Legambiente: "Basta con le cave, più riciclo degli inerti edili"

In Italia si continua ad estrarre dalle cave e il riciclo degli inerti edili è fermo al 10 per cento, contro le percentuali di molti paesi europei che sfiorano il 90 per cento. A detta di Legambiente, che ha curato il Rapporto Cave 2011, la soluzione sta nell'aumentare il canone di concessione delle cave, che in Italia è bassissimo ed in alcuni casi persino inesistente.

Legambiente:
In Italia si continua a scavare. Ogni anno vengono estratte milioni e milioni di tonnellate di materie prime dalle 5.736 mila cave attive nel nostro paese. Nel solo 2010 sono stati 90 milioni i metri cubi estratti, di cui circa la metà (43 milioni di metri cubi) in Lombardia, Lazio e Piemonte. E pensare che tutto questo si potrebbe evitare: se in Italia il riciclo degli inerti è fermo al 10 per cento, in Germania si arriva all’86,3 per cento, in Olanda al 90, in Belgio all’87, mentre la Francia in 10 anni è passata dal 15 al 62,3 per cento. Sono i dati esposti da Legambiente nel Rapporto Cave 2011, presentato a Rimini con l'obiettivo di spingere verso un nuovo ciclo dell'attività estrattiva: quello del riciclo degli inerti appunto. “L’innovazione è fondamentale – ha dichiarato Edoardo Zanchini, responsabile Urbanistica di Legambiente e uno dei curatori del rapporto – a maggior ragione quando può avvenire in modo sostenibile come in questo settore dove il recupero degli inerti provenienti dalle demolizioni in edilizia può sostituire quelli di cava, come sta avvenendo in molti Paesi europei e che consente di avere molti più occupati e di risparmiare il paesaggio”. I vantaggi sarebbero molteplici, come accennato da Zanchini. Alla salvaguardia del territorio ed al risparmio delle sue risorse esauribili si aggiungono considerazioni più prettamente economiche ed occupazionali. Infatti, se per una cava da 100mila metri cubi l’anno gli addetti in media sono 9, per un impianto di riciclaggio di inerti della stessa dimensione gli occupati sono più di 12. Ma se in Italia si continua ad estrarre dalle cave il motivo, è a detta di Legambiente, che nel nostro paese si paga pochissimo (in alcune zone addirittura niente) per cavare. Se l'Italia si adeguasse ai canoni di concessione europei, e alzasse la tassazione sul deposito in discarica degli inerti, probabilmente tutto il settore reagirebbe di conseguenza. “Perché a livello nazionale e nelle Regioni non si guarda a questo settore per recuperare risorse invece di toglierle alle fonti rinnovabili o agli Enti Locali?”, si chiede Zanchini. “Copiando semplicemente dall’Inghilterra si potrebbero recuperare, ogni anno, quasi 300 milioni di Euro da un’attività che ha un impatto enorme sul paesaggio italiano”. Basta dare un'occhiata al resto d'Europa per vedere che il modello funziona. In Danimarca dove da oltre 20 anni ci si è posti il problema della riduzione delle estrazioni da cava ed oggi si ha un riciclo del 90 per cento degli inerti edili, si pagano 50 euro a tonnellata per il conferimento in discarica degli inerti, 5 volte quanto si paga in media in Italia. Nel Regno Unito il canone di concessione delle cave è pari a più di 6 volte quello richiesto in media in Italia. Legambiente chiede quindi di adeguare, in tutte le regioni, il canone al prezzo medio che si paga oggi nel Regno Unito per l’attività di cava, ossia il 20 per cento. In questo modo, si legge nel rapporto, si potrebbero ottenere risorse pari a quasi 268milioni di Euro solo dall'estrazione di sabbia e ghiaia, rispetto agli attuali 36 milioni di Euro. “Dopo 85 anni serve finalmente una riforma del settore che ripristini regole, controlli e sanzioni - ha concluso Zanchini – e che adegui i vergognosi canoni, visto l’impatto che le cave hanno sui territori. Un ritorno alla legalità che vale in particolare nelle Regioni del Mezzogiorno dove l’attività di cava è assurdamente gratuita e dove il peso delle Ecomafie nell’intero ciclo del cemento è decisamente inquietante”.

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