Big Tobacco non rinuncia alla propaganda

Le lobby del tabacco stanno cercando di bloccare l'adozione di leggi che impongono di togliere marche, loghi e colori dai pacchetti di sigarette. Stessa cosa sta facendo l'industria della "salute".

Big Tobacco non rinuncia alla propaganda

Adriano Cattaneo, epidemiologo membro dell'associazione No Grazie Pago Io, ha analizzato due studi scientifici pubblicati di recente. Vi proponiamo la sua riflessione.

«Due studi recentemente pubblicati sul BMJ Open analizzano la pressione che l’industria del tabacco ha esercitato, prima in Australia e poi in Gran Bretagna, per impedire o rallentare l’adozione di leggi che impongono il cosiddetto plain packaging, cioè il confezionamento dei pacchetti di sigarette come se fossero dei prodotti generici, senza marca, logo, colori, etc. Li proponiamo ai nostri lettori perché strategie di lobby molto simili a queste sono usate anche dall’industria della salute, a Bruxelles come a Roma, per influenzare leggi e politiche.Il primo studio è stato pubblicato nel 2014.(1) L’obiettivo era analizzare il volume, la rilevanza e la qualità delle prove apportate da Big Tobacco sul fatto che il plain packaging non funzioni come deterrente al fumo. Gli autori hanno raccolto e analizzato tutta la documentazione inviata dalle quattro maggiori multinazionali del tabacco al ministero della salute britannico nel 2012, quando il governo aveva preso in considerazione la possibilità di adottare una legge simile a quella già promulgata in Australia. Le prove addotte dall’industria sono state comparate a quelle presentate da ricercatori indipendenti.Settantasette dei 143 documenti inviati da Big Tobacco avevano come scopo difendere la loro posizione sul plain packaging. Nessuno di questi documenti era stato pubblicato in riviste indicizzate. La comparazione con la letteratura indipendente mostrava come la qualità delle prove addotte dall’industria fosse di qualità inferiore a quella della ricerca indipendente. Addirittura, le prove dell’industria considerate più rilevanti (26 documenti) erano di qualità inferiore rispetto alle prove indipendenti meno rilevanti (51 documenti). In conclusione, non si poteva proprio dire che la documentazione presentata dall’industria fosse convincente, per cui gli autori dell’articolo suggerivano al ministero della salute di non considerarla alla pari della documentazione indipendente da interessi commerciali, di rilevanza e qualità superiore.Il secondo studio è del 2016, scritto dagli stessi autori del precedente.(2) In questo caso l’obiettivo era investigare l’opposizione al plain packaging in Gran Bretagna e capire come le multinazionali siadattassero alle limitazioni di accesso ai funzionari governativi imposta dall’adozione, da parte del governo britannico, della Convenzione sul Controllo del Tabacco dell’OMS. Anche in questo caso iricercatori hanno analizzato documenti disponibili sui siti internet del governo e dell’industria, cercando di determinare il volume, la natura, la trasparenza e la tempistica delle attività tra il 2011 eil 2013. Il totale dei documenti analizzati è di 422. Escludendo produttori e confezionatori di sigarette, 109 organizzazioni erano coinvolte nell’opposizione al plain packaging; 82 (75%) di queste avevano una relazione finanziaria con una o più delle multinazionali del tabacco. Queste 82 organizzazioni, 43 attivamente oppositrici delle misure proposte e 39 favorevoli a questa opposizione, erano responsabili del 60% delle 404 attività identificate, incluse la maggioranza delle comunicazioni pubbliche e la produzione di ricerca. Big Tobacco era direttamente responsabile del 28% delle attività, in prevalenza attività di lobby diretto, ma anche ricerca sotto copertura da parte di altre organizzazioni, comunicazione, reclutamento di gruppi di pressione e lobby indiretto. Tutte le organizzazioni attive nell’opposizione al plain packaging riportavano raramente i loro eventuali legami con Big Tobacco. In conclusione, questa variegata attività di opposizione al plain packaging era intrapresa soprattutto da parti terze con relazioni finanziarie con l’industria del tabacco. I bassi livelli di trasparenza su questi legami creavano l’ingannevole impressione di un’opposizione diversificata e diffusa. I paesi che intendessero adottare misure per ridurre il marketing del tabacco dovrebbero rafforzare le misure previste dalla Convenzione sul Controllo del Tabacco dell’OMS, chiedendo sistematicamente una dichiarazione sui conflitti d’interesse a tutte le organizzazioni che partecipano a dibattiti politici o mediatici sul tema».

Traduzione e commento di Adriano Cattaneo

1. Hatchard JL, Fooks GJ, Evans-Reeves KA, et al. A critical evaluation of the volume, relevance and quality of evidence submitted by the tobacco industry to oppose standardised packaging of tobacco products. BMJ Open 2014;4: e003757

2. Hatchard JL, Fooks GJ, Gilmore AB. Standardised tobacco packaging: a health policy case study of corporate conflict expansion and adaptation. BMJ Open 2016;6:e012634

 

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