'Rete adriatica', il gasdotto della discordia: 687 km sul crinale appenninico

Crescono le proteste per la costruzione del gasdotto che consentirà di far arrivare gas da Libia e Algeria fino al nord Italia. 687 chilometri da Massafra a Minerbio, lungo il crinale appenninico, passerebbero per zone ad elevato rischio sismico ed importanti aree naturalistiche tra cui tre parchi nazionali. Il progetto, per ora, ha solo autorizzazioni parziali, in alcuni casi scadute, e manca una valutazione ambientale strategica.

'Rete adriatica', il gasdotto della discordia: 687 km sul crinale appenninico
Da Massafra (Taranto) fino a Minerbio (Bologna), il tubo che porterà il gas dalla Libia e dall'Algeria nel nord dell'Italia, e forse successivamente anche in altri Paesi europei, percorrerà ben 687 chilometri sul crinale dell'Appennino, una zona – ancora per poco – intatta. Meglio noto come 'Rete Adriatica', il progetto iniziale prevedeva il passaggio di questo gasdotto lungo la costa adriatica, sull'esempio di quello costruito lungo la sponda tirrenica, poi a seguito di 'insuperabili criticità' riscontrate dalla Snam Rete Gas Spa – la società ideatrice del progetto insieme alla British Gas già dal 2005 – si è deciso di deviare il tubo sul crinale appenninico. L'impianto, dunque, dovrebbe attraversare anche la parte interna dell'Abruzzo nel territorio dell'Aquila, come fa notare l'assessore comunale all'Ambiente, Alfredo Moroni: "paradossalmente si è scelto di far passare questo autentico scempio ambientale a ridosso dell'Appennino, e in particolare nella nostra zona, dove il rischio sismico è elevatissimo, come dimostrato dal terremoto dello scorso anno. Il tracciato del metanodotto, infatti, corre in parallelo e talvolta interseca le faglie attive della nostra area. Senza considerare i gravi problemi che si verificheranno sotto l'aspetto idrogeologico, sul patrimonio storico ed archeologico e sulla tutela dell'ambiente". Un intervento a cui "Comune dell'Aquila e altri enti interessati continueranno a opporsi con ogni mezzo, come hanno già fatto i Comuni di Gubbio e Città di Castello e la Provincia di Pesaro" continua Moroni. "Noi abbiamo saputo di questo gasdotto – raccontano Stefano Luchetti e Aldo e Ferruccio Cucchiarini, dei comitati No Tubo di Città di Castello e Apecchio – leggendo un avviso sull'albo pretorio dei nostri Comuni. […] Subito non ci siamo preoccupati. In fin dei conti un tubo che passa sotto terra, che male farà? Poi ci siamo informati". Il tubo in questione ha un diametro di 1,2 metri e deve essere inserito in una trincea di cinque metri sotto terra. Sono necessari altri quaranta metri di territorio, venti per parte, per l'impianto in generale, senza considerare le strade utili al passaggio di ruspe e scavatori per i lavori di sbancamento e installazione del tubo. Per tutte queste ragioni si è fatto ricorso alla Commissione europea: il gasdotto ha solo autorizzazioni parziali, in alcuni casi scadute, ma manca una valutazione ambientale strategica che verifichi il rispetto delle direttive comunitarie in materia di valutazione e impatto ambientale e salvaguardia degli habitat naturali. Tra i chilometri attraversati dal tubo, infatti, si toccano i parchi nazionali della Maiella, dei monti Sibillini e del Gran Sasso, il parco regionale del Velino-Silente, 21 siti d'interesse comunitari e zone a protezione speciale.

Lascia un commento


Per lasciare un commento, registrati o effettua il login.