Disastro ambientale a Pomezia: cosa c'è dietro?

Il disastro ambientale di Pomezia avrà conseguenze pesantissime e mette in luce una situazione tutt’altro che chiara: a sostenerlo e a scrivere al ministro dell’ambiente e alle autorità della Regione Lazio sono i Gruppi di Ricerca Ecologica del Lazio.

Disastro ambientale a Pomezia: cosa c'è dietro?

Dopo il disastroso incendio al sito Eco X di rifiuti speciali di Pomezia (scoppiato all’inizio di maggio), il ministro della salute Beatrice Lorenzin ha affermato che «I dati dei campionamenti sui terreni e sugli alimenti ci dicono che le cose sono molto positive», anche se secondo Arpa Lazio il livello di diossine era 700 volte superiore alla soglia di salute

Ad intervenire con una dura presa di posizione e con una lettera aperta a ministro della salute e dell’ambiente, autorià della Regione Lazio, alla Procura, all’Ausl e all’Arpa sono i gruppi di Ricerca Ecologica, per bocca dei portavoce Marco Tiberti  e Carlo De Falco.

Ecco il testo della lettera aperta.

Dieci interrogativi sul disastro ambientale di Pomezia

1) L’impianto e l’attività svolta erano in regola con le autorizzazioni?

Premesso che la Eco X S.r.l. non risulta tra i soggetti per i quali sia stata rilasciata autorizzazione integrata ambientale (conosciuta anche con l’acronimo AIA, o in inglese IPPC) di cui al D.lgs. n. 59/2005, le attività effettivamente condotte all’interno del perimetro aziendale venivano svolte in modo regolare, in particolare rispetto al D.lgs. 152/06 e alla L.R. 27/98 come modificata con successiva Deliberazione di Giunta 5 agosto 2014 n. 548? Ed era in possesso del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) di cui agli artt. 17 e 28 del D.lgs. 81 del 9 aprile 2008 e s.m.i., di cui la valutazione del rischio incendio è parte integrante? Chi ha effettuato i controlli periodici?

2) Cosa ha scatenato l’incendio la mattina del 5 maggio?

Negli ultimi due anni sono andate a fuoco oltre cento tra discariche e aziende per il trattamento dei rifiuti. Nel sito sulla Pontina Vecchia, dove già 10 anni fa ci sarebbe stato un incendio, avrebbero dovuto esserci esclusivamente materiali speciali in attesa di smaltimento, ed in particolare imballaggi: quindi carta, lavorati del legno, plastiche, metalli. Forse anche cemento, secondo quanto dichiarato alla stampa dall’amministratore della ditta. E parrebbe anche rifiuti ospedalieri. Era effettivamente così o nel sito erano stoccati anche rifiuti tossici o pericolosi? Inoltre, quali sono state le dinamiche dell’incendio? Diversi testimoni hanno parlato di un boato e di fiamme sprigionatesi dall’esterno, probabilmente dalle enormi quantità di materiali stoccati ripetutamente denunciate alle autorità competenti dai cittadini e dal Comitato di quartiere Cinque Poderi, ma senza apparenti risultati: sono stati effettuati controlli, a seguito di quelle reiterate segnalazioni?

3) La polizza rumena sull’impianto vale come carta straccia?

Come è stato possibile che nel 2014 la Regione Lazio, nonostante l’IVASS avesse posto il divieto alla compagnia rumena City Insurance S.A. di assunzione di nuovi affari in Italia sin dal 2 luglio 2012 (provvedimento n. 2988), con una “presa d’atto” dell’affitto del ramo d'azienda inerente il magazzino di Pomezia alla Eco Servizi per l'Ambiente Srl (Determinazione n. G14725 del 17 ottobre 2014 a firma del direttore Manuela Manetti) abbia autorizzato la Eco X S.r.l. anche alla sostituzione della garanzia fideiussoria di € 725.000,00 con cui, dal 2010 e per 12 anni, doveva essere assicurato l'impianto, proprio con l’istituto assicurativo italiano ma con sede a Bucarest (tra l’altro attenzionato anche dal Gico della GdF)? Chi risarcirà i cittadini, le aziende e le amministrazioni pubbliche da questa polizza dai danni e per il risanamento ambientale?

4) Perché le istituzioni preposte stanno minimizzando l’accaduto?

Gianfranco Amendola, ex Procuratore della Repubblica di Civitavecchia, dalle pagine del Corriere della Sera del 10 maggio 2017 ha lanciato un appello ad Arpa e ASL a non sottovalutare l’incidente. Perché, soprattutto nelle prime fasi dell’emergenza e soprattutto da parte di Arpa e dai massimi vertici della Regione Lazio, è sembrato che si volesse minimizzare l’accaduto e tranquillizzare i cittadini, addirittura arrivando ad ipotizzare che nella struttura non fosse presente amianto nonostante le indicazioni dell’ASL Roma 6 fossero tutt’altre, come accertato e confermato anche dalla Procura della Repubblica di Velletri? Perché, inoltre, non è stato immediatamente allertato anche l’ISPRA del Ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare?

5) Con chi intratteneva relazioni industriali la Eco X S.r.l.?

La Eco X S.r.l. di Pomezia è stata autorizzata per dieci anni dalla Regione Lazio all’esercizio di un impianto di stoccaggio e trattamento di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi (Determinazione del 21.04.2010, B2232 a firma del Direttore Dipartimento del Territorio Raniero De Filippis). Ma con chi intratteneva relazioni industriali? Aveva anche partner pubblici o aziende pubbliche? Quali i legami con le associazioni ambientali pubblicizzati sul sito istituzionale? E quali i rapporti con la “Caturano Autotrasporti Srl” di Maddaloni (azienda colpita da interdittiva antimafia a titolo definitivo, giusta sentenza del Consiglio di Stato n.3208 del 5 giugno 2014), i cui automezzi il 13 gennaio 2015 furono sopresi dalla Guardia di Finanza di Avezzano trasportare rifiuti della stessa Eco Servizi per l’Ambiente Srl in un capannone abbandonato ed appena riacquistato all’asta, sito nel nucleo industriale di Avezzano, in via Nobel?

6) La gestione locale della fase di emergenza è stata idonea?

I piani di emergenza sono l’insieme delle procedure operative di intervento per fronteggiare una qualsiasi calamità attesa in un determinato territorio, incluso quindi il rischio industriale ed ambientale: sono obbligatori ai sensi della legge 100 del 12 luglio 2012. Un piano d’emergenza deve recepire il programma di previsione e prevenzione, ed è lo strumento che consente alle autorità di predisporre e coordinare gli interventi di soccorso a tutela della popolazione e dei beni in un’area a rischio. Sulla base dei dati del Dipartimento dalla Regione Lazio, tra quelli interessati dell’evento disastroso del 5/5/2017, i Comuni di Pomezia, Aprilia, Velletri, Ciampino, Marino, Artena, Grottaferrata, Roma, Nettuno, Rocca Massima, Rocca Priora, Cisterna di Latina, Norma, Sermoneta risultano tra quelli che si sono dotati di un piano di emergenza comunale: nell’occasione, sono stati tempestivamente ed idoneamente attivati? Sebbene sia obbligatorio, inoltre, Ardea, Albano Laziale, Anzio, Cori, Lariano, Genzano, Nemi, Ariccia, Castel Gandolfo, non risulterebbero mai aver adottato il piano di emergenza comunale.

7) Sono stati avviati controlli straordinari nelle mense scolastiche?

Molte delle mense scolastiche dei territori delle provincie di Roma e Latina servono quotidianamente pasti preparati utilizzando materie prime fresche provenienti da produttori locali. Ad esempio, il servizio di refezione scolastica del Comune di Roma Capitale (suddiviso in 11 Lotti) è stato affidato valutando positivamente le politiche di approvvigionamento dei prodotti alimentari che valorizzino l'impiego di alimenti a filiera corta, cioè di prodotti che abbiano viaggiato poco e subito pochi passaggi commerciali prima di arrivare alla cucina e alla tavola, nonché considerando le misure volte al contenimento degli impatti legati al trasporto delle merci: di conseguenza, l’8 maggio il Direttore del Dipartimento Servizi Educativi e Scolastici di Roma Capitale ha disposto in via precauzionale il divieto di approvvigionamento delle derrate alimentari destinate alle mense provenienti da un raggio di 50 km dall’evento, fino a nuova disposizione. Gli altri sindaci hanno adottato analoghe misure precauzionali straordinarie per la tutela della salute dell’intera platea scolastica, verificando e disponendo che i pasti serviti nelle scuole dalle ditte appaltatrici non contenessero prodotti anche solo potenzialmente contaminati dagli inquinanti?

8) Chi ci proteggerà da diossina e amianto?

Mentre Arpa si è affrettata a misurare le concentrazioni di particolato ed idrocarburi nei luoghi esposti al disastro, il vero pericolo è rappresentato:

- dalle DIOSSINE (sottoposte alla Convenzione di Stoccolma sugli inquinanti organici persistenti del 2001) emesse in atmosfera dalla combustione del sito e che possono essere trasportate per grandi distanze e successivamente depositarsi, ed essere ritrovate nell’acqua, nei terreni e nei sedimenti: possono quindi depositarsi sul suolo e sulle parti arboree dei pascoli e dei seminativi rendendosi così disponibili per l’ingestione da parte degli animali da pascolo e da allevamento; possono inoltre essere trasportate dalle acque superficiali e raccolte nei sedimenti e raggiungere quindi la fauna ittica. In ogni caso penetrando nella catena alimentare: le diossine sono composti estremamente tossici per l'uomo e gli animali, sono tra i più potenti veleni conosciuti, provocano l’endometriosi, e sono classificate come sicuramente cancerogene (gruppo 1, Cancerogeni per l'uomo dalla IARC, dal 1997 la TCDD);

- dall’AMIANTO, incapsulato nella copertura del sito sulla Pontinia Vecchia e polverizzatosi in miliardi di fibre che hanno ormai contaminato tutto il territorio e che semineranno malattie e morte in tutto il circondario nei prossimi decenni, come già ipotizzato dall'Osservatorio Nazionale Amianto: oltre ad avere effetti fibrogeni, capaci di provocare l’insorgenza di asbestosi, placche pleuriche, ispessimenti pleurici, complicazioni cardiovascolari, l’amianto ha effetti cancerogeni provocando, oltre al mesotelioma della pleura, del peritoneo, del pericardio e della tunica vaginale del testicolo e del polmone, anche altre neoplasie, quali il cancro alla laringe e alle ovaie. Inoltre è stata confermata l'associazione tra esposizione ad amianto e una maggiore incidenza di cancro alla laringe, allo stomaco e al colon-retto.

Eventi quali quello in esame possono costituire una possibilità di contaminazione dei comparti suolo, aria e acqua. Quale strategia verrà posta in essere di fronte a questo disastro ambientale? Sono stati elaborati dei modelli per definire l’area a rischio anche in relazione alla ricaduta a distanza delle sostanze emesse? Quali inquinanti, anche alla luce della bibliografia riconosciuta scientificamente, si intende analizzare? È stata avviata la raccolta di campioni di prodotti agricoli, suolo, acqua?

9) Chi riparerà i danni all’ambiente e ci sarà trasparenza?

Chi monitorerà, negli anni, i danni ai delicati ecosistemi dei seguenti patrimoni naturali del Lazio e, in caso di contaminazione, l’eventuale pericolo per i fruitori nonché la bonifica (ove mai fosse possibile)?

            -Parco Regionale dei Castelli Romani 


            -Riserva Naturale Regionale “Sughereta” di Pomezia 


            -Riserva Naturale Statale “Tenuta di Castelporziano” di Roma (con al suo interno la ZPS 
IT6030084 ed i SIC IT6030027 e IT6030028) 


            -Riserva Naturale Regionale “Decima Malafede” di Roma (la cui sughereta di Castel di 
Decima è il SIC IT6030053) 


            -Riserva Naturale “Tor Caldara” di Anzio (che è anche SIC IT6030046) 


            -Riserva Naturale Regionale “Villa Borghese” di Nettuno 


            -Monumento Naturale "Giardino di Ninfa" di Cisterna di Latina 


            -Monumento Naturale "Torrecchia Vecchia" di Cisterna di Latina 


            -Monumento Naturale “Lago di Giulianello” di Cori 


            -Monumento Naturale “Madonna della Neve” di Rocca Priora 


            -ZPS “Monti Lepini” di Artena (IT6030043) 


            -ZPS “Lago di Albano” a Castel Gandolfo (IT6030038 e SIC IT6030039) 


            -SIC “Maschio dell'Artemisio” (IT6030017) tra i comuni di Lariano – Nemi – Rocca di Papa – 
Rocca Priora – Velletri 


            -SIC “Cerquone – Doganella” (IT6030018) tra Rocca di Papa - Rocca Priora – Artena 


            -SIC Litorale di Torre Astura (IT6030048) a Nettuno 


            -SIC “zone umide ad ovest del Fiume Astura” (IT6030049) a Nettuno 


            -SIC “Bosco di Foglino” a Nettuno (IT6030047) 


            -SIC “Macchia della Spadellata e Fosso S. Anastasio” (IT6030044) ad Anzio 


            -SIC “Lido dei Gigli” (IT6030045) ad Anzio
Il D.lgs. 14 marzo 2013, n. 33 in attuazione della legge 190/2012 (cosiddetta legge “anticorruzione”) obbliga le Amministrazioni pubbliche a pubblicare sui loro siti istituzionali le informazioni ambientali di cui sono in possesso. Quali azioni si sono intraprese e si intendono intraprendere per informare la popolazione sui livelli di contaminazione ambientale in relazione anche alle disposizioni di maggior tutela recate dalle norme di settore, ovvero il D.lgs. 152/2006 (articolo 3), la legge 108/2001 (ratifica della Convenzione di Aarhus del 1998, testo base a livello Ue sull’accesso alle informazioni ambientali e alla giustizia ambientale) e il D.lgs. 195/2005 che in attuazione della direttiva 2003/4/Ce regolano forme e modi dell’accesso del pubblico alle informazioni ambientali? 


10) Chi ripagherà i danni all’economia tradizionale? 


Gli inquinanti sprigionati dall’incendio di Pomezia possono mettere letteralmente in ginocchio il comparto agroalimentare di un territorio pari a circa un sesto dell’intera Regione Lazio. Le produzioni di eccellenze nonché addirittura gli stessi riconoscimenti di tipicità potrebbero svanire: i vini Cannellino di Frascati, il Frascati Superiore, l’Aprilia, il Cori, il Frascati, il Nettuno, il Velletri, i derivati del latte di bufala campana, il kiwi Latina, fragoline di Nemi, il pinolo del litorale Laziale, l’uva pizzutello. Oltre a migliaia di ettari di produzioni biologiche frutto degli sforzi degli imprenditori agrari. Chi ripagherà tutto ciò? 
I Gruppi Ricerca Ecologica Lazio, associazione regionale dei Gruppi di Ricerca Ecologica riconosciuti dal Ministero dell'Ambiente ai sensi dell'art. 13 della L. 349/86, annunciano sin d’ora che si costituiranno parte civile nel processo penale 


 

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