E così, anche questa volta il mitico, insuperabile, perfetto e infallibile progresso è andato in tilt: un black out totale ha investito la penisola iberica lasciando milioni di persone senza elettricità. Che la causa sia per un guasto tecnico o per un attacco hacker, poco importa; si ribadisce nuovamente che il sistema della dipendenza totale è un gigante dai piedi di argilla che collassa su se stesso.
Le alternative a questi problemi e a questa dipendenza sono recuperare quella autonomia e autosufficienza che sopratutto la campagna può garantire al contrario della città.
E’ da notare come una delle varie critiche che vengono fatte a chi fa una scelta di vita diversa da quelle decise dai padroni del consumismo è che vivere in campagna non è praticabile o richiede troppo coraggio.
Con il recente black out si dimostra ancora che il coraggio (o l’incoscienza) bisogna averlo per vivere in luoghi dove si è completamente dipendenti, così come lo sono le città che diventano trappole a orologeria. E non oso immaginare cosa succederà prossimamente, quando tutto sarà gestito dalla scemenza artificiale e senza il digitale non si potrà nemmeno più respirare. Basteranno hacker esperti per mandare in tilt qualsiasi cosa e noi rimanere assolutamente impotenti.
Saremo legati mani e piedi, potenziali ostaggi perenni e più si profila questo scenario da incubo e più ci si avvia allegramente verso di esso senza farsi troppe domande, anzi praticamente nessuna. Perchè il nuovo mantra dell’incoscienza è: fanno tutti così, non ci sono alternative, è comodo.
Ma per chi recepisce che l’ennesimo flop del progresso è un ulteriore segnale inequivocabile per costruire una società diversa e non ostaggio, ci sono invece tante alternative praticabili. Ad esempio si possono lasciare le città e ripopolare le campagne ormai deserte quasi ovunque e che sono deserte proprio perché le persone se ne sono andate, quindi non si postulano ridicoli esodi biblici dalle città alle campagne che paventano le persone in malafede, ma solo ritorni. E’ bene ricordare che in Italia circa un terzo del patrimonio immobiliare è vuoto e si tratta di oltre 10 milioni di case ed edifici. Per non parlare ovunque di terre abbandonate, incolte, lasciate al degrado o, ancora peggio, dedicate alla inefficiente e inquinante monocultura.
In campagna per ovvi motivi la dipendenza diminuisce, ci si può coltivare il cibo, ci si può autoprodurre l’energia e non essere a rischio di blackout, ci si possono costruire, riparare, riciclare, riusare molti materiali o attrezzi.
Se poi si ricostruisce il tessuto comunitario in ottica di ecovicinato, allora davvero si raggiunge una indipendenza, forza, solidarietà, collaborazione inimmaginabile a chi non ha altro orizzonte che il cemento, tangenziali, lamiere, asfalto, rumore, stress e ha il prossimo come nemico nella lotta quotidiana della giungla artificiale urbana.
Non bisogna infatti dimenticarsi del salto quantico che fa la qualità della vita quando si vive a contatto della natura con tutti i benefici che ne conseguono, sia in termini di salute ma anche per il portafoglio, considerato che in campagna o comunque in zone periferiche e non metropolitane costa tutto meno.
Prima di rimanere vittime di un sistema che non dà nessuna garanzia e che ci porterà inevitabilmente al catastrofico collasso forse è il caso di pensare a un piano B che fortunatamente è già pronto ed attuabile.