Il Dalai Lama si ritirerà a vita privata. Chi guiderà il Tibet?

"Credo che mi ritirerò tra sei mesi", con queste parole il Dalai Lama ha annunciato di avere in programma di abbandonare la scena pubblica. La speranza è quella di non dover più vivere da esule e di poter tornare in patria. Una decisione, quella della guida spirituale tibetana, che potrebbe avere importanti ripercussioni nel contesto politico, a partire dai rapporti con Pechino per la scelta di un successore.

Il Dalai Lama si ritirerà a vita privata. Chi guiderà il Tibet?
Il Dalai Lama ha rivelato la sua intenzione di uscire dalla scena pubblica, con la speranza di poter tornare un giorno in patria. "Credo che mi ritirerò tra sei mesi", ha annunciato in un programma della tv indiana CNN-IBN la guida spirituale dei tibetani, precisando che una decisione definitiva sarà presa soltanto dopo consultazioni con i dirigenti politici del movimento e con il Parlamento in esilio. Il Dalai Lama ha poi minimizzato la portata della sua decisione dichiarando che ormai da alcuni anni è un 'quasi pensionato', dal momento che dal 2001 il movimento tibetano in esilio ha messo in funzione un meccanismo in base al quale le più importanti decisioni vengono assunte dalla leadership politica. "Affinché questa forma di democrazia funzioni nel modo migliore, mi sentirei meglio se non fossi più coinvolto in alcun modo in queste attività" ha dichiarato. Nato il 6 luglio 1935 in una famiglia di contadini nel Nord-est del Tibet e riconosciuto a soli due anni come il potenziale Dio vivente, Tenzin Gyatso, questo il nome del quattordicesimo Dalai Lama, all'età di 15 anni è stato dichiarato capo politico e spirituale dei tibetani di fede buddista. Così, quando nel 1950 la Cina invase il Tibet, a prendere in mano le sorti del Paese fu proprio Tenzin Gyatso. Nel 1959, dopo la brutale repressione della rivolta dei monaci a Lhasa, la capitale del Tibet, il Dalai Lama clandestinamente trovò riparo in India insieme a ventimila suoi compatrioti. Da allora vive a Dharamsala, nel nord dell'India, dove si è stabilito anche il Governo tibetano in esilio. Il Dalai Lama è accusato dalle autorità cinesi di essere un "secessionista", anche se ha rinunciato a chiedere l'indipendenza del Tibet e si batte per una vera autonomia regionale in cui sia garantita la libertà di culto. A differenza di altri movimenti di liberazione per il Tibet che combattono gli aggressori con le armi, il Dalai Lama ha adottato la strategia della non violenza che gli è valsa anche il conferimento, nel 1989, del premio Nobel per la Pace. Rispettato nel mondo, il Dalai Lama, a 76 anni incarna le speranze di sei milioni di persone che vivono in Tibet o in esilio. Queste persone, ma anche tante altre, si chiedono dunque ora chi sarà il successore di Tenzin Gyatso. "Potrebbe non esserci un 15° Dalai Lama, o forse una donna attraente sarà la mia reincarnazione", ha scherzato il leader spirituale. Ma dietro l'ironia di queste dichiarazioni, si intravede la possibilità che la nomina del successore avvenga, a dispetto di una tradizione secolare, quando l'attuale guida tibetana sia ancora in vita. Un'opzione, quest'ultima, malvista dalla Cina che aveva pianificato di designare, alla morte di Tenzin Gyatso, un leader pronto ad obbedire a Pechino.

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