L'Europa e il dilemma della contaminazione del cibo

Francia e Germania lanciano l'allarme sui cibi importati dal Giappone e sul pericolo di contaminazione di latte e verdure anche sul suolo europeo, in seguito a piogge radioattive; in Italia, gli enti che controllano i livelli di radioattività diffondono dati più rassicuranti. Mentre in Giappone si continua a lottare per raffreddare i reattori l'Europa si divide sui rischi legati alla catastrofe nucleare.

L'Europa e il dilemma della contaminazione del cibo
Mentre in Giappone proseguono i tentativi di raffreddamento dei reattori, a migliaia di chilometri di distanza, in Europa, ci si chiede quali siano i rischi di contaminazione per la popolazione. I fattori che preoccupano sono principalmente due: le importazioni di cibo dalle aree più colpite e la contaminazione dei cibi più sensibili sul suolo europeo, tramite piogge radioattive. Sul primo fronte l'Ue ha deciso di aumentare i controlli sulle importazioni ed abbassare la soglia di tolleranza sui cibi in arrivo dal Giappone. In precedenza, l'Istituto Ambientale di Monaco aveva fortemente criticato i valori ammessi di Iodio 131 e Stronzio 90, richiedendo persino il divieto assoluto di importazione. La drasticità delle misure richieste era dovuta ad una serie di considerazioni che sembrano indicare rischi maggiori legati all'assunzione delle due sostanze per la popolazione di alcune aree europee. In alcune aree della Germania, ad esempio, in cui c'è un'assenza totale di iodio, l'organismo degli abitanti del luogo non sarebbe in grado di distinguere lo iodio 131 da quello comune. Dunque, come ha dichiarato la portavoce dell'Istituto Christina Hacker, "di fatto il pericolo di ammalarsi di cancro alla tiroide è molto più alto da noi rispetto al Giappone". Per lo stronzio, poi, i cui tempi di dimezzamento sono molto più lunghi rispetto allo iodio, è stato richiesto che i valori non siano superiori a quelli di plutonio, che si riducono più rapidamente. In generale il consiglio dell'Istituto Ambientale di Monaco è quello di evitare cibi provenienti dal Giappone. A questo proposito alcuni docenti della Facoltà di Veterinaria dell'Università Federico II di Napoli hanno lanciato l'allarme sul pericolo che del pesce contaminato, per lo più surgelato, riesca a entrare sui nostri mercati attraverso altre rotte marittime. Ma, come dicevamo, l'importazione dei cibi non è l'unico rischio che spaventa l'Europa. L'ong francese CRIIRAD (Commission de Recherche et d'Information Indépendantes sur la Radioactivité) ha rilevato presenza di iodio 131 nell'acqua piovana ed in alcuni campioni di latte fresco prelevati il 28 marzo nel sud-est della Francia, a pochi chilometri dall'Italia. L'allerta, secondo l'istituto francese, riguarderebbe anche i paesi vicini: Belgio, Germania, Italia, Svizzera. In questi paesi la CRIIRAD raccomanda un consumo attento dei prodotti più sensibili alle radiazioni, come il latte, i formaggi cremosi, le verdure a foglia larga. "I pericoli — si legge nel comunicato — sono certamente molto bassi, ma tenendo conto della possibile durata di contaminazione, dell’esistenza di particolari abitudini alimentari e della vulnerabilità di alcuni gruppi di popolazioni, sembra utile evitare che gli alimenti sensibili costituiscano la base della dieta nelle prossime settimane. Questa misura riguarda in particolare i bambini, le donne incinte e le madri che allattano al seno". Non dovrebbero esserci pericoli legati all'esposizione non protetta all'acqua piovana, mentre l'utilizzo di quest'ultima nell'irrigazione dei campi agricoli è fortemente sconsigliata, soprattutto se effettuata dall'alto, bagnando direttamente le piante. Intanto in Italia la posizione ufficiale è decisamente meno allarmista. Secondo l'Ispra (l'Istituto superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), che monitora il livello di radioattività da iodio-131 e cesio-137, a partire dal 30 marzo sono state riscontrate "piccole tracce di iodio-131 [...] e cesio-137" sulle verdure a foglia larga. Ma - si continua a leggere nel rapporto - "al momento, non è possibile correlare direttamente, sulla base di queste misure, tale presenza di cesio-137 ai rilasci nell'atmosfera generati dall'incidente in Giappone, sia per la presenza ubiquitaria di cesio-137 a seguito del fallout degli esperimenti nucleari degli anni 60 che delle ricadute dell’incidente di Chernobyl, nonché per l’assenza di rilevazione di Cesio 134". L'Ispra ne conclude che i valori rilevati "non hanno alcuna rilevanza dal punto di vista radiologico e sono tali da non costituire alcun rischio di tipo sanitario”. Dello stesso avviso l'Arpa, che in base alle ultime rilevazioni effettuate in Emilia-Romagna ha diffuso ieri un comunicato in cui si afferma che il valore della contaminazione è "al limite della sensibilità strumentale e del tutto ininfluenti sull'ambiente e sulla salute". Ma la paura di contaminazione negli italiani resta alta. Un'indagine della Coldiretti la posiziona al primo posto fra i pericoli più temuti, davanti persino alla pluricitata crisi economica.

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