Emission Trading System: nel 2010 in aumento le emissioni di CO2 in Europa

Dai registri dell’Emission Trading System - il sistema per lo scambio delle quote di emissioni di gas a effetto serra dell’Unione europea - risulta un aumento della quantità totale emessa nel 2010 rispetto al 2009. Il commissario UE per l’Azione climatica, Connie Hedegaard, confida, tuttavia, di poter ottenere migliori risultati nel prossimo futuro.

Emission Trading System: nel 2010 in aumento le emissioni di CO2 in Europa
L'Emission Trading System (ETS) è uno degli strumenti sviluppati dall'Unione europea per condurre la sua azione di contrasto al cambiamento climatico e include ad oggi circa 12mila centrali e impianti in 30 paesi. Alla base del suo funzionamento c’è il “cap and trade principle”, che consiste nel fissare un limite alla quantità di emissioni che ciascun impianto può produrre e nel permettere alle aziende virtuose di vendere le proprie eccedenze a quelle che non riescano a rispettare tale soglia. In questo modo si assicura un beneficio economico a chi non sfrutta tutte le quote che gli sono attribuite, in quanto può monetizzarle vendendole ad altri; parallelamente si disincentiva l'eccesso di emissioni rispetto alle quote in proprio possesso, dal momento che ulteriori esigenze richiedono l'acquisto di nuove assegnazioni. Al termine di ogni anno ciascuna impresa è tenuta a restituire tante quote quante sono le emissioni provocate nel periodo di riferimento, vendendo o conservando per esigenze future quelle in eccesso. Secondo i dati del Catalogo indipendente comunitario delle operazioni (CITL) le imprese si stanno adeguando alle regole del sistema e solo il 2% di esse non ha rispettato la scadenza del 30 aprile 2011 per la restituzione delle quote relative alle emissioni complessivamente generate nel 2010. Tuttavia vi è un altro dato meno incoraggiante: nel 2010 si registra un aumento delle emissioni pari a oltre il 3% rispetto all’anno precedente. Secondo il commissario UE Connie Hedegaard, tale incremento è legato alla ripresa economica ed è in linea con le stime degli esperti e con i limiti fissati per il periodo attuale, compreso tra il 1 gennaio 2008 e il 31 dicembre 2012. Per quanto riguarda l'Italia nel 2009, su quasi 204 milioni di quote assegnate, le emissioni verificate ammontavano a 184,7 milioni, mentre nel 2010, su circa 200 milioni di quote, quelle emesse superavano 191,4 milioni. Questo significa che la percentuale di "assorbimento delle assegnazioni" è cresciuta di 5 punti percentuali dal 91% del 2009 al 96% del 2010, mentre le emissioni sono cresciute del 3,6%. Hedegaard si è detta convinta che migliori risultati potranno essere conseguiti nel prossimo corso: a partire dal 2013, infatti, l’Unione procederà ad una riforma del sistema che includerà, oltre alle centrali, agli impianti di combustione e agli altri attuali settori, anche l’industria petrolchimica, dell'ammoniaca e dell'alluminio. Altri cambiamenti riguarderanno il progressivo spostamento verso la vendita all'asta delle quote - la cui quantità tende a diminuire per arrivare al 2020 con il 21% di emissioni in meno rispetto al 2005 - e l’introduzione di misure per rafforzare la sicurezza del sistema, tra le quali l’accorpamento dei registri nazionali in un unico contenitore europeo. Infine, dal momento che altri paesi stanno guardando all’ETS come ad un modello da imitare, in prospettiva è possibile pensare al collegamento tra i diversi sistemi all’interno di un mercato globale del carbonio. L’ottimismo della Commissione per il futuro non deve tuttavia mascherare un segnale importante proveniente da questi dati: se l’aumento delle quote di emissioni nel 2010 è riconducibile secondo l’Unione stessa alla ripresa dell’economia, c’è da chiedersi quanto i modelli attuali di crescita, compresi quelli in versione 'green', e la sostenibilità ambientale siano effettivamente compatibili. Intervenendo ieri ad un convegno organizzato a Roma dalla Rappresentanza in Italia della Commissione europea sul tema dell’efficienza nell’uso delle risorse, Mariagrazia Midulla del WWF e Laura Ciacci di Slow Food hanno entrambe sottolineato come ogni sforzo sarà vano senza un cambiamento radicale di prospettiva e di mentalità, perché l'impegno in difesa dell'ambiente non sia più letto come un male necessario, come una privazione, bensì come una serie di passi in avanti verso quello che in America Latina si chiama il Buen Vivir, un'appartenenza alla terra non più nella forma del dominio, ma della relazione e dell'interdipendenza.

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