«Territorio e disastri: nella prevenzione bisogna crederci»

«Perchè la prevenzione delle emergenze funzioni occorre crederci e farla seriamente. E questo non è scontato. Basta guardare cos'è successo con il recente sisma...». Parla Francesco Maria Ermani, esperto di Piani di prevenzione e alla guida della società Servizi Professionali Innovativi.

«Territorio e disastri: nella prevenzione bisogna crederci»

«Faccio l’imprenditore, produco soluzioni per fare prevenzione delle emergenze. Nel dopo terremoto sono stato in silenzio, tutti parlavano di Piani di Emergenza più o meno sbagliati, più o meno vetusti. In mezzo a tante notizie che si inseguivano, nella ricerca costante dello scoop, mi sono reso conto che è tutto semplificato, troppo semplificato, funzionale a trovare un colpevole e evitare di fare autocritica o individuare un percorso diverso: tutti mandiamo i figli a scuola sapendo che il piano di evacuazione spesso non è aggiornato. Per non essere quelli che cercano il pelo nell’uovo taciamo». Francesco Maria Ermani, alla guida della società Servizi Professionali Innovativi ed esperto di gestione delle emergenze, riflette amaramente su quanto è accaduto di recente in Centro Italia, situazione che richiama alla mente altrri disastri e altre situazioni precarie non tanto lontane nel tempo.

«Tutti accettiamo una dose di rischio, guidando in strade dissestate o accanto a torrenti impazziti o vivendo alle pendici del Vesuvio. Ma quando ci sono le emergenze è come se un velo venisse sollevato. E scopriamo come per incanto di vivere in un mondo di proclami e virtualità perché nell’era delle smartcities, dei big data e degli open data, fare un piano d’emergenza comunale cartaceo o dis-aggregato è il miglior modo per amplificare i rischi. Fare un piano cartaceo e disaggregato (quindi non aggiornabile e non condivisibile e suddiviso in più componenti) è inutile. Inutile come una ruota quadrata. Il fatto che non ci siano sanzioni per tanta arretratezza o, peggio, per non avere il piano o non aggiornarlo, non può essere una scusa: la tecnologia costa poco, pochissimo, un investimento (minimale) riduce il rischio di danni a persone o cose. La tecnologia potrebbe essere un farmaco salvavita che costa come un farmaco generico. Fare prevenzione come nel paleolitico determina sviste, mancati controlli, malintesi e ci si può ritrovare con piani che prevedono aree di attesa ed accoglienza in posti sbagliati, o scenari completamente fuori luogo, senza che nessuno se ne accorga o lo segnali».

Come agire, dunque, in un'Italia assuefatta alla mala-amministrazione?

«E’ ora di cambiare passo - dice Ermani - di rendersi conto che i siti comunali devono essere

- il luogo della prevenzione vera e on line,

- il luogo in cui conoscere cosa fare e dove andare se...,

- il luogo in cui tutto è aggiornato 365 giorni all’anno.

Basta coi piani comunali chiusi nei cassetti, basta con piani che nascono già superati e fatti di cento pezzi tra loro separati: la prevenzione è on line o non è, è cloud o non è, è pubblica e trasparente o non è».

«C’è un solo modo per provare a ricucire un rapporto di fiducia fra istituzioni e cittadini: condividere un percorso di prevenzione e fare una reale analisi dei rischi per ogni opera, manifestazione o progetto. Fare prevenzione seriamente è molto simile a quello che accade fra due innamorati: c’è un momento in cui si raccontano tutto del loro passato, senza nessuna censura, e si accettano. Sapere che gli amministratori hanno permesso insediamenti produttivi pericolosi per la salute dei condomini costruiti a 50 metri di distanza, dopo un momento di rabbia, deve essere lo spunto per avviare un processo di mitigazione e condivisione delle prassi. La democrazia poggia su questo rapporto di massima ed assoluta trasparenza fra amministratori e cittadini. E come ogni cosa che ha fondamenta solide ed entra nel quotidiano trasformandosi da proclama ad abitudine, a stile di vita, la vera prevenzione deve iniziare dalle periferie perché sono quelle che provano sulla loro pelle l’abbandono e l’incuria determinati da anni di scelte miopi».

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