Chiedi alla tua banca se investe in armi: ecco come fare

Dal 2000 è attiva la Campagna di mobilitazione che vuole fare pressione sulle cosiddette" banche armate" affinché disinvestano dal riarmo e dal mercato delle armi. Ecco la lettera che la Campagna ha predisposto e che si può inviare alla propria banca per chiedere se investe in armi.

Chiedi alla tua banca se investe in armi: ecco come fare

Dal 2000 è attiva la Campagna di mobilitazione che vuole fare pressione sulle cosiddette" banche armate" affinché disinvestano dal riarmo e dal mercato delle armi. 

In questo momento è più che mai attuale il problema del riarmo, stante il piano di finanziamento da 800 miliardi di euro che la presidente della Commissione Europea sta portando avanti perché gli Stati europei investano fiumi di denaro nel riarmo.

La Campagna contro le banche armate ha l'obiettivo di fare informazione circa il coinvolgimento degli istituti di credito nazionali ed esteri nella produzione e in particolare nell’esportazione di sistemi militari e di armi leggere italiane. La Campagna ha anche promosso svapiate iniziative negli anni.

Qui è possibile scaricare il modello di lettera da inviare al proprio istituto di credito, predisposta dalla Campagna, per chiedere di esplicitare la direttiva (policy) riguardo al coinvolgimento in operazioni nel settore della produzione e commercializzazione di armamenti nucleari, mine antipersona, bombe a grappolo e al settore della produzione e commercializzazione di armamenti convenzionali e delle armi leggere e di piccolo calibro destinate a Paesi esteri.

In questi ultimi mesi si è attivata anche la campagna "Ferma il riarmo", promossa da Fondazione Perugia Assisi, Sbilanciamoci, Rete Italiana Pace e Disarmo e Greenpeace, che ha avanzato delle richieste ben precise per mettere uno stop alle politiche di riarmo:

-Riduzione nazionale e internazionale della spesa militare, con creazione di nuovi percorsi di disarmo

-Utilizzo delle risorse liberate dalla spesa militare per spese sociali, ambientali e per il rafforzamento degli strumenti di pace 

-Tassazione degli extra profitti dell’industria militare

-Diminuzione dei fondi destinati alle missioni militari all’estero

-Aumento dei controlli sull'influenza indebita dell’industria militare su bilancio ed export militare

«Come facciamo a difendere il nostro diritto alla salute, a salvare il nostro sistema sanitario, ad affrontare le emergenze climatiche e i disastri ambientali, a investire sui giovani, sulla scuola e sul diritto ad un lavoro dignitoso, a contrastare la povertà e le disuguaglianze sociali che stanno esplodendo, a sviluppare la solidarietà e la cooperazione internazionale se non riduciamo le spese militari? - si chiedono i promotori di "Ferma il riarmo" - La risposta è evidente. Eppure alcune lobby politico-mediatiche, militari e industriali vorrebbero continuare ad aumentare le spese per le armi e gli eserciti, togliendo altre preziose risorse alla cura dei nostri bisogni vitali. Una autentica follia! Mentre le sanguinose guerre in corso e la totale assenza di politiche di pace ci stanno impoverendo a vista d’occhio, mentre si sta distruggendo il tessuto produttivo italiano ed europeo aumentando la disoccupazione, il lavoro povero, precario e sfruttato, i signori della guerra e i mercanti d’armi vogliono alimentare la più pericolosa corsa al riarmo della storia».

Foto: Tima Miroshnichenko per Pexels

 

 

 

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