Acciaieria Valsugana, fumo negli occhi... e veleni nell'ambiente

Nove dirigenti dell'Acciaieria Valsugana di Borgo Valsugana, in Provincia di Trento, sono sotto processo per le presunte emissioni di sostanze inquinanti fuori dai limiti di legge. I cittadini che hanno respirato per anni i fumi tossici si sono costituiti parte civile. Sull'inquinamento dell'area parte un'inchiesta.

Acciaieria Valsugana, fumo negli occhi... e veleni nell'ambiente
Si chiama 'Fumo negli occhi' una delle quattro inchieste della magistratura di Trento sulle presunte emissioni di sostanze inquinanti fuori dai limiti di legge da parte dell'Acciaieria Valsugana di Borgo Valsugana. Sarebbero stati superati infatti i livelli di emissione di diossina, polveri e monossido. Inoltre i dati superiori ai limiti di legge sarebbero stati modificati per non far scattare i controlli. Una parte del procedimento giudiziario, che vede indagati nove ex dirigenti delle Acciaierie Valsugane, è stata ora trasferita al tribunale di Brescia, dove si trovava il laboratorio chimico preposto ai controlli sulle emissioni. I due imputati principali, l'amministratore delegato e l'ex direttore dello stabilimento, rimangono invece a Trento. Si tratta di un procedimento che vede oltre 500 persone costituitesi parte civile. Tra queste, molti sono cittadini che per almeno vent'anni hanno respirato le polveri e i fumi generati dai processi di fusione del rottame e contenenti sostanze nocive per la salute umana come le diossine, il monossido di carbonio, ossidi di azoto e composti organici volatili. 'Fumo negli occhi' non è però l'unica inchiesta riguardante l'acciaieria. Nel maggio scorso, infatti, è stata aperta un'altra indagine nell'ambito delle conseguenze delle lavorazioni dell'Acciaieria Valsugana sull'ambiente. Nel sito di recupero ambientale di Monte Zaccon, in Valsugana, venivano conferiti rifiuti di tutti i tipi, anche pericolosi, come le scorie dell'acciaieria. Tali rifiuti miscelati ai terreni venivano venduti come terra vegetale ai residenti della zona. La conseguenza è stata la distruzione delle coltivazioni e la perdita di valore degli edifici: quei rifiuti mescolati al cemento hanno reso friabili le fondamenta delle case facendo così precipitare il valore immobiliare della zona. A dare l’input agli inquirenti sarebbe stato un cittadino del posto che avrebbe denunciato il forte odore che proveniva dal sito di Monte Zaccon e segnalato il presunto via vai sospetto di camion nell’ex cava. Gli abitanti del comune di Marter, molti dei quali abitano a poche centinaia di metri dalla discarica Monte Zaccon, si sono costituiti parte civile: invendibili le loro case, distrutti i loro prodotti agricoli e, come se questo non bastasse, costretti a vivere con il timore di ammalarsi per avere vissuto e vivere tuttora a un passo dalla discarica abusiva di Monte Zaccon, colma di rifiuti speciali.



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