Dall'etica del lavoro al lavoro etico

È possibile cambiare paradigma? Passare dalla prospettiva dell'etica del (super)lavoro come strada per nobilitarsi a quella del lavoro etico per rispettare se stessi, gli altri e il pianeta? Assolutamente sì.

Dall'etica del lavoro al lavoro etico

Nessuno mette in discussione la sacra etica del lavoro laddove si dice che il lavoro nobilita l’uomo. Siamo abituati a pensare che "gran lavoratore" sia di per sé un complimento, una cosa assai positiva.  Addirittura nell'attuale battaglia elettorale viene sbandierato l’essere dei gran lavoratori come elemento di vanto e taluni avversari vengono accusati di essere gente che non ha mai lavorato. Se il gran lavoratore in questione risponde ad esempio al nome di Silvio Berlusconi, visti i devastanti risultati, era molto meglio se rimaneva disoccupato tutta la vita. Personalmente sono sempre assai scettico, soprattutto se si tratta di manager o simili, circa coloro che si vantano di lavorare 12 /14 ore al giorno e che dicono pure che per la carriera hanno sacrificato tutto.  Ma una persona che pensa e vive solo per il lavoro, è una persona sana di mente? Sacrifica tutto il resto e se ne vanta pure? Poi quando sono anziane queste persone si rammaricano e rattristano di non essere state con i figli e spesso se sono persone ricche o che per tutta la vita non hanno fatto altro che rincorrere il guadagno, sanno perfettamente che nemmeno tutti i loro soldi guadagnati da gran lavoratori gli daranno indietro il tempo non passato con i loro figli o i loro cari. Cari che nel caso di mogli e mariti, molte volte se ne vanno proprio perché le persone sposano il lavoro, più che i rispettivi consorti. Così come i genitori si stupiscono dei problemi dei figli quando praticamente li hanno fatti crescere a televisione, videogame e babysitter, sempre perché loro “dovevano lavorare”. Frequentemente coloro che lavorano in maniera esagerata, che non si tratti di contadini, operai o artigiani in genere, sono persone che lavorano tanto non perché i soldi non sono abbastanza per vivere ma perché sono totalmente drogate da quello che a loro sembra una cosa assolutamente da fare e cioè ammazzarsi di lavoro per raggiungere vette dalle quali poi non si vede più niente, essendo le cose importanti rimaste a valle.

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Prima di pensare che un gran lavoratore sia una persona per bene, bisognerebbe farsi alcune domande. Innanzitutto è utile chiedersi se stia trascurando le cose veramente importanti della vita, come il rapporto con i suoi cari e con la natura (quindi con se stesso), e poi se il lavoro che fa ha aspetti positivi per gli altri e per l’ambiente. Infatti già lavorare tantissimo senza che sia necessario è sintomo di malattia, ma se in più quello che si fa è pure contro gli altri e contro l’ambiente, quindi pure contro i propri figli, allora all'insanità si aggiunge la nocività. Che dire poi dell’etica dei gran lavoratori che sfruttano bestialmente gli altri, che trattano male i sottoposti, che utilizzano il mobbing,  fanno fuori colleghi e competitor senza scrupolo alcuno?

E non si pensi che non ci siano alternative, perché fra i libri che ho scritto e le decine di articoli in tema, posso elencarvi  una innumerevole serie di ambiti lavorativi etici a favore degli altri e dell’ambiente che non solo riassorbirebbero tutta la disoccupazione, ma  darebbero la possibilità a milioni di persone di cambiare lavori nocivi. E sappiamo anche molto bene che vivendo in maniera sobria ma dignitosa e recuperando gli aspetti comunitari di reciproco aiuto, senza seguire le assurde sirene della pubblicità, si può vivere con meno rispetto a quello che la società del consumo ci dice sia assolutamente indispensabile guadagnare. E lavorando meno ci si può dedicare a tante altre cose che hanno un valore, importanza ed etica anche maggiore del lavoro stesso. In un'ottica di lavori non etici, nocivi e per i quali si trascura quello che veramente conta nella vita, non è affatto un disonore lavorare meno, anzi: meglio lavorare il meno possibile se si sta facendo un lavoro dannoso per se stessi e gli altri perché così si riducono al minimo gli aspetti negativi. Come citiamo nel libro Pensare come le montagne scritto assieme a Valerio Pignatta, il lavoro, così come attualmente considerato, è un disturbo comportamentale dell’era moderna, non un mezzo per crescere personalmente e di costruzione di un mondo migliore. Se sentite qualcuno che si vanta di lavorare tantissimo e snocciola i suoi titoli e i suoi successi, guardatelo con compassione e fategli coraggio, magari in  futuro potrebbe anche guarire, chissà….

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