi cardiovascolari, che i bambini soffrono di bronchiti croniche, di forti allergie cutanee, che molte donne sono morte per tumori al seno e alle ovaie e che c’è un alto tasso di persone colpite da adenomi - continua il dottore - e credo che tutte queste malattie siano causate dallo sfruttamento del gas di Karachaganak, visto che fino a prima dell’inizio dell’estrazione solo poche persone avevano patologie di questo tipo". Tesi supportata da una èquipe medica dell’Università di Almaty, che nel 2008 ha visitato tutti gli abitanti di Berezovka e tutti quelli di Aleksandrovka, un villaggio delle stesse dimensioni a 50 km di distanza nel quale, secondo i risultati di questa ricerca, le patologie così diffuse a Berezovka si riscontrano in minima parte. Un altro problema tra gli abitanti di questo villaggio sembrerebbe la perdita di memoria a breve termine, un disturbo diffuso soprattutto fra i bambini, i quali, secondo alcuni insegnanti, spesso non riescono a memorizzare ciò che studiano. La causa potrebbe essere l’alta concentrazione di xylene, sostanza chimica nociva di cui si sono trovate quantità fino a 14 volte maggiori rispetto a quanto previsto dalle norme locali. Ma lo sfruttamento non si limita alle risorse naturali, ed i problemi causati dalla presenza dell’industria estrattiva non riguardano solo gli effetti sull’ambiente e sulla salute delle persone. Il consorzio guidato dall’Eni (società, lo ricordiamo, di cui gli italiani sono i maggiori azionisti) è stato accusato dal governo Kazaco di aver aumentato i costi di estrazione di 1,25 miliardi di dollari nell’arco di pochi anni, di aver estratto illegalmente gas e petrolio per 708 milioni di dollari, di aver evaso più volte le tasse e di aver utilizzato permessi di lavoro irregolari. Ricapitolando: sfruttamento delle risorse e conseguente inquinamento con effetti enormi sulla popolazione locale, evasione fiscale e sfruttamento di lavoro irregolare. Una bella serie di azioni se si pensa che vengono compiute in un altro Paese. Chissà se quei pochi italiani che verranno a conoscenza di questi fatti si sentiranno lo stesso padroni a casa loro quando, nelle fredde giornate invernali che ci aspettano, pensando a ciò che comporta l’estrazione di gran parte del gas che arriva alle loro caldaie decideranno di abbassare di un grado il termostato.

Commenti

Interessante e dettagliato resoconto che varrebbe la pena di segnalare a chi cura la rassegna stampa eni interna al gruppo. Perchè tali notizie siano messe a disposizione anche dei dipendenti, troppo spesso convinti della presunta "sostenibilità" delle iniziative industriali di Eni da una ossessiva campagna di comunicazione interna.
alberto, 28-12-2010 12:28
Articolo di straordinario interesse e rigore documentario. Tra l'altro mi reco spesso in quell'area ed essendo un appassionato studioso di scienze storico-antropologiche, ho già avuto modo di parlarne con alcuni tra i pochi kazaki informati dei fatti e che mi hanno reso partecipe di questa vergognosa relatà. Complimenti anche per la rubrica e per lo spirito che la anima già dal titolo e che mi piacerebbe illustrare a questa masnada di imbecilli padani che sventolano lo slogan "padroni a casa nostra" come un vessillo, essendo inoltre quest'entità geografica, l'avanguardia italiana di questa cultura capitalistica sempre più spietata. Putroppo però, sentendosi padroni e piccoli principi in casa propria, circondati di padana inciviltà(e chiedo scusa ai tanti padani che non rispecchiano questo clichè, ma purtroppo non sono la maggior parte)credo che servirebbe a ben poco
vincenzo, 19-01-2011 11:19
non credete a tutto, io sono a aktau e non trattiamo assolutamente male la popolazione nel nostro field. Cordiali saluti KOIL.
koil, 05-03-2012 10:05

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