La follia del petrolio: a rischio il patrimonio paesaggistico italiano

Il Governo approva le nuove trivellazioni a largo delle Isole Tremiti ed un aumento dell'estrazione di 25mila barili al giorno in Basilicata. La crisi libica e l'impennata del costo del petrolio sembrano aver messo fretta ai produttori. A farne le spese è un Mediterraneo sempre più a rischio di catastrofi ambientali.

La follia del petrolio: a rischio il patrimonio paesaggistico italiano
Come tossicomani in cerca di un'ultima dose, le grandi società che estraggono il petrolio e gli altri combustibili fossili hanno intensificato le trivellazioni sui fondali marini infischiandosene di leggi, trattati internazionali e norme a tutela dell'ambiente. In Italia si è deciso di concentrarsi sulla zona a largo delle Isole Tremiti, uno dei gioielli del patrimonio paesaggistico senza eguali del nostro paese. Uno dei centri turistici più importanti della Puglia, le isole Tremiti (o Diomedee) sono ricche di storia, di cultura, di leggende, oltre che di una natura rigogliosa e un'acqua cristallina popolata da una variegata fauna marina. Vuole la leggenda che a crearle fu Diomede stesso, lanciando in mare tre giganteschi massi portati con se da Troia. Ciononostante il governo, nelle persone dei due ministri Prestigiacomo e Galan, ha autorizzato senza porsi troppi problemi le trivellazioni da parte della Petrocelic Elsa, multinazionale irlandese convinta che ci sia del petrolio in quelle zone. Le ricerche saranno svolte con una tecnica di prospezione detta “air gun”, che consiste nella generazione di onde sonore e potrebbe creare gravi problemi alla fauna marina. Ma le Tremiti non sono le uniche a rischiare il proprio patrimonio a causa dell'oro nero. In Basilicata l'Eni ed il Governo hanno proposto di aumentare di 25mila barili al giorno l'estrazione di petrolio. La crisi libica e l'innalzamento del prezzo del greggio sembra aver messo un'improvvisa fretta ai produttori. E neppure si può dire che il petrolio sia l'unico spauracchio che spaventa il Mediterraneo. Il Wwf ha lanciato l'allarme circa le scoperte di enormi giacimenti di gas e altri idrocarburi sui fondali profondi del Mediterraneo, al largo di Israele e al largo del delta del Nilo, che hanno dato il via ad una spasmodica ricerca che rischia di arrecare gravi danni ai fondali ed alla biodiversità marina che li caratterizza, protetti in base a convenzioni internazionali. La cosa paradossale è che, secondo una stima di Legambiente, l'estrazione di petrolio nostrano sarebbe sufficiente a tagliare le importazioni per soli 20 mesi. Rischiamo di compromettere un paesaggio, un ecosistema, una biodiversità formatisi in migliaia di anni per coprire 20 mesi di importazione petroliera. Ma d'altronde si sa, i petrolio-dipendenti non sono in grado di guardare al futuro, cercano solo un'ultima dose.

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