Emissioni: Ue, giù i livelli di zolfo nei carburanti delle navi

Con il voto definitivo della plenaria del Parlamento europeo, arriva a conclusione l'iter delle nuove norme che riducono il livello di zolfo consentito nei combustibili delle navi. Una direttiva che allinea l'Europa ai limiti imposti dall'Organizzazione marittima internazionale, ma che rischia di aggravare, con la corsa ai biocarburanti, il fenomeno del land grabbing.

Emissioni: Ue, giù i livelli di zolfo nei carburanti delle navi
Obiettivo della risoluzione, che introduce limiti più severi al tenore di zolfo dei combustibili delle navi, è migliorare la qualità dell'aria lungo le coste europee e ridurre il numero di decessi prematuri causati dall'inquinamento atmosferico; decessi che il Parlamento Ue stima in circa 50mila ogni anno. Secondo la relatrice Satu Hassi (Verdi), la legislazione, oltre a intervenire su una grave fonte di inquinamento, rappresenta “anche la riforma sanitaria più importante di questo mandato parlamentare”. Il voto finale dell'Assemblea di Strasburgo - con 606 voti favorevoli, 55 contrari e 3 astensioni - arriva dopo un lungo negoziato con i paesi membri culminato, a maggio, nell'accordo con i 27. Gli eurodeputati sono riusciti ad ottenere che la legislazione entri in vigore non più tardi del 2020, mentre i governi puntavano a rinviare i tempi di applicazione della nuova soglia di altri cinque anni. In linea con quanto stabilito dall'Organizzazione marittima internazionale, le navi operanti nei mari europei dovranno rispettare un livello massimo di zolfo per i combustibili pari allo 0,5%, contro l'attuale 3,5%. Per quanto riguarda le aree di controllo speciale - Mar Baltico, Mare del Nord e Canale della Manica -, invece, a partire dal 2015 il limite da rispettare dovrà scendere dall'attuale 1% allo 0,1%. La risoluzione contiene anche un invito alla Commissione europea perchè - nell'ambito della revisione della legislazione Ue sulla qualità dell'aria, attesa per il 2013 - valuti la possibilità di estendere i limiti più severi applicati nelle aree a controllo speciale (Seca) a tutte le acque territoriali dell'Unione. Sui controlli e sull'entità delle sanzioni in caso di violazioni saranno i singoli Paesi a decidere. Anche circa le modalità e mezzi per rispettare le nuove soglie la risoluzione lascia spazio all'iniziativa dei governi, ma suggerisce l'utilizzo di depuratori e di carburanti più puliti, rendendo sempre più urgente intervenire su un tema che ha visto finora le istituzioni Ue piuttosto silenti: quello del nesso tra sviluppo dei biocarburanti e land grabbing, ovvero l'accapparamento di terreni agricoli nell'Africa subsahariana, nel Sudest asiatico e in America latina. L'Europarlamento ha in realtà tentato di attirare l'attenzione sul fenomeno della rapina delle terre. Nel 2011 la relazione dell'eurodeputata danese Gabriele Zimmer sulla food security ha sottolineato che la produzione di biocarburanti minaccia l'approvvigionamento alimentare, in un contesto che vede già oltre un miliardo di persone escluse dall'accesso al cibo, e ha chiesto ai governi europei di intervenire a tutela delle popolazioni, prevenendo il land grabbing e incentivando l'uso di scarti di agricoltura e allevamento per la produzione dei combustibili. All'inizio di quest'anno, invece, quattro eurodeputati italiani - Patrizia Toia, Elisabetta Gardini, Silvia Costa e Sergio Cofferati - hanno scritto all’Alto rappresentante per gli Affari esteri dell'Unione Catherine Ashton per denunciare lo scippo di terre in Etiopia, con tanto di violenze e deportazioni degli abitanti, ma la risposta della commissaria è stata a dir poco deludente: tutto sotto controllo per la baronessa Ashton, nonostante le indagini condotte dallo Oakland Institute e da Human Rights Watch testimonino ben altro. Ma l'Unione europea non è l'unica complice negli abusi che hanno condotto alla cacciata di circa 70mila persone dalle loro terre. Anche la petizione rivolta dallo Oakland Institute al presidente degli Stati Uniti Barack Obama, almeno finora, non ha prodotto risultati.

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