L’Alta Valle Stura con i bus dell’ATI (seconda parte)

Con una bici pieghevole al seguito, il nostro esperto di vie traverse sale fino al Colle della Maddalena, nell'Alta Valle Stura, a impatto zero. Da lì inizia la sua folle e gioiosa discesa.

L’Alta Valle Stura con i bus dell’ATI  (seconda parte)
Alcune delle mie più strane avventure hanno avuto inizio nei negozi degli antiquari: luoghi di divagazioni incongrue, dove si scopre ciò che non ci si aspetta e molte cose rimangono in sospeso, senza una conclusione. Francesco M. Cataluccio, Chernobyl, Sellerio editore, Palermo Fino a qualche giorno fa, lo confesso, non sapevo neanche cosa fosse la valle Stura. Poi dal blog della Ediciclo ho appreso che, durante il periodo estivo, in valle è organizzato un servizio di bus (con partenza da Cuneo fino al Colle della Maddalena) con la possibilità di trasportare a bordo le biciclette. Prima di partire ho chiamato per informazioni e il gentile Daniele Banfo di Demonte mi ha avvisato che sabato 25 giugno (oggi) il servizio non era disponibile perche in zona c’è una gara di enduro. Poco male, sono o non sono “l’esperto di vie traverse”? Quattro chiacchiere al telefono con Daniele e mi oriento. Con la ATI, ed in particolare con la corsa Cuneo–Demonte–Vinadio che fa coincidenza a Vinadio con la corsa Vinadio–Argentera in due ore posso risalire quasi tutta la Strada Statale 21 della Maddalena. Bene, il mio bus delle 9.30 esce dal centro di Cuneo e raggiunge Borgo San Dalmazzo da dove inizia la S.S. 21. Risalendo la valle in bus realizzo subito che ci sono dei lunghi tratti pianeggianti e riorganizzo i tempi della discesa. Comunque, la valle Stura, una delle valli occitane, è molto bella, ampia, ben coltivata e man mano che si sale le montagne diventano imponenti. A Vinadio, dove il mio bus arriva alle 10.30, c’è un minibus in partenza per Argentera. Saliamo solo una signora di Torino che ha più di ottant’anni ed io. La signora parla in piemontese con l’autista e gli racconta vita morte e miracoli di tutta la sua genia e poi alla fine mi fa: "ma per favore, parli un po’ anche lei". Io le racconto che nella borsa ho una bici pieghevole e che mi appresto a ridiscendere la valle pedalando. L’autista, un occitano senza 2 dita della mano destra, di certo volate via a colpi di falce o di roncola, bonariamente mi redarguisce dicendo che debbo pedalare fino al Colle della Maddalena, e che "sennò che ci sono venuto a fare fino ad Argentera". Tutto sommato, nonostante le piccole ruote da 20, la mia bici ha pure un cambio a 7 velocità. Ergo, 6 chilometri di salita, 350 metri di dislivello distribuiti su una ventina di tornanti si possono affrontare. Mi spalmo di crema solare protezione 50 e ripeto il mantra del cicloturista: Con pazienza e con fatica, l’elefante lo mise in... il resto lo sapete! Alzo la sella e abbasso il manubrio, al fine di pedalare più comodamente. Effettivamente salgo che è una gioia. Ce la sto facendo. Le motociclette ed i camion non mi disturbano. C’è un bel sole d’alta quota, tutto è verde e pieno di fiori. Incontro 3 o 4 piccole mandrie di vacche al pascolo. Per il resto tanti ciclisti 'seri' che mi superano di slancio. Per i più sono invisibile, per qualcuno sono degno di un incitamento. Ci metto meno di un’ora per arrivare al Bar Ristorante del Lago; sì perché al Colle della Maddalena c’è un lago di fronte al quale c’è il famoso punto di ristoro. Mentre parcheggio la bici, il proprietario mi guarda come se stessi parcheggiando l’astronave e mi fa: "Io una bici così non l’ho mai vista!". Mangio un panino e bevo un’aranciata, poi faccio gli ultimi 500 metri fino alla frontiera in disuso con la Francia dove c’è un bel monumento a Fausto Coppi. La foto di rito è d’obbligo e poi, approfittando dell’ora di pranzo dei camionisti e dei motociclisti, inizio la mia discesa. Gioia pura! Sono solo a godermi la bella strada asfaltata che percorro a bassa velocità e ad emissioni zero. Arrivo alla curva dove la comunità montana ha affisso un interessante cartellone per ricordare che: “Nel pomeriggio del 9 giugno 1949, la voce calda di un cantore straordinario, Mario Ferretti, nell’opaco fruscio della distanza, aprì la trasmissione radio per raccontare la 17^ tappa del 32° Giro d’Italia Cuneo–Pinerolo con questa frase: Un uomo solo è al comando, la sua maglia è biancoceleste, il suo nome è Fausto Coppi”. Quasi mi commuovo, ma continuo a scendere. Ad Argentera decido di raggiungere Vinadio. A Vinadio decido di continuare fino a Demonte dove vado a fare la conoscenza di Daniele Banfo che mi ha aiutato ad organizzare la mia 'folle corsa'. Lui mi suggerisce di proseguire sulla 'Strada Militare'. In pratica si tratta di una strada perfettamente asfaltata che corre sull’altra sponda dello Stura ed è poco frequentata anche dal traffico locale. Questa particolarità la rende perfetta per la bicicletta. La percorro per un lungo tratto, poi seguo un’indicazione mendace e mi ritrovo sull’amata Statale 21 che continuo fino alla stazione ferroviaria di Borgo San Dalmazzo, dove arrivo alle 17.00. Il mio treno per Torino Porta Nuova è alle 17.45. Ho tutto il tempo per ricompormi. Arriva un gruppo di ciclisti torinesi che hanno fatto una due giorni di pedale e vogliono vedere che strana bici c’ho nella borsa. L’aria di sufficienza con la quale la analizzano sfuma velocemente in invidia che poi diventerà rabbia quando a Torino mi vedranno sfrecciare per via Po sul fare della sera. Che vi debbo dire? Dopo questo 'collaudo' mi sono convinto che: con la salute, un paio di scarpe nuove e magari una piccola bici pieghevole, puoi girare tutto il mondo! Devotamente vostro. Paolo Merlini

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