Greenpeace: «Anche il governo Draghi va contro le rinnovabili»

Dura critica di Greenpeace alle politiche energetiche del governo Draghi: «Nonostante le ripetute dichiarazioni dell’ineffabile ministro Cingolani sulla necessità di installare 8 GW di rinnovabili all’anno da ora al 2030, non solo ancora non accade nulla, ma la risposta al caro bollette vede un attacco incomprensibile proprio alle rinnovabili».

Greenpeace: «Anche il governo Draghi va contro le rinnovabili»

Dura critica di Greenpeace alle politiche energetiche del governo Draghi.

«Nonostante le ripetute dichiarazioni dell’ineffabile ministro Cingolani sulla necessità di installare 8 GW di rinnovabili all’anno da ora al 2030, non solo ancora non accade nulla (il governo ha approvato 400 MW di rinnovabili, solo il 5% di quello che servirebbe ogni anno!), ma la risposta al caro bollette vede un attacco incomprensibile proprio alle rinnovabili» scrive Giuseppe Onufrio, direttore di Greenpeace Italia.

Il ruolo del gas
«Come ha ripetuto in modo chiaro anche Faith Birol, il direttore dell’International Energy Agency, la colpa della crisi del costo dell’energia è una sola: il mercato del gas fossile. Una fonte da cui l’Italia dipende ancora troppo e il cui andamento nel mercato è destinato a essere imprevedibile e comunque a forte rischio, date le tensioni geopolitiche nei Paesi produttori o in quelli nei quali passano i tubi» prosegue Onufrio.

L’assurda proposta di Cingolani: aumentare la produzione nazionale di gas
«Diversamente dal gas, le fonti rinnovabili, una volta installate, hanno costi fissi (e il sole e il vento sono gratuiti). Per reagire alla crisi energetica il governo Draghi invece di sveltire le procedure autorizzative bloccate dalla burocrazia – come ha promesso di fare e persino scritto nel PNRR – punta a colpire le rinnovabili e ad aumentare la produzione nazionale di gas, che oggi copre una piccola percentuale dei consumi annuali - aggiunge il direttore di Greenpeace - Le riserve di gas (specie quelle a mare) sono peraltro esigue e anche il progetto di raddoppiarne l’estrazione prevede un tempo non inferiore a due anni: tempo nel quale, come alcuni sostengono, la crisi del gas sarà passata».

«Diabolico è invece il piano di colpire retroattivamente le rinnovabili, in un contesto nel quale non si tocca chi ha fatto extra-profitti estraendo e vendendo gas fossile ai prezzi esorbitanti di mercato e non si cominciano a ridurre (come promesso) i sussidi ambientalmente dannosi (20 miliardi di euro all’anno) che vanno alle fossili».

Gli interessi della lobby fossile
«Il governo Draghi più che alla transizione ecologica sembra dunque interessato a salvare il settore fossile e aziende come Eni e a colpire il settore delle rinnovabili che invece, per ragioni ambientali e anche economiche, andrebbe invece sostenuto al massimo. Questa tattica di colpire anche retroattivamente le rinnovabili è già stata usata in passato per bloccare il settore e scoraggiare gli investitori. E, assieme a un percorso autorizzativo lunghissimo e costoso, ha avuto l’effetto di un sostanziale blocco - è ancora Onufrio - Eppure, sappiamo per esperienza come le rinnovabili – se aiutate o almeno non ostacolate – possano crescere e rapidamente. Ma questo non piace al settore – intrinsecamente oligopolistico – del gas fossile: ed è forse questa una delle ragioni per cui il governo attacca nuovamente le rinnovabili. Insomma, anche questo governo difende il settore delle fonti fossili ed è quindi un ostacolo alla promessa transizione ecologica».

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