Marcela Iacub. Confessioni di una mangiatrice di carne

Abituata sin da piccola a mangiare carne senza provare nessun senso di colpa, Marcela Iacub matura ad un certo punto della sua vita una conversione interiore che la porta a guardare negli occhi la sofferenza patita dagli esseri di cui si nutriva. Confessioni di una mangiatrice di carne è la storia di una passione finita, di un inganno svelato e, infine, di un totale rifiuto.

Marcela Iacub. Confessioni di una mangiatrice di carne
“Ho passato quasi tutta la vita a mangiare carne. Sonno escluso, nessun’altra attività mi ha preso tanto tempo. Succulenti barbecue argentini, würstel tedeschi, pollastre francesi, spiedini giapponesi, hamón spagnolo tagliato a fette sottili. Adoravo inghiottire animali preparati secondo tutte le modalità delle culture umane. […] Adoravo succhiare la testa, gli occhi delle orate, così come attardarmi sul fegato, la carne e i muscoli che restavano attaccati alle ossa delle bestie terrestri”. Ecco la confessione di Marcela Iacub nel suo Confessioni di una mangiatrice di carne (Medusa Ed.), una confessione che sa più di un passaggio liminoide previsto da tempo, come se la scrittrice argentina sapesse già che prima o poi sarebbe arrivato per lei il momento di dover guardare in faccia la realtà, di dover guardare negli occhi gli esseri di cui si nutriva, di dover fare i conti con il suo piatto, ed era cosciente del fatto che quel momento avrebbe cambiato la sua vita. Due eventi la portano a tu per tu con le sue vittime, placando questa sua ossessione per la carne. Il primo è il caso giudiziario di un pastore francese, Gerard X, ed il suo rapporto d'amore con il suo pony Junior, che gli viene tolto dal tribunale francese per 'violenza' e porta l'uomo a scontare un anno di galera oltre che a pagare una consistente multa. Questo fatto sconvolge la scrittrice, poiché ai suoi occhi appare illogico e irrazionale che un 'innocuo' atto sessuale venga punito così duramente, mentre invece l'uccisione e il nutrirsi del corpo di un animale è considerato naturale oltre che legale. È così che si esprime la Iacub “da quando l’evento tragico è avvenuto, da quando questo caso l’ha fatto precipitare, la questione della carne, la questione di mangiare carne, di tutta la carne che ho mangiato, costituisce l’oggetto di tutte le mie preoccupazioni, delle mie letture e delle mie conversazioni”. Il secondo evento che sensibilizza una volta per tutte la scrittrice è la lettura di Plutarco: “Plutarco ci mostra che è sufficiente esaminare le cose come sono veramente, per comprendere che la carne, che il concetto di carne è in sé una falsificazione, una menzogna, un inganno, che la carne non esiste. Che è sufficiente attaccarvi la parola ancora perché questo inganno sia smascherato, perché si trasformi non solo in cadavere, ma soprattutto, innanzitutto in assassinio. 'Carne', è il nome che viene dato agli animali che avete ucciso, alle vostre vittime”. Attraverso questo testo originale, sottile ed intelligente, l'autrice rivive il suo rapporto con la carne e quindi con gli altri animali, passando in rassegna le sue esperienze passate, gli insegnamenti della nonna e della madre sulla necessità del mangiar carne quasi come il gesto fosse un 'atto rivoluzionario', una sorta di 'umanesimo carnivoro' come ella lo definisce. Interrogandosi dunque sul perché si nutriva di carne, Marcela Iacub accompagna il lettore attraverso le grandi questioni che riguardano questo lussurioso alimento nelle varie culture: l'uccisione degli animali, il loro sfruttamento, le contraddizioni di coloro che amano certe specie animali mentre ne massacrano altre, le relazioni eterotopiche con certi individui di altre specie, e non solo. La sapiente scrittrice tocca anche i tabù della 'cultura della carne' come il cannibalismo ad esempio, dando sovente prospettive inedite al lettore che vede così il rapporto tra uomo e altri animali con occhi assolutamente nuovi. Ricco di spunti di riflessione, Confessioni di una mangiatrice di carne è un libro che non può non cambiare il nostro modo di vedere il mondo e di percepire questo 'esotico' legame che vi è tra uomo e altri animali.

Commenti

Peccato che un convinto mangiatore di carne questo libro non lo leggerà mai. Stesso discorso vale per chi questo percorso lo ha già fatto. Non vedo nessuna particolare ragione per cui questo libro debba essere degno di nota
Ferdy, 15-02-2012 12:15
E' degno di nota se conosci il personaggio. Marcela Iacub in Francia e' un mito, una donna rivoluzionaria, "seguace" di Michel Foucault lotta contro le ingiustizie sociali, le discrminazioni, e adesso e' diventata anche animalista.
veganforever, 15-02-2012 02:15
Chi l'ha detto che i pomodori, l'insalata, i fagioli... non soffrono ad essere "macellati"??? Solo perché non hanno gli occhioni lucidi lucidi??? Marcela Iacub è un serial killer di vegetali.
JD, 15-02-2012 02:15
Bellissimo articolo, però la prossima volta usate parole meno difficili, come per esempio: Che vuol dire liminoidale? Che vuol dire Eterotopico? Se state scrivendo per farvi leggere da tutti, per favore evitate di usare parole non comprensibili alla maggior parte delle persone. Se poi scrivete solo per voi stessi, allora potete usare tutti i termini più incomprensibili che volete, Tanto lo leggerete solo voi. Se scrivete per tutti, usate un linguaggio meno difficile, altrimenti la gente non capisce cosa volete dire. Grazie.
Andrea, 15-02-2012 02:15
Fersy, e' degno di nota perche' l'ha scritto Marcela Iacub ... ;-))
capitanvegan, 15-02-2012 03:15
@ Andrea - Il termine liminoide (coniato dall'antropologo Victor Turner) e' usato nelle scienze umane per descrivere quei rituali umani che portano le persone a mutare in qualcos'altro. Viene dal latino "limen" e significa "soglia" - indica un passaggio di soglia attraverso cui un soggetto muta in qualcos'altro, come il matrimonio ad esempio, o un avanzamento di grado a lavoro, etc. - e' un mutamento simbolico ovviamente. Basta fare una piccola ricerca in rete e si trova. Nell'articolo descrive appunto un passaggio di status che la scrittrice sapeva gia' avrebbe fatto, nel senso che mangiava carne ma si interrogava gia' da tempo su questa sua abitudine, e sapeva che prima o poi avrebbe passato quella soglia e qualcosa sarebbe cambiato. Spero di essermi chiarito. Il termine Eterotopia (preso da wikipedia) è un termine coniato dal filosofo francese Michel Foucault per indicare «quegli spazi che hanno la particolare caratteristica di essere connessi a tutti gli altri spazi, ma in modo tale da sospendere, neutralizzare o invertire l'insieme dei rapporti che essi stessi designano, riflettono o rispecchiano». Eterotopico è, per esempio, lo specchio, in cui ci vediamo dove non siamo, in uno spazio irreale che si apre virtualmente dietro la superficie ma che, al contempo, è un posto assolutamente reale, connesso a tutto lo spazio che lo circonda. Un altro esempio di eterotopo è il cimitero, unione/separazione simbolica della città dei vivi e dei morti, «l'altra città in cui ogni famiglia possiede la sua nera dimora». Come sono eterotopie teatri, cinema, treni, giardini, collegi, camere d'albergo, manicomi, prigioni... Forgiato sul modello del concetto di utopia, e come il suo simmetrico inverso, il concetto di eterotopia designa luoghi aperti su altri luoghi, luoghi la cui funzione è di far comunicare tra loro degli spazi. Laddove però le utopie designano ambienti privi di localizzazione effettiva, le eterotopie sono luoghi reali. Già ne Le parole e le cose. Un'archeologia delle scienze umane (1963) Foucault contrapponeva utopie ed eterotopie, scrivendo: « Le utopie consolano; se infatti non hanno luogo reale si schiudono tuttavia in uno spazio meraviglioso e liscio; aprono città dai vasti viali, giardini ben piantati, paesi facili anche se il loro accesso è chimerico. Le eterotopie inquietano, senz'altro perché minano segretamente il linguaggio, perché vietano di nominare questo e quello, perché spezzano e aggrovigliano i luoghi comuni, perché devastano anzi tempo la «sintassi» e non soltanto quella che costruisce le frasi, ma quella meno manifesta che fa «tenere insieme»...le parole e le cose. È per questo che le utopie consentono le favole e i discorsi: si collocano nel rettifilo del linguaggio, nella dimensione fondamentale della fabula; le eterotopie (come quelle che troviamo tanto frequentemente in Borges) inaridiscono il discorso, bloccano le parole su se stesse, contestano, fin dalla sua radice, ogni possibilità di grammatica, dipanano i miti e rendono sterile il lirismo delle frasi ». L'autrice chiama "eterotopico" il rapporto tra uomo e animale domestico proprio perche' questa relazione - in un mondo umano - rispecchia perfettamente il concetto di eterotopia coniato da foucault. L'uomo che vive un rapporto eterotopico col proprio animale crea un mondo a se' e ci si chiude con il suo amico quadrupede o pennuto etc. con cui vive in una dimensione (e relazione) aliena, estranea a quella "ordinaria" del mondo umano. Eppure entrambi (l'uomo e l'animale che vivono insieme) sono contemporaneamente un continuum, mostrano l'inseparabilita' dell'uomo dalla natura, dagli animali (come il manicomio, che seppur e' separato dal mondo "ordinario", mostra contemporaneamente la follia umana), il rapporto inscindibile tra uomo e natura. Un ulteriore esempio di questa eterotopia puo' essere il fatto che alle persone con gli animali non e' permesso di entrare in certi luoghi pubblici (in altre societa' cosa normalissima), cosi' il "possedere" un animale diventa eterotopico, un fatto straordinario e non ordinario, un legame extra-specie tra due individui separato dal mondo "reale", seppur - come per la follia umana - l'eterotopia e' in realta' una artificiosita' umana che recinta cio' che - in un dato tempo e spazio - percepisce (o vuole percepire) come "diverso", alieno: e' impensabile che l'uomo possa di fatto staccarsi dalla natura, quindi questi rapporti tra uomo e animale vengono regolati attraverso appositi recinti o pratiche (come il guinzaglio) diventando eterotopici. Eterotopico e' anche il macello che tiene lontano dalla vista la realta' seppur connessa a questa, e in un certo senso la carne il continuum, il legame che ci unisce a questi luoghi. Spero di averti chiarito le idee su questo punto. a.r.
capitanvegan, 15-02-2012 04:15
Ok, adesso è chiaro grazie. Ma se tu provassi a chiedere alle persone il significato di queste 2 parole, non sorprenderti se la maggior parte non conosce il significato. Se posso dare un consiglio all'autore dell'articolo, la prossima volta che scrive qualcosa è meglio se usa termini meno ricercati e più comuni, se vuole far comprendere meglio e a tutti il suo pensiero. In fondo il suo scopo è farsi leggere e farsi capire no? :) Grazie.
Andrea, 16-02-2012 02:16
Mi sembra stupendo il fatto che possa imparare nuovi termini e nuove parole per esprimere un concetto. Dietro tutto ciò c'è una ricerca da non sottovalutare ed apprezzo tantissimo questo articolo. Mi sembra semplicissimo consultare un dizionario online ed andarsi ad informare sui termini che non si conoscono. Abbiamo bisogno di scrittori e giornalisti colti che ci stimolino i 4 neuroni che ci rimangono e ci invoglino a documentarci su qualsiasi cosa. Bellissimo articolo Grazie
Giovanni, 17-02-2012 05:17
Molto interessante, comprerò il libro :)
Fausto, 17-02-2012 05:17
Senti sig. Jd prima di sparare fesserie ragiona... Ovviamente quando sbucci una patata o un pomodoro lo senti urlare disperato come quando viene sgozzato un maiale? Le piante non hanno lo sistema nervoso degli animali e degli uomini, non sono affatto paragonabili a livello di sentimenti ai mammiferi. La classica frase degli onnivori che hanno la coscienza sporca e' appunto Eh ma anche le piante sono vite e provano sentimenti. Sono tutte scuse për giustificare che mangiate esseri senzienti stop
vegan, 20-02-2012 01:20
il problema di questo libro è che lo leggeranno solo coloro che la carne non la mangiano... per gli altri vale la filosofia del consumo irresponsabile, il "non vedo, non so e non voglio sapere"...
Claudio Monari, 09-03-2012 11:09
Caro sig. JD, il suo commento e' completamente disinformato e rappresenta un patetico tentativo di trovare un alibi per quello che lei commette. Non solo, come hanno risposto altri, le painte non hanno un sistema cognitivo come gli animali. Ma i vegani ammazzano meno vegetali di un onnivoro, e sa perche'? Perche' il 65% delle coltivazioni al mondo viene utilizzata per le industrie della carne. Quindi voi onnivori non solo "ammazzate" i vegetali ma li ammazzate due volte in quanto gli animali che mangiate a loro volta hanno "ammazzato" un vegetale. I vegani consumano meno vegetali di un onnivoro. Si informi
gianfranco, 28-03-2012 08:28
Sto cercando di seguire questa via, ma sono all'inizio, rinunciare a certi alimenti mi risulta ancora difficile, non tanto la carne che sto eliminando abbastanza rapidamente, ma più che altro formaggi e affettati... A proposito, all'autore dico: non limitare la tua ricchezza di vocabolario o la tua proprietà di linguaggio solo per "essere più comprensibile", la gente è comunque pigra, e c'è più probabilità di educare utilizzando un termine edotto che non uniformarsi al parlato comune.
Veronica, 02-12-2012 10:02
Il veganesimo di per se un movimento nobile può facilmente diventare un estremismo, o essere inteso e vissuto come tale. Ogni estremismo porta il germe della discriminazione e già leggendo alcuni commenti questo si intravede più che bene. I termini usati nei commenti sottostanti come per esempio "la gente", "voi onnivori" ed eccetera a cosi vi fanno pensare? A me fanno pensare che si stia dividendo i cittadini in delle classi dettate dai costumi alimentari, ed è evidente (anche da alcuni commenti) che i vegani che vivono la loro filosofia con estremismo si ritengano in qualche modo "diversi" dagli altri, più evoluti o civilizzati...da diversi a inferiori il passo è breve e spero che ancora nessuno l'abbia fatto. Detto questo credo che già ad oggi ci sia abbastanza discriminazione fatta per ben altri motivi, non aggiungetene altra per i costumi alimentari, che poi sono liberi per ogni persona
Dix, 13-01-2013 07:13

Lascia un commento


Per lasciare un commento, registrati o effettua il login.