Acqua pubblica: Lazio verso il referendum propositivo

Nella Regione Lazio si è aperta una nuova stagione per i beni comuni. È stata infatti depositata alla Corte di Appello di Roma da sindaci e consiglieri di 21 Comuni laziali la richiesta di referendum propositivo sulla tutela, sul governo e sulla gestione pubblica delle acque.

Acqua pubblica: Lazio verso il referendum propositivo
Depositata alla Corte di Appello di Roma la richiesta di referendum propositivo sulla tutela, sul governo e sulla gestione pubblica delle acque. Durante la mattinata del 27 di settembre, sindaci e consiglieri di ventuno Comuni laziali hanno consegnato le deliberazioni consiliari recanti l’adesione all’iniziativa referendaria e l’approvazione del quesito e della proposta di legge regionale. Tutto ha inizio con la raccolta delle firme sulla proposta di legge d’iniziativa popolare promossa dal Comitato acqua bene comune Lazio e con l’approvazione del Consiglio comunale di Corchiano in provincia di Viterbo dell’iniziativa referendaria. Atto, quest’ultimo, che di fatto ha aperto la via istituzionale al conseguimento dell’importante obiettivo. I consiglieri, infatti, nella seduta del 12 di giugno hanno promosso e approvato un’iniziativa referendaria propositiva ai sensi dell’art. 62 dello Statuto della Regione Lazio. La deliberazione, titolata “Adozione iniziativa referendaria propositiva di legge regionale concernente 'Tutela, governo e gestione pubblica delle acque'. Approvazione quesito referendario e proposta di legge regionale”, è stata poi depositata presso la segreteria del Consiglio regionale il 19 di giugno e successivamente pubblicata sul Bollettino ufficiale della Regione Lazio. Da quel momento, come ricordato, più di venti sono state le amministrazioni comunali che si sono espresse. In molti casi il Consiglio comunale ha registrato l’unanimità dei consensi: centrosinistra e centrodestra, maggioranza e opposizione, si sono ritrovati tutti uniti nell’affermare il principio dell’acqua bene comune, ma, soprattutto, la volontà di gestire in modo diretto e pubblico, al di fuori di qualsiasi società di diritto privato, quello che viene anche definito come sangue della Terra, essendo l’acqua linfa vitale per la natura e per tutti gli esseri animati. Ora la domanda è questa: si è aperta una nuova stagione per i beni comuni, perlomeno nella Regione Lazio? La risposta non può che essere affermativa. Intanto si può parlare di una vera e propria svolta storica: nella Regione Lazio i cittadini potrebbero essere chiamati a esprimersi sulla gestione dell’acqua attraverso un referendum propositivo e non abrogativo. Sul piano normativo, la Costituzione repubblicana non prevede consultazioni referendarie di tipo propositivo né di tipo deliberativo o legislativo. Infatti, l’unico istituto di democrazia diretta a disposizione del popolo italiano risulta essere quello del referendum abrogativo. Tuttavia, il diritto amministrativo, in particolare con il Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, contempla forme di consultazione popolare. Non solo. Gli statuti degli enti locali possono prevedere o stabilire procedure per consentire l’ammissione di petizioni, istanze e proposte provenienti dal basso, dai cittadini, dai comitati, dalle associazioni, insomma, dai portatori d’interesse diffuso e collettivo. Le prime realtà amministrative a introdurre la novità dell’istituto del referendum propositivo sono state la Regione della Valle d’Aosta e la Provincia autonoma di Bolzano. Il Consiglio regionale del Lazio, con la riforma dello statuto del 2004, ha inserito nella propria carta fondamentale questo strumento di partecipazione e di democrazia diretta. Nello specifico, il referendum propositivo per essere ammesso deve essere approvato con la maggioranza qualificata dei due terzi dei consiglieri di almeno dieci Consigli comunali rappresentativi di almeno cinquantamila elettori. Ebbene, l’obiettivo è stato centrato: più di venti Consigli comunali per circa 220mila elettori. A questo punto, dalla dichiarazione di ammissibilità del quesito da parte della Corte di Appello, il Consiglio regionale ha un anno di tempo per discutere e deliberare la proposta di legge o, quantomeno, per approvarne una diversa che tenga tuttavia conto dello spirito referendario dei promotori. Passati dodici mesi senza che la proposta venga discussa, il Presidente della Regione è tenuto a indire le consultazioni referendarie, rimettendo così alla volontà popolare l’approvazione del testo. Considerata la grave e imbarazzante situazione politica che si è venuta a creare, il tema dell’acqua pubblica sarà all’ordine del giorno del nuovo Consiglio regionale. Di sicuro non potrà non essere uno dei temi più importanti della prossima campagna elettorale. Che cosa prevede l’attuale testo? Che cosa prevede soprattutto la proposta di legge depositata alla Corte di Appello? Innanzitutto, si deve tenere conto di una data: 31 dicembre 2012. Entro questo termine, le Regioni sono chiamate a ridisegnare secondo criteri di razionalizzazione gli ambiti di bacino idrografico. Per quanto riguarda la Regione Lazio, il testo di legge della passata amministrazione prevede la costituzione di un ambito territoriale unico comprendente l’intero territorio regionale. Un disegno, quello dell’ambito regionale unico, straordinariamente funzionale alle logiche di privatizzazione tramite la costituzione di una holding destinata ad avere l’affidamento della gestione di tutti i servizi pubblici di rilevanza economica. Un disegno che comprime o, come sarebbe più opportuno dire, avrebbe compresso ancor di più la già precaria autonomia politica e amministrativa degli enti locali, allontanando cittadini e comunità dai processi gestionali e decisionali concernenti i beni comuni e pubblici. Tra i punti che caratterizzano la proposta di legge depositata dai Comuni, si deve dare risalto a quelli riguardanti il governo pubblico e partecipato del ciclo integrato dell'acqua, la sostituzione degli ambiti territoriali ottimali con gli ambiti di bacino idrografico, la gestione del servizio idrico sottratto al principio della libera concorrenza, l'istituzione di un fondo regionale per la ripubblicizzazione teso a favorire la gestione attraverso soggetti di diritto pubblico, come aziende speciali o consorzi tra Comuni. E ancora, l'istituzione di un fondo regionale di solidarietà internazionale finanziato dal prelievo in tariffa di un centesimo di euro per ogni metro cubo di acqua erogata dal gestore e dal prelievo fiscale nazionale di un ulteriore centesimo per ogni bottiglia di acqua minerale commercializzata al fine di promuovere progetti di cooperazione decentrata e partecipata dalle comunità locali per affermare il diritto di accesso all'acqua, il bene più comune di tutti e tra tutti. Pertanto, sedici mesi dopo il referendum che ha visto ventisette milioni di cittadini italiani (solo nel Lazio due milioni e mezzo) recarsi alle urne per dire sì al principio dell'acqua bene comune privo di rilevanza economica, promuovere la ripubblicizzazione del servizio idrico e contrastare il piano di liberalizzazioni e privatizzazioni nell'ambito dei servizi pubblici locali, nella nostra Regione è davvero possibile tornare a gestire la risorsa idrica attraverso società di diritto pubblico, ripristinando, almeno nei ristretti confini regionali, il rispetto della legge, della Carta costituzionale e della volontà popolare. *I Comuni del Lazio che hanno depositato la richiesta di referendum alla Corte di Appello di Roma: Corchiano (Viterbo); Oriolo Romano (Viterbo); Agosta (Roma); Acquapendente (Viterbo); Anguillara Sabazia (Roma); Bassano Romano (Viterbo); Capranica (Viterbo); Cassino (Frosinone); Castel Madama (Roma); Castiglione in Teverina (Viterbo); Cave (Roma); Cerveteri (Roma); Ciampino (Roma); Fiano Romano (Roma); Marano Equo (Roma); Pignataro Interamna (Frosinone); Pozzaglia Sabina (Rieti); Sambuci (Roma); Sutri (Viterbo); Toffia (Rieti); Velletri (Roma).

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