FAO: "Ogni anno un terzo del cibo prodotto va sprecato"

Da un recente studio della FAO emerge che, ogni anno, un terzo del cibo prodotto per il consumo umano va perduto o sprecato. Paesi industrializzati e paesi in via di sviluppo sperperano, rispettivamente, 670 e 630 milioni di tonnellate di cibo. Le ragioni e le modalità sono diverse, ma si tratta di due facce della stessa medaglia.

FAO:
“Circa un terzo del cibo prodotto ogni anno per il consumo umano, cioè circa 1,3 miliardi di tonnellate, va perduto o sprecato”. Lo ha reso noto la FAO, che ha presentato alla stampa lo studio intitolato Global Food Losses and Food Waste (Perdite e spreco alimentare a livello mondiale), dal quale emerge che i paesi industrializzati e i paesi in via di sviluppo sperperano, rispettivamente, 670 e 630 milioni di tonnellate di cibo ogni anno. Il documento è stato commissionato dalla FAO all'Istituto Svedese per il cibo e la biotecnologia (SIK) in occasione di Save the Food. Solutions for a world aware of its resources, il Congresso Internazionale tenutosi a Duesseldorf lo scorso mese, all’interno della fiera internazionale dell’imballaggio (Interpack 2011). Lo studio FAO prende in considerazione le perdite alimentari che intercorrono tra il campo e la tavola, tenendo in considerazione sia gli aspetti qualitativi (perdita di valore nutrizionale, deterioramento della qualità e della sicurezza alimentare dei cibi) sia, dove i dati sono disponibili e puntuali, l’entità di tali perdite. Gli alimenti che vengono maggiormente sprecati nel mondo sono frutta e verdura, insieme a radici e tuberi. Si stima che, ogni anno, i consumatori dei paesi ricchi sprecano quasi la stessa quantità di cibo (222 milioni di tonnellate) dell'intera produzione alimentare netta dell'Africa sub-sahariana (230 milioni di tonnellate). L'ammontare di cibo che va perduto o sprecato ogni anno è quasi la metà dell'intera produzione annuale mondiale di cereali (che nel periodo 2009/2010 è stata di 2,3 miliardi di tonnellate). Il rapporto identifica sia le cause delle perdite alimentari, sia le possibili soluzioni, compreso il potenziale ruolo dell’imballaggio nella prevenzione degli sprechi. In un recente comunicato stampa la FAO sottolinea che lo studio Global Food Losses and Food Waste fa una netta distinzione tra perdite alimentari e spreco di cibo. Le perdite alimentari avvengono in fase di produzione, di raccolto e di lavorazione e sono più rilevanti nei paesi in via di sviluppo a causa delle infrastrutture molto carenti, della scarsa tecnologia e della mancanza di investimenti nei sistemi agro-alimentari. Lo spreco alimentare, invece, è un problema maggiormente sentito dei paesi industrializzati, dove esercenti e consumatori gettano nella spazzatura alimenti che sono ancora in condizioni perfette e che potrebbero benissimo essere venduti e mangiati. In Europa e Nord America lo spreco pro capite da parte del consumatore finale è calcolato intorno ai 95-115 kg all'anno, mentre in Africa sub-sahariana e sudest asiatico ammonta a 6-11 kg all'anno. La produzione alimentare totale pro capite destinata al consumo umano è calcolata nei paesi ricchi intorno ai 900 kg l'anno, quasi il doppio rispetto ai paesi più poveri, che producono 460 kg l’anno pro capite. Nei paesi in via di sviluppo il 40% delle perdite avviene nella fase del dopo-raccolto e nella lavorazione dei prodotti, mentre nei paesi industrializzati più del 40% delle perdite avviene a livello di rivendita e consumo. Le perdite al momento del raccolto e dello stoccaggio si traducono in perdite di reddito per i piccoli contadini ed in prezzi più alti per i consumatori più poveri. “La riduzione delle perdite, quindi, potrebbe avere un impatto immediato e significativo sulle loro condizioni di vita e sulla sicurezza alimentare”, sottolinea la FAO. Perdite e sprechi significano un enorme sperpero di risorse come acqua, terra, energia e manodopera, nonché una produzione inutile emissioni di gas a effetto serra, che contribuiscono al riscaldamento globale del pianeta e al cambiamento climatico. Il rapporto FAO offre una serie di suggerimenti pratici su come ridurre perdite e sprechi alimentari. Nei paesi in via di sviluppo il problema è dovuto a tecniche produttive inadeguate, ad una gestione carente del dopo-raccolto, alla mancanza di infrastrutture di trasformazione alimentare e d'imballaggio, e alla mancanza di informazioni sulla commercializzazione, che consentirebbero alla produzione di adeguarsi meglio alla domanda. Il consiglio è quello di rafforzare la filiera agro-alimentare assistendo i piccoli contadini nel rapportarsi direttamente con gli acquirenti. “Il settore pubblico e privato dovrebbero, inoltre, investire di più nelle infrastrutture, nel trasporto, nella trasformazione e nell'imballaggio. Nei paesi a reddito medio e alto, invece, le perdite alimentari derivano principalmente dal comportamento del consumatore e dalla mancanza di comunicazione tra i diversi settori della catena alimentare”, sostiene la FAO. Al dettaglio, grandi quantità di cibo vengono sprecate anche a causa di standard di qualità alimentare che danno eccessiva importanza all'apparenza. Il consumatore, infatti, sarebbe disposto a comprare prodotti che non rispondono a tali standard di apparenza, purché i cibi siano sicuri ed abbiano un buon sapore. Di conseguenza, secondo lo studio FAO, i consumatori hanno il potere di influenzare gli standard di qualità alimentare e dovrebbero esercitarlo. “Un altro dei suggerimenti proposti è quello di vendere i prodotti della terra direttamente, senza dover conformarsi alle norme qualitative dei supermercati. Ciò potrebbe avvenire tramite negozi e mercati gestiti direttamente dai produttori. Si dovrebbe inoltre trovare un buon utilizzo del cibo che altrimenti viene gettato. Organizzazioni commerciali e di beneficenza potrebbero lavorare con i dettaglianti per raccogliere, vendere o distribuire prodotti destinati all'eliminazione ma ancora buoni in termini di sicurezza, sapore e valore nutritivo”, continua la FAO. I consumatori dei paesi ricchi sono in genere incoraggiati a comprare più cibo di quello di cui hanno in realtà bisogno. Ne è un esempio il classico “Compra tre e paghi due” proposto in molte promozioni, come pure le porzioni eccessive dei pasti pronti prodotti dall'industria alimentare. Ci sono poi i buffet a prezzo fisso offerti da molti ristoranti che spingono il consumatore a riempire il proprio piatto oltre misura. Il rapporto FAO evidenzia come, in generale, il consumatore non programmi l'acquisto di generi alimentari in modo corretto: ciò significa che, spesso, viene buttato il cibo inutilizzato quando la data “da consumarsi entro” è appena passata. “Informazioni nelle scuole ed iniziative politiche potrebbero essere un punto di partenza per cambiare questo comportamento. Si dovrebbe insegnare ai consumatori dei paesi ricchi che gettare via cibo senza motivo è inaccettabile - sottolinea la FAO. “Dovrebbero anche essere informati che data la limitata disponibilità delle risorse naturali a disposizione è più efficace ridurre le perdite di cibo, che incrementare la produzione alimentare per riuscire a nutrire la crescente popolazione mondiale”.

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