Consumi alimentari, è tempo di scegliere nuovi stili

La recessione economica sta mettendo in crisi le attuali abitudini di consumo. Si profila quindi una scelta fra due opzioni: discount e cibo low cost oppure prodotti locali, stagionali, acquistati direttamente dai produttori. Questi ultimi spesso hanno prezzi più alti del cibo spazzatura, ma ci fanno risparmiare in termini di spese sanitarie.

Consumi alimentari, è tempo di scegliere nuovi stili
Gli ultimi dati forniti dall’Istat in merito ai consumi alimentari mettono in luce grandi mutamenti nelle abitudini degli italiani. Secondo un rapporto elaborato da Coldiretti, la loro flessione media è pari all’1,5% circa. L’organizzazione degli imprenditori agricoli ha fornito un quadro molto dettagliato, analizzando voce per voce la spesa degli italiani e interpretando i risultati ottenuti. Una prima, significativa conclusione riguarda le categorie merceologiche finite sotto la forbice: dessert (-10%), bibite (-7%), caramelle (-6%), liquori (-3%) sono i prodotti a cui hanno cominciato a rinunciare sistematicamente i consumatori. Fra essi figura anche la carne, che ha subito un calo del 6% che, per quanto sia probabilmente da ricondurre a motivazioni di ridotta disponibilità economica, costituisce comunque un importante passo in direzione di una maggiore sostenibilità alimentare. Farina (+8%), olio (+7%), uova (+6%), pane (+3%) e pasta (+3%) sono invece alcuni dei prodotti il cui consumo è aumentato in questa prima metà del 2012. L’analisi dei dati ha portato Coldiretti a un’altra interessante conclusione, assolutamente condivisibile: la tipologia degli alimenti in ascesa e le abitudini stesse degli italiani fanno pensare che stia prendendo sempre più piede l’autoproduzione e che le famiglie preferiscano – com’è facile ipotizzare, sempre per motivi economici – preparare in casa prodotti semilavorati come torte, pizza, condimenti, yogurt e tanti altri, piuttosto che acquistarli già pronti e confezionati. Un altro rimarchevole dato emerso dall’indagine Coldiretti/Swg è quello relativo all’abitudine, in forte crescita, di comperare prodotti sfusi: il 30% degli italiani risparmia sull’imballaggio e acquista prodotti alimentari sfusi in misura superiore al passato. Per quanto riguarda il dato prettamente economico, come si evince dai dati forniti dall’Istat, il valore monetario della spesa delle famiglie italiane rimane sostanzialmente stabile e non evidenzia grossi cali fra il 2010 e il 2011. Anzi, per quanto riguarda le spesa di generi alimentari si nota un piccolo aumento (+2,2% in termini nominali). Questa informazione va però integrata con quella relativa all’aumento dei prezzi dei generi alimentari che, secondo l’Osservatorio Prezzi prodotti di Adiconsum, nei primi sei mesi dell’anno in corso è stato pari al 4,64%. La situazione economica del settore continua quindi a essere abbastanza preoccupante. Lo sottolinea anche Federalimentare, che ricordando che la produzione alimentare ha subito un calo del 2,4% nei primi quattro mesi del 2012, invita il Governo cambiare rotta in merito all’ipotesi della food tax, che andrebbe a colpire il cosiddetto 'cibo spazzatura', e soprattutto al nuovo aumento dell’Iva previsto per il mese di ottobre. Quest’ultima misura, secondo le stime di Coldiretti, rischia di incidere per più di un miliardo di euro sul budget complessivo destinato alla spesa alimentare. E per quanto riguarda gli operatori del settore? La crisi ha colpito in maniera trasversale tutti i livelli del commercio, infierendo però in maniera particolare sulle attività tradizionali e sui piccoli negozi e meno sulla grande distribuzione. Purtroppo, le scelte di consumo alternative degli italiani per fronteggiare la contrazione della disponibilità economica, prendono due direzioni diametralmente opposte: da un lato, ci si orienta verso l’autoproduzione, l’acquisto diretto presso i produttori di alimenti locali e di stagione – questa voce ha fatto segnare un aumento del 23% nel primo semestre del 2012 –, la predilezione per prodotti sfusi e alla spina; dall’altro lato, però, molti conseguono il necessario abbattimento dei costi rivolgendosi ai distributori di prodotti di basso prezzo e scarsa qualità: nel 2011, i discount hanno incrementato le vendite del 2,9% e il 25% dei consumatori italiani ha dichiarato di aver aumentato la frequentazione di questi centri, mentre il 38% ha contestualmente ridotto gli acquisti presso i negozi alimentari tradizionali, le cui vendite sono calate dell’1,9%. Innegabilmente la crisi economica ha innescato un radicale processo di cambiamento delle nostre abitudini alimentari. L’ultima notizia riportata, nella sua contraddittorietà, rappresenta perfettamente le due opzioni fra cui possiamo scegliere: la prima è un’alimentazione qualitativamente migliore e fondata sulla sostenibilità ambientale e sulla valorizzazione dei circuiti produttivi e distributivi locali. La seconda è uno stile di consumo degradato, in cui al contenimento della spesa corrisponde una netta riduzione della qualità – ma abbiamo messo in conto i costi occulti, per esempio quelli delle prestazioni sanitarie rese necessarie da un’alimentazione malsana? – e il finanziamento di realtà commerciali molto spesso estranee al territorio, al cui proliferare corrisponde la definitiva scomparsa dell’agro-alimentare italiano.

Commenti

Per fare la spesa locale di prodotti bio e molto di piu'...date un occhio a www.food-republic.it
Fabio BKK, 10-07-2012 04:10

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