Energy Roadmap, decarbonizzare il sistema energetico entro il 2050

La Commissione europea pubblica la tabella di marcia per azzerare le emissioni nella produzione di energia entro il 2050. Per molti un'occasione mancata: non ci sono obiettivi vincolanti per rinnovabili ed efficienza energetica e resiste l'opzione nucleare.

Energy Roadmap, decarbonizzare il sistema energetico entro il 2050
Il 15 dicembre scorso la Commissione europea ha presentato la sua Energy Roadmap 2050. La comunicazione fa seguito ad una tabella di marcia più generale, pubblicata nel marzo 2011, per un'economia decarbonizzata, dove tutti i settori - non solo energia, ma anche trasporti, edilizia, industria e agricoltura -, concorrono alla riduzione delle emissioni inquinanti. Per il commissario all'Energia, Günther Oettinger, la decarbonizzazione del sistema è non solo una prospettiva praticabile, ma anche vantaggiosa a livello economico: “al momento i costi del business as usual e quelli della decarbonizzazione sono i medesimi – ha infatti spiegato il commissario -, ma a lungo termine la seconda prospettiva risulterebbe meno onerosa”. La Roadmap UE per l'energia lega l'obiettivo comunitario di ridurre dell'80% le emissioni inquinanti entro il 2050 innanzitutto alla completa decarbonizzazione della produzione energetica: solo se saremo in grado di produrre energia a impatto zero il livello complessivo delle emissioni potrà subire una riduzione drastica. Quattro i pilastri su cui si fonda il nuovo modello energetico. Innanzitutto l'efficienza e la riduzione dei consumi. In secondo luogo l'aumento della quota prodotta da fonti rinnovabili. Poi lo sviluppo delle tecniche di cattura e stoccaggio di CO2 (Carbon capture storage). Infine, l'energia nucleare, che l'Unione non prescrive agli Stati membri, ma continua a difendere quale alternativa sicura e sostenibile alle fonti tradizionali. Lo sforzo della Commissione è diretto soprattutto a comunicare l'urgenza degli investimenti nel settore energetico: spendere oggi significa per Bruxelles pagare meno domani, grazie ai risparmi conseguibili con l'efficienza dei consumi, alla riduzione della dipendenza dalle fonti fossili e dalle fluttuazioni che ne caratterizzano i prezzi, ma anche in considerazione del costo dell'adeguamento ai cambiamenti climatici. Meno pregnante invece il messaggio per quanto riguarda la meta cui si ambisce. Oltre all'obiettivo del taglio delle emissioni per il 2050, non ci sono target vincolanti. Agli Stati membri si forniscono quindi una serie di indicazioni che potranno combinare nel modo per loro più opportuno con iniziative da adottare a livello nazionale. Il commissario Oettinger ha assicurato che nel caso in cui non dovessero essere conseguiti progressi entro i prossimi tre anni, la Commissione potrebbe riprendere in mano la materia e stabilire regole obbligatorie. Si discute poi la possibilità di prevedere un obiettivo intermedio vincolante nel 2030, che consisterebbe in “una riduzione delle emissioni del 20% rispetto agli anni Novanta” e quindi di fatto non aggiungerebbe nulla a quanto già previsto dalla strategia Europa 2020. Debolezze che non sono sfuggite alle associazioni ambientaliste, né alle organizzazioni che operano nel settore delle fonti rinnovabili. Per Frauke Thies, direttore della politica energetica di Greenpeace, il ricorso alle fonti rinnovabili peserebbe sulle tasche dei contribuenti esattamente quanto quello al carbone o al nucleare, ben più pericolosi, ma in assenza di indicazioni vincolanti su come comporre il mix energetico “la Commissione sarà tentata di dare maggior peso al carbone e all'energia nucleare”. Secondo l'Epia, l'associazione dell'industria fotovoltaica europea, invece, il costo della transizione alle rinnovabili è stato sovrastimato e questo ha determinato la mancanza di ambizione del quadro normativo comunitario. Rispetto alla strategia Europa 2020, che poneva l'obiettivo del 20% di energia prodotta da rinnovabili entro il 2020, per l'Epia la nuova comunicazione avrebbe dovuto perlomeno innalzare tale quota al 45% entro il 2030. Sulla stessa linea Rebecca Harms, co-presidente del partito ambientalista europeo, secondo cui “nella roadmap le proiezioni sui contributi per l'energia rinnovabile sono eccessivamente pessimistiche” a tutto vantaggio dei progetti che puntano su nucleare e carbon capture storage.

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