Cittadini e comitati per una nuova finanza pubblica

Mentre sui media impazza una campagna elettorale fatta di slogan vuoti e promesse sterili, una rete di comitati e cittadinanza attiva si riunisce il 2 febbraio al Teatro Valle Occupato di Roma per discutere di nuove possibili forme di finanza pubblica. Un nodo centrale da risolvere per poter finanziare le riforme e i cambiamenti di cui il nostro paese ha estremo bisogno.

Cittadini e comitati per una nuova finanza pubblica
Infuria la campagna elettorale. In televisione, sui giornali, alla radio; anche per strada con le enormi facce di carta che sono tornate ad invadere gli spazi pubblicitari. Si scatenano i giochi delle alleanze, c’è chi si insulta, chi si strizza reciprocamente l’occhio, qualcuno corteggia qualcun altro, altri ancora si tengono a debita distanza dalla ressa. Ma fra grandi proclami di cambiamento e promesse sterili, stenta ad avviarsi un dibattito su uno dei principali problemi del paese: come finanziare la spesa pubblica necessaria per le riforme che ciascuno propone. Lo stato e gli enti locali sono sempre più dipendenti dal credito (scarso) concesso dai mercati finanziari. Le riforme approvate a livello europeo, come il Fiscal compact ed il Meccanismo europeo di stabilità (Mes), obbligano al pareggio di bilancio e destinano soldi pubblici al salvataggio delle banche europee. L’enorme debito pubblico italiano, che supera i 2mila miliardi e sotto il governo Monti ha raggiunto il valore record del 126 per cento del Pil, ha succhiato di soli interessi 78 miliardi di euro nel 2011 (se l’Italia non avesse dovuto pagare gli interessi sul debito sarebbe stata in avanzo di 16 miliardi). Nei fatti, chiunque si troverà a governare il nostro paese nel prossimo futuro dovrà affrontare il nodo di come finanziare le riforme di cui il nostro paese ha estremo bisogno. Ma i partiti non sembrano preoccuparsene al momento, salvo poi dover annunciare che “mancano i soldi” e fare altri tagli allo stato sociale. Per fortuna c’è chi si è posto il problema e prova a trovare delle soluzioni: un gruppo di menti brillanti provenienti dal mondo dell’associazionismo e dalla società civile ha deciso di dare vita al comitato per una nuova finanza pubblica. Suoi obiettivi principali: 1. indagare nuovi modi per finanziare la spesa pubblica dello stato e degli enti locali senza dover ricorrere a pesanti indebitamenti con gli istituti bancari (peraltro sempre più restii a finanziare opere di pubblico interesse); 2. impedire che si rendano necessarie nuove manovre “lacrime e sangue” e 3. creare un audit pubblico sul debito italiano, per indagare quale percentuale di esso può definirsi “odiosa” o “detestabile”, dunque non essere pagata. Sabato 2 febbraio a Roma, negli spazi del Teatro Valle Occupato, si terrà un’assemblea pubblica e aperta a tutti i cittadini. Dalle 11 di mattina fino al pomeriggio inoltrato si discuterà cercando di creare una rete di cittadinanza attiva. Non ci sarà solo il comitato per una nuova finanza pubblica, ma anche il movimento per l’acqua, i movimenti per i beni comuni, i coordinamenti per la casa e per la sanità, i comitati territoriali per l’audit, i sindacati, le reti e le esperienze di altra economia. Fra le principali proposte che verranno discusse un ruolo di primo piano spetta alla campagna per la ripubblicizzazione della Cassa depositi e prestiti. Nata per garantire prestiti a tassi molto bassi agli enti locali, la cassa si è trasformata in un fondo sovrano gestito in maniera privatistica (nonostante sia partecipata ancora per il 70 per cento dal Ministero del Tesoro). La cassa dispone di una massa di denaro immensa: circa 250 miliardi di euro (quattro volte il volume dell'intero circuito bancario italiano), con una liquidità disponibile di 130 miliardi. La maggior parte di questi soldi (il 95 per cento circa) proviene dai depositi postali dei cittadini e potrebbe essere facilmente utilizzata per finanziare la spesa pubblica degli enti locali: ad esempio ci si potrebbero finanziare il rinnovamento degli acquedotti e della rete fognaria dei servizi idrici che torneranno ad essere pubblici nel rispetto dei referendum, la sanità pubblica, ogni intervento di interesse pubblico. Ma dato che la Cassa depositi e prestiti è oggi un ente di diritto privato, essa deve per legge perseguire il profitto, dunque scegliere gli investimenti più vantaggiosi per i suoi azionisti piuttosto che quelli più utili alla comunità. Inoltre i soldi che la Cassa continua a prestare agli enti locali sono gravati degli interessi decisi dal mercato e non offrono nessun vantaggio rispetto ad un normale prestito bancario. Da qui la campagna perché la Cassa depositi e prestiti torni ad essere un fondo pubblico a tutti gli effetti. Il 2 febbraio sarà una data importante. Sappiamo già che l'attuale classe politica non si prenderà la briga di riflettere su queste problematiche: tocca a noi farlo, in prima persona, trascinandole al centro del dibattito politico attraverso la partecipazione, così come accaduto per i referendum sull'acqua.

Commenti

http://www.beppegrillo.it/2013/01/passaparola_-_unaltra_europa_e_possibile_-_paolo_becchi.html#commenti I potenti della vecchia guardia non molleranno mai l'osso; ma la gente incomincia a rendersi conto della vigliaccheria con la quale ci costringono a pagare. E sempre più movimenti dal basso stanno rivoltando il materasso.
Claudio, 28-01-2013 02:28

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