Giappone: l’altra faccia dell’emergenza umanitaria

In Giappone, oltre alla protezione civile, alle forze dell’ordine e alle Ong internazionali, anche le organizzazioni criminali locali stanno aiutando la popolazione colpita dalle conseguenze del sisma e dallo tsunami, dimostrando una vaga ed inquietante forma di 'senso civico'.

Giappone: l’altra faccia dell’emergenza umanitaria
I diversi gruppi criminali giapponesi, riuniti sotto il nome generico di 'Yakuza', stanno facendo a gara per dare soccorso e ospitalità agli sfollati, dimostrando una forma di 'senso civico' a dir poco inquietante. Lo ha reso noto Jake Adelstein (corrispondente del prestigioso quotidiano Yomiuri Shibun per oltre 10 anni ed investigatore capo di uno studio finanziato dal Dipartimento di Stato U.S.A. sul traffico di esseri umani in Giappone) che ha realizzato un reportage sull’intervento 'umanitario' della Yakuza dopo il terremoto e sui rapporti tra questa e la polizia giapponese . Secondo Adelstein, la Yakuza è entrata in azione già qualche ora dopo la terribile scossa dell’11 marzo scorso, aprendo i propri uffici di Tokyo ai cittadini bloccati dal sisma nella capitale ed inviando cibo, acqua e coperte nelle zone devastate dallo tsunami. Sia lo Yamaguchi-gumi (il gruppo criminale giapponese in ordine di grandezza, con circa 40.000 affiliati) che lo Sumiyoshi-kai (il secondo, con 12.000 membri attivi) hanno aperto al pubblico le loro sedi in tutto il paese, dando rifugio anche agli stranieri, cosa mai successa prima in Giappone. E questo dato è sorprendente, se si tiene conto delle tendenze conservatrici e velatamente xenofobe della Yakuza. È attestato, inoltre, che tra il 12 e il 13 marzo lo Inagawa-kai (il terzo gruppo criminale giapponese che conta 10.000 affiliati) ha inviato almeno 25 TIR carichi di bevande, pannolini, torce elettriche e generi di prima necessità nella regione di Tohoku, nel Giappone nord-orientale (nella quale si trova anche Fukushima) e sulla quale esercita da sempre un forte controllo territoriale. Pare che, dall’inizio del sisma ad oggi, nella sola zona di Tohoku siano arrivate oltre 100 tonnellate di approvvigionamenti portate dallo Inagawa-kai. Di tutte queste organizzazioni criminali, ognuna delle quali si compone a sua volta di 'blocchi' o 'gruppi regionali', lo Inagawa-kai è stato finora il più attivo, poiché radicato nelle zone maggiormente colpite dal sisma. È accertato che il 'blocco' di Tokyo dello Inagawa-kai ha portato 50 tonnellate di rifornimenti alla città di Hitachinaka (prefettura di Ibaraki), mentre il 'blocco' di Kanagawa ha spedito ben 70 TIR carichi di generi di prima necessità nelle prefetture di Fukushima e Ibaraki. Un membro della Yakuza intervistato da Adeslstein, ha dichiarato: "In questo momento in Giappone non ci sono yakuza o katagi (cittadini giapponesi, civili) o gaijin (stranieri). Siamo tutti giapponesi. Tutti abbiamo bisogno di aiutarci l'un l'altro". La 'filantropia' della Yakuza è stata accertata anche nel 1995, dopo il terremoto di Kobe (città considerata il quartier generale dello Yamaguchi-gumi). Stavolta, però, sembra che le organizzazioni criminali abbiano anche istituito squadre di affiliati che presidiano il territorio col compito di prevenire gli episodi di sciacallaggio. Come afferma Adelstein, il tutto si è svolto e si svolge nel più assoluto silenzio, senza clamori e senza alcuna forma di pubblicità per le organizzazioni stesse. Prima della crisi, la polizia giapponese aveva sempre contrastato e represso severamente le attività illecite delle organizzazioni, tuttavia esiste una specie di accordo non scritto tra la polizia e la Yakuza: quest’ultima può svolgere, in modo autonomo, 'attività di volontariato' in momenti di grave crisi o di emergenza, ma solo con la massima discrezione e riservatezza. Da una parte, portare a conoscenza dell’opinione pubblica il 'senso civico' della Yakuza non solo provocherebbe una percezione falsata della realtà - la Yakuza è un’organizzazione criminale e non umanitaria - ma metterebbe in ridicolo e in grave imbarazzo la polizia giapponese. D’altra parte, nemmeno le organizzazioni criminali nipponiche sono disposte a correre il rischio che i loro aiuti vengano rifiutati dalla popolazione. È vero che i giapponesi, secondo uno studio della polizia della prefettura di Nara, tollerano ancora la Yakuza come un male 'necessario' in grado di arginare la micro-criminalità di strada (scippi, furti, ecc.), tuttavia molti di essi sono ricettivi alle campagne di sensibilizzazione realizzate dal governo negli ultimi 20 anni. Pensare che la Yakuza - che si arricchisce attraverso attività illecite, gioco d’azzardo, pizzo, frodi ed estorsioni e che si riunisce in lussuosi uffici alla luce dal sole, con tanto di biglietti da visita, emblemi e pubblicazioni dedicate - sia dotata di un così alto 'senso civico' è quasi scioccante. La spiegazione è semplice: gli aiuti 'umanitari' delle organizzazioni criminali agli sfollati sono già stati pagati in precedenza alla Yakuza stessa. Ed è molto facile ipotizzare che, una volta che il Giappone sarà tornato alla normalità, le organizzazioni criminali non tarderanno a presentare il conto. VAI AL DOSSIER SUL TERREMOTO GIAPPONESE E GLI INCIDENTI NUCLEARI

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