Condividiamo con i nostri lettori, per fornire loro uno spunto interessante di riflessione, questo intervento del dottor Luigi Montano, coordinatore del Progetto EcoFoodFertility e membro del Comitato Scientifico di ISDE Italia, l'Associazione Medici per l'Ambiente.
«In un’epoca di crisi globale, dove i segnali di decadenza e disumanizzazione si moltiplicano, è urgente riscoprire il ruolo centrale delle coscienze delle persone e delle comunità locali come motore di cambiamento».
In riferimento ai giorni dello scorso agosto, il dottor Montano scrive: «Sono stati particolarmente ricchi di eventi che stanno segnando il futuro prossimo sia in campo ambientale che socio-politico e morale a livello globale. La mancanza di un accordo efficace sulla regolamentazione della plastica, fallito recentemente a Ginevra, peraltro passato sotto silenzio, non è solo una questione ambientale: rappresenta un simbolo più profondo del declino dei valori della società occidentale e di un mondo in balia di lobby e interessi economici che antepongono il profitto alla vita stessa. Ogni anno, oltre 460 milioni di tonnellate di plastica vengono prodotte nel pianeta, con una crescita prevista del 70% entro il 2040. La maggior parte di questa finisce negli oceani e negli ecosistemi, causando danni irreversibili alla biodiversità e minacciando la salute umana, tanto che si stanno accumulando sempre più studi che oltre a rivelarne la presenza nei tessuti e nei fluidi più sensibili per la conservazione della specie come lo sperma umano e il fluido follicolare, ne stanno verificando gli effetti negativi sulle funzioni di diversi organi. Difatti, l’invasione silente e inarrestabile di nano e microplastiche con i loro derivati tossici potrebbe segnare l’inizio di una “Plasticemia”, una pandemia silenziosa che compromette salute e biodiversità. Inoltre il disastro ambientale e umano conseguente ai conflitti in corso in Ucraina e nella striscia di Gaza, dove la devastazione dei territori, l’inquinamento delle falde acquifere, la distruzione di foreste e la produzione di tonnellate di macerie e sostanze tossiche, sta lasciando un’eredità di inquinamento che durerà decenni e che rappresenta un attacco alla vita stessa del pianeta, con il rischio concreto di compromettere la capacità di rigenerarsi e di sostenere le future generazioni. In sintesi, si sta progressivamente palesando una incapacità dei governi di imporre regole e di agire con responsabilità, mettendo in discussione la stessa idea di progresso, di diritto e di rispetto per la vita a livello globale. A questa crisi ambientale, si aggiunge il fallimento delle istituzioni internazionali e nazionali nell’affrontare con decisione le violazioni dei diritti umani, dove la questione “Gaza” rappresenta il segno più tangibile del degrado morale non solo del nostro occidente. A tal proposito, il contesto israelo-palestinese evidenzia non solo un forte inasprimento delle violazioni del diritto internazionale, ma anche l’inazione complice dei governi centrali, che non vanno oltre le dichiarazioni di condanna, peraltro tardive e troppo timide rispetto alla violenza a cui quotidianamente tutto il mondo assiste. E’ di questi giorni, a seguito del sostegno da parte di alcuni governi al riconoscimento di uno stato di Palestina, la notizia riportata da tutti i media della decisione della destra nazionalista messianica che sostiene il governo Netanyhau di compiere un passo decisivo verso la distruzione della prospettiva di uno Stato palestinese, con nuovi insediamenti in Cisgiordania, perpetuando nel tempo violenze sistematiche contro i civili palestinesi. Questo rappresenta un ulteriore schiaffo ad un occidente sempre più pavido che, peraltro, è rimasto a guardare alla crescita espansionistica di Israele a discapito dei palestinesi fin dal 1948. Pure il “trumpismo”, sotto diversi punti di vista, sta accelerando il depauperamento di alcune delle conquiste della civiltà odierna, dando man forte ai depredatori dell’ambiente e del diritto internazionale, limitando con censure la libertà di tante personalità culturali, scientifiche, politiche che, invece, con coraggio cercano di opporsi ad una condotta che mina l’etica del rapporto fra gli uomini e fra questi ed il pianeta. Ci troviamo, dunque, di fronte a una sfida senza precedenti, che coinvolge non solo il nostro pianeta ma anche i valori fondanti della civiltà umana. La crescente crisi ambientale, sociale e morale ci mostra chiaramente che i silenzi compiacenti o le complicità di chi detiene il potere sono inaccettabili; rappresentano un precedente grave che minaccia di sgretolare le basi stesse della nostra convivenza e dei nostri diritti. Questa aggressione al senso stesso dell’Umano, inquadrata nel silenzio assordante di molti paesi non solo occidentali, mette in evidenza uno scollamento totale tra le élite politiche e la popolazione comune, che, comunque, in più forme sta esprimendo il proprio disgusto e la volontà di reagire. Questa reazione dal basso di vari settori della società civile, rappresenterebbe la vera Speranza per un’inversione di un ciclo che appare sempre più autodistuttivo per l’intera umanità. Si moltiplicano, infatti, gli episodi di dissenso civile verso un quadro di decadenza morale, basti pensare alle mobilitazioni in più parti del mondo e anche quella recente nello stesso stato di Israele con oltre 1 milone di persone scese in piazza per chiedere la fine dei combattimenti a Gaza, cosi’ come la stessa voce di molti rabbini nel mondo e di personalità come Grossman che denunciano il genocidio in atto nei confronti del Popolo palestinese. In italia, diversi Comuni hanno direttamente espresso il loro sdegno nei confronti di politiche di governo centrali troppo deboli nei confronti di Israele e manifestato il loro sostegno alla causa palestinese. Recentissime sono le dichiarazioni e azioni pubbliche come quelle degli studenti dell’Università di Pisa, la Chiesa, con momenti di preghiera e commemorazione delle vittime, volte a manifestare dissenso e desiderio di giustizia. La mobilitazione simbolica, come la lettura dei nomi dei bambini uccisi nel conflitto israeliano-palestinese o le maratone di preghiera, come quella a Marzabotto con il Cardinale Zuppi, testimonia un impegno morale che si contrappone all’inerzia politica centrale. Questi gesti e anche azioni concrete di interruzione di rapporti di ricerca con istituti e aziende israeliane da parte di enti universitari, fino al boicottaggio nei confronti di aziende e beni grazie alla Rete BDS (Boicottaggio, disinvestimento e sanzioni) tanto temuta dallo stato israeliano, sono segni di una crescente consapevolezza popolare di fronte a un conflitto che appare come un’ingiustizia globale, aggravata dalla complicità silente di molti governi, e denunciano il fallimento delle istituzioni nel tutelare i diritti umani e nel fermare le violenze. In sintesi, si moltiplicano gli episodi di riprovazione verso un quadro di decadenza morale e si manifesta sempre di più il disallineamento tra potere e cittadini, ma allo stesso tempo anche la speranza di una resistenza dal basso che cerca di mantenere viva la memoria e la richiesta di pace e giustizia. È fondamentale ribadire che questa forte reazione popolare non può essere disattesa dai governanti, poiché il loro silenzio o complicità rappresentano un precedente inaccettabile, capace di minare il tessuto stesso della civiltà. La crisi dei valori si riflette nell’incapacità di rispondere con coerenza alle sfide più urgenti, dall’ambiente alle guerre, e rischia di aprire una voragine morale senza precedenti. La difesa del pianeta e dei diritti umani, quindi non può essere delegata esclusivamente ai governi o alle grandi istituzioni, poiché spesso sono i cittadini, le comunità locali, le associazioni di volontariato e le realtà di base a incarnare il vero cambiamento. E’ necessario riscoprire il senso di solidarietà, di giustizia e di rispetto reciproco, valori che sono alla base di ogni autentico progresso e dunque la responsabilità di invertire questa rotta spetta innanzitutto alle persone di buona volontà che si muovono nelle diverse articolazioni della società civile, che devono continuare a mobilitarsi, a risvegliare la coscienza collettiva e a mettere in discussione le logiche di potere che antepongono interessi economici e politici alla vita stessa. Solo attraverso questa mobilitazione generale, alimentata dall’amore per il pianeta e per i diritti umani, è possible contrastare il decadimento morale e salvaguardare il futuro dell’umanità. La salvezza del mondo si gioca anche nelle nostre mani, nelle nostre azioni quotidiane e nelle scelte di solidarietà e giustizia. È il momento di riscoprire il valore della responsabilità condivisa, di riaccendere la speranza e di riaffermare che il vero progresso è quello che tutela la vita, la biodiversità e la pace. La forza della società civile, dal basso, può e deve essere il motore di un cambiamento radicale, un segnale chiaro e deciso che nessuno può ignorare: la civiltà si difende con l’impegno di tutti, partendo dal cuore delle nostre comunità e delle nostre coscienze. In conclusione, non possiamo più permetterci di aspettare che siano solo le istituzioni a risolvere tutto. La salvezza del pianeta e della società dipende anche e soprattutto dal coraggio di chi si oppone alle ingiustizie, dall’impegno quotidiano di chi si riconosce parte di un’unica grande famiglia umana e di un ecosistema fragile e prezioso. È ora di riscoprire il valore della nostra responsabilità condivisa e di agire in “rete” con determinazione, partendo dal basso, dalle periferie, dai gesti di attenzione e di cura per la vita».
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