Serravalle: «Se la medicina dimentica l'uomo»

Condividiamo con i nostri lettori l'intervento pubblicato dal dottor Eugenio Serravalle sul sito dell'associazione Assis, riprendendo e commentando brani del discorso di Edward H. Kass, "Le malattie infettive e il cambiamento sociale".

Serravalle: «Se la medicina dimentica l'uomo»

Condividiamo con i nostri lettori l'intervento pubblicato dal dottor Eugenio Serravalle sul sito dell'associazione Assis, riprendendo e commentando brani del discorso di Edward H. Kass, "Le malattie infettive e il cambiamento sociale".

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EDWARD H. KASS – LE MALATTIE INFETTIVE E IL CAMBIAMENTO SOCIALE. RIFLESSIONI DI UN MAESTRO SULL’ILLUSIONE DEL PROGRESSO MEDICO
(Traduzione e commento a cura del Dr. Eugenio Serravalle)

Nota introduttiva – Il contesto storico e la lezione dimenticata

Nel 1970, Edward H. Kass — allora presidente della Infectious Diseases Society of America, professore di medicina alla Harvard Medical School e autore di oltre 300 pubblicazioni — tenne un discorso destinato a segnare una svolta nel pensiero medico contemporaneo.

Era un periodo di trionfo per la medicina: le grandi piaghe infettive del passato erano state debellate. Si parlava di “fine delle epidemie” e di una vittoria definitiva della scienza sull’infezione.

Ma Kass, con lucidità e coraggio intellettuale, scelse di andare controcorrente.
Nel suo intervento intitolato “Infectious Diseases and Social Change”, pubblicato l’anno successivo, demolì la narrazione trionfalistica del progresso medico e propose una visione più complessa, più umana e più politica della salute.

A distanza di oltre cinquant’anni, le sue parole risuonano con una forza profetica, soprattutto dopo l’esperienza del COVID-19, che ha riportato alla luce l’intreccio profondo tra malattia, ambiente, disuguaglianza e cultura sanitaria.

LE MEZZE VERITÀ DEL PROGRESSO MEDICO
Kass esordì denunciando il rischio di vivere nell’illusione delle mezze verità: quelle affermazioni solo parzialmente vere che, ripetute abbastanza a lungo, finiscono per diventare dogmi.

Cominciamo ad accorgerci dei pericoli delle mezze verità. Ci è stato insegnato — e lo abbiamo creduto — che la nostra assistenza sanitaria superiore e la nostra ricerca medica avanzata siano stati fattori decisivi nel prolungamento dell’aspettativa di vita. Ma quando esaminiamo attentamente i dati, scopriamo che non è del tutto vero.

La riduzione della mortalità per tubercolosi, difterite, polmonite, sepsi o febbre puerperale, ricordava Kass, precede di decenni l’introduzione di antibiotici e vaccini.
Il miglioramento delle condizioni di vita — alimentazione, igiene, abitazioni, istruzione — fu il vero motore del cambiamento.

I grandi killer del passato erano già in declino ben prima che fossero disponibili misure mediche efficaci. Il calo della mortalità avvenne soprattutto perché le persone erano meglio nutrite, meglio alloggiate e meglio istruite.”

Un messaggio scomodo per la comunità scientifica di allora, ma profondamente realistico: la salute, sosteneva Kass, non nasce dall’assistenza sanitaria, ma dalla giustizia sociale.

EPIDEMIOLOGIA SOCIALE: LA SALUTE COME SPECCHIO DELLA SOCIETÀ
Kass anticipava di decenni i concetti di determinanti sociali di salute.
Le malattie infettive, scriveva, non sono solo eventi biologici, ma indicatori sociali.
Rivelano dove la società è ferita, dove la povertà, l’ignoranza e la disuguaglianza aprono varchi alla malattia.

Abbiamo eliminato la tubercolosi e la difterite, ma abbiamo generato nuove malattie, legate al modo in cui viviamo e lavoriamo.

La medicina che ignora il contesto sociale, ammoniva, rischia di essere solo un’illusione tecnologica: cura i sintomi ma non le cause.
Kass richiamava così i medici a una responsabilità collettiva: il compito di vedere l’uomo intero, non solo il suo corpo.

IL MEDICO TRA TECNICA E COSCIENZA
Nel suo discorso, Kass delineava con toni quasi socratici la figura del medico moderno: potente, competente, ma spesso prigioniero del proprio successo tecnico.
La medicina del XX secolo, diceva, ha imparato a manipolare il corpo, ma non ha imparato a comprendere l’uomo.

"La medicina è diventata un’arte biologica, ma deve tornare a essere anche un’arte morale.”

Ogni malattia è un fatto biologico e insieme un fatto sociale.
Trascurare uno dei due aspetti significa non comprenderla.
Kass auspicava una medicina integrata, capace di conciliare scienza, etica e coscienza civile.

IL MESSAGGIO ETICO DI KASS
Nelle ultime pagine del suo intervento, Kass sposta il discorso su un piano etico e quasi filosofico:
il futuro della salute dipenderà non dalla potenza della scienza, ma dall’uso che l’umanità farà di quella potenza.

Possiamo continuare a evolverci come specie solo se impariamo a dirigere le nostre energie creative verso il bene sociale. La salute non nasce nei laboratori, ma nella giustizia, nell’educazione e nella consapevolezza collettiva.”

PARALLELISMO CONTEMPORANEO – DALLA PANDEMIA ALLA SALUTE 
Durante la pandemia, abbiamo assistito a un ritorno del pensiero riduzionista: virus, vaccino, farmaco.
Ma, come nel secolo scorso, le variabili determinanti — alimentazione, inquinamento, povertà, diseguaglianze, fragilità ambientali — sono rimaste ai margini del discorso.

La lezione di Kass ci ricorda che non esiste una salute biologica separata da quella sociale ed ecologica.
Che la medicina può curare, ma solo la società può guarire.
E che il compito del medico, oggi come allora, è restituire alla scienza un’anima.

Kass non negava il valore della medicina scientifica: la onorava, ma voleva salvarla da se stessa.
Il suo monito rimane intatto:
la vera frontiera della medicina non è il controllo del corpo, ma la costruzione di una società che renda possibile la salute.

Rileggere oggi Edward H. Kass significa mettere a nudo le contraddizioni che la pandemia da COVID-19 ha esasperato.
Cinquant’anni fa, Kass denunciava le “mezze verità” della medicina moderna: la convinzione che il progresso tecnico basti a garantire la salute, che la salvezza arrivi da un laboratorio, che la complessità biologica e sociale dell’uomo possa essere ridotta a un protocollo.
Sembrava un ammonimento accademico. Oggi è diventato cronaca.

Durante la crisi pandemica, il mondo intero ha assistito a una medicalizzazione senza precedenti della vita collettiva.
La sanità pubblica è stata ridotta a una catena di comandi centrali e atti medici: tamponi, dosi, certificati.
L’idea — illusoria e rassicurante — che la buona salute si trovi in una siringa ha occupato tutto lo spazio del dibattito pubblico, distorcendo le priorità e prosciugando le risorse destinate alla prevenzione, all’educazione e alla salute di base.

Kass lo aveva previsto con lucidità:

I grandi killer del passato sono scomparsi non grazie ai nostri strumenti medici, ma perché la società ha imparato a vivere meglio.”
Eppure, dopo due anni di emergenza globale, abbiamo parlato pochissimo di alimentazione, ambiente, disuguaglianze, inquinamento o condizioni di lavoro — i veri determinanti di salute.
Abbiamo investito miliardi nella farmacologia e quasi nulla nella ricostruzione dei contesti di vita che rendono possibile la resilienza collettiva.
Abbiamo scambiato la salute pubblica per un progetto tecnico, dimenticando che è, prima di tutto, un progetto culturale.

Il risultato è una medicina che ha guadagnato potere ma ha perso fiducia; che parla di prevenzione ma finanzia solo interventi; che confonde il successo biologico con il benessere umano.
Kass ci aveva avvertiti: quando la scienza smette di interrogarsi, si trasforma in ideologia.

La COVID-19 ha mostrato quanto fosse profetica la sua lezione:
la salute non è il prodotto dell’industria medica, ma dell’equilibrio tra uomo, società e ambiente.
E finché continueremo a cercarla in una siringa, continueremo a curare il corpo malato di una società che non vuole guarire.

Edward H. Kass (1917–1990) è stato professore di medicina alla Harvard Medical School, pioniere delle malattie infettive e fondatore dell’Infectious Diseases Society of America. 

Nel 1970, nel pieno del trionfo medico-tecnologico, ebbe il coraggio di pronunciare un discorso che ancora oggi chiede ai medici di tornare a essere coscienza critica del proprio tempo.

Fonte: Assis

Foto: Pexels

 

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