L’energia che ho in mente: come scegliere il fornitore di gas ed elettricità

Con la liberalizzazione del mercato energetico assistiamo al moltiplicarsi dell'offerta di energia e delle promesse di risparmio e tutela dell'ambiente. Come scegliere allora a chi pagare la bolletta di elettricità e gas? Ne abbiamo parlato con Gianluca Ruggieri, ricercatore dell’Università dell’Insubria e membro di Gruppo Elettrogeno, l'equipe di esperti che ha curato la guida 'L’energia che ho in mente'.

L’energia che ho in mente: come scegliere il fornitore di gas ed elettricità
Con la liberalizzazione del mercato energetico, tutti possono scegliere a chi pagare la bolletta dell’elettricità e del gas. Per questo assistiamo a una crescente campagna pubblicitaria di aziende che promettono risparmi e tutela dell’ambiente. Prima di scegliere, però, dobbiamo imparare a farlo e quindi ci documentiamo a fondo spulciando una miriade di fonti, spesso frammentarie, poco chiare e di difficile consultazione, oppure ci rivolgiamo a qualcuno che, per fortuna, lo ha fatto per noi. Ne parliamo con Gianluca Ruggieri, ricercatore dell’Università dell’Insubria e membro del Gruppo Elettrogeno, il gruppo di esperti che ha curato la guida L’energia che ho in mente (Altreconomia 2010). L’energia che ho in mente è un librino piccolissimo per formato ma densissimo di informazioni. Oltre alle schede di circa 40 fornitori di energia ci sono suggerimenti e strumenti per il risparmio energetico ed una panoramica sulle esperienze di autoproduzione energetica in Italia. Ci racconti brevemente cos'è e cosa fa il gruppo elettrogeno e come nasce il libro? Il Gruppo Elettrogeno è formato da ingegneri ambientali e giuristi, esperti di politiche energetiche, risparmio energetico e tutela dei consumatori. Io ho curato in particolare la parte della guida che tratta il tema del risparmio energetico in casa e le esperienze di coproduzione di energia in Italia. Sostanzialmente abbiamo lavorato in parallelo per circa sei mesi in 5 o 6 persone, facendo un lavoro approfondito di ricerca, ognuno in base alle proprie specializzazioni. Il modello di lavoro è quello della Guida al consumo critico (di Gesualdi, EMI). C’è chi ha verificato le offerte commerciali in termini economici e non, chi si è occupato di verificare la qualità del servizio (l’assistenza e le risposte ai numeri verdi per esempio), chi ha verificato i pacchetti azionari delle compagnie di dispacciamento e controllato se le società che offrono energia sul mercato abbiano avuto comportamenti sanzionati dalle autorità. Quindi avete verificato in base ai dati pubblici quello che è il reale comportamento delle aziende al di là dei contenuti dei pacchetti di offerta e della comunicazione commerciale/pubblicitaria. Cosa intendi per 'comportamenti sanzionati'? Tipicamente ci troviamo di fronte a diverse eventualità. Primo problema possibile: la comunicazione pubblicitaria è diversa dalla realtà; in questo caso interviene con un provvedimento il Giurì della Pubblicità o l'Antitrust per ripristinare la correttezza dell’informazione. Altro comportamento tipico: tu consumatore non firmi niente e all’improvviso ti cambiano il contratto, è quanto accade spesso. In questi casi di solito l’azienda manda in giro delle persone pagate poco o nulla a presentare la nuova proposta commerciale. In questo caso – a seguito di una segnalazione - interviene l’Autorità garante della concorrenza e del mercato a ripristinare le condizioni contrattuali di partenza. I documenti che abbiamo utilizzato come fonti sono tutti pubblici, anche se in alcuni casi non è facile trovarli e ci vuole del tempo. Dopo la liberalizzazione del mercato energetico, tutti possono scegliere a chi pagare la bolletta dell’elettricità e del gas. Per questo assistiamo a una crescente campagna pubblicitaria di aziende che promettono risparmi e tutela dell’ambiente. Come districarsi tra le numerose offerte? Il mio messaggio è che per quanto riguarda l’elettricità i risparmi possibili cambiando fornitore sono pochi, quindi le proposte alla fine non sono troppo diverse l’una dall’altra. Prima di firmare una nuova offerta è bene sapere che la società di partenza ti permette sempre di rimanere nella cosiddetta 'condizione di maggior tutela'. I margini di risparmio tra l’autorità – che ha gestito la fornitura prima della liberalizzazione del mercato - e le offerte sono sempre piccoli, contrariamente a quanto accade per esempio nella telefonia, in cui c’è una maggior differenziazione e i margini di risparmio che possono derivare dal cambio di gestore sono sempre più alti. Quindi il mio consiglio è che – a meno che non si sappia bene quello che si sta facendo – nel dilemma tanto vale rimanere nel servizio di maggior tutela per sicurezza. Ora con la tariffa bioraria in realtà si aprono prospettive interessanti, ma bisogna sapere bene quanto e soprattutto quando si consuma. Proprio per questo stiamo pensando ad una nuova edizione della guida, che tenga conto anche dell’introduzione della bioraria. In primavera probabilmente pubblicheremo la versione aggiornata. E per chi conosce i propri consumi e ha intenzione di valutare un cambio di gestore nell’ottica di risparmiare qualche soldo? Per questo si può far riferimento al TrovaOfferte. È uno strumento web a cura dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas (AEEG) che consente di confrontare le offerte sul mercato rispetto al contratto standard per gas e elettricità, con relativamente pochi dati a disposizione, ma è comunque necessario conoscere i propri consumi per inserirli nel sistema. Aldilà del risparmio economico, quali sono gli elementi da valutare secondo te per fare una scelta oculata anche in senso ambientale? L'energia verde è sempre più costosa? Il TrovaOfferte compara solo i prezzi, ma non la 'qualità ambientale' dell'energia tra vari fornitori. Il fatto è che la totalità delle offerte di energia 'verde' ti chiede in più e non si capisce che cosa ti dia di più. Mi spiego: l’energia verde è già sovvenzionata dal sistema elettrico, che con diversi meccanismi di supporto (CIP 6, Certificati Verdi, Conto energia e Tariffa onnicomprensiva) la paga a prezzo maggiorato rispetto all’energia prodotta da fonti fossili. Diverso sarebbe il caso se la mia scelta di acquisto favorisse un incremento della produzione di energia verde, ma così non è. Per esempio, la A2A produce energia rinnovabile da vecchi impianti idroelettrici già ampiamente ripagati. Posso acquistare da loro ma non per questo costruiranno nuovi impianti, quindi pagando una cifra aggiuntiva non finanzierò automaticamente un ulteriore investimento nel settore delle rinnovabili o una riduzione degli impatti ambientali. La sostenibilità ambientale è potenzialmente un grosso fattore di differenziazione in questo periodo, perché secondo te non esistono ancora offerte innovative? Le offerte verdi non ci dicono che cosa faranno di più, e la mia scelta non sposterà gli equilibri perché se la società non vende a me venderà ad altri, dato che l’energia verde ha la priorità di dispacciamento, ovvero viene sempre acquistata dal mercato. Diverso sarebbe il caso in cui scegliessi un produttore che gestisce solo fonti rinnovabili, e che decido di premiare per la sua scelta. C’è per esempio CleanPower (tutta elettricità rinnovabile), Trenta (del gruppo Dolomiti Energia con l’85% di produzione da rinnovabili arriva a coprire tutti i clienti che ne fanno richiesta) e in generale le cooperative alpine per il settore idroelettrico. Veniamo alla trasparenza: dal 2011 ci sarà l'obbligo di inserire in bolletta il mix di fonti da cui deriva l'energia. Nell’obbligo è incluso il dettaglio tra le singole fonti? Ora possiamo sapere come è composto il mix di fonti a livello nazionale, ovvero quanta parte dell’Italia va a rinnovabili e quanta a fossili, mentre dall’anno prossimo in bolletta potrò trovare il mix del mio produttore. Ora questi dati sono pubblicati sui siti dei singoli gestori ma spesso un po’ nascosti, ecco perché per fare la guida li abbiamo cercati e sistematizzati noi. Per il futuro non c’è ancora il regolamento di attuazione, quindi non sappiamo in che termini verrà attuata la misura. La Direttiva Europea 54/2003 (Art. 3 comma 6) fa riferimento alla "quota di ciascuna fonte rinnovabile nel mix" (eolico, idroelettrico, solare etc..), ma il Decreto Ministeriale 31 luglio 2009 ci dice che le informazioni sulla composizione del mix energetico utilizzato per la produzione di energia elettrica devono basarsi sulla distinzione tra "fonti rinnovabili, gas naturale, carbone, prodotti petroliferi, nucleare, altre fonti" e "deve essere indicata in termini percentuali dell'energia venduta per fonte rispetto all'ammontare di energia elettrica complessivamente venduta dall'impresa nel medesimo anno". Non prevede quindi l’obbligo di specificare ulteriormente la produzione fonte per fonte. Vedremo come viene fuori il decreto attuativo, questo comunque non vieta alle imprese 'virtuose' di scendere ad un maggior livello di dettaglio. In questo momento la sostenibilità della produzione di energia sarebbe un ottimo strumento di differenziazione. Un chiarimento sul concetto di 'energia rinnovabile': in questo periodo si parla parecchio di termovalorizzatori e fino a poco tempo fa l’Italia concedeva prezzi incentivati per l'energia elettrica prodotta con impianti alimentati da fonti rinnovabili e 'assimilate', includendo di fatto la termovalorizzazione tra queste. Come viene classificata ad oggi l’energia prodotta dai rifiuti? La Direttiva europea n. 28/2009 dice che è da considerare rinnovabile solo la frazione organica dei rifiuti, che comprende anche la biomassa e la frazione biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani. Questo significa che dovresti calcolare quanta parte di quel che mandi a termovalorizzazione è organico. Se bruci plastica non produci energia rinnovabile, se mandi l’umido a compostaggio ti si annulla la produzione di energia rinnovabile tramite termovalorizzazione. Questo per quanto riguarda l’elettricità, ma ovviamente anche il biogas che deriva dal trattamento dei rifiuti è considerato energia rinnovabile. In alternativa al mercato 'classico' dell’energia, come segnalate sulla guida, stanno nascendo diversi progetti basati su forme cooperative di produzione ed autoproduzione condivisa. Una è l’esperienza di Retenergie, alla quale stai partecipando direttamente. Quanta parte dell'energia elettrica proviene da progetti di autoproduzione? Gli autoproduttori nel 2009 hanno realizzato circa il 6,9% della produzione elettrica nazionale (era il 5,8% nel 2008). Gli autoproduttori in genere sono grosse aziende (o consorzi) che producono elettricità e la consumano loro per almeno il 70%. Le realtà più piccole come Retenergie stanno partendo adesso quindi non occupano molto 'spazio' per ora. Quello che è interessante è l’approccio dal basso ed il fatto che stanno crescendo molto sia il progetto sia in generale le possibilità che favoriscono i piccoli impianti: ora infatti possono contare su semplificazioni fiscali e burocratiche e sui maggiori incentivi offerti dal Conto Energia all’atto ella vendita dell’energia prodotta. Dopo la scelta del fornitore viene la gestione domestica dell’energia, quindi tutte le opportunità di risparmio, su cui ci sono margini altissimi. Ti ri-giro una domanda che ho trovato nel libro, emblematica nella sua semplicità: Tu ce l'hai uno spremiagrumi elettrico? Stiri anche le mutande? No.. e non stiro niente, ma non voglio imporre il mio modello.. ci sono ottime vie di mezzo!

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