Il Consiglio Europeo resta attaccato a carbone e fonti fossili

Adottato lunedì sera a Bruxelles l'accordo preliminare sulla riforma del pacchetto energia; i ministri degli Stati membri si fanno beffe degli impegni promessi e puntano su carbone e fonti fossili. La denuncia di Greenpeace.

Il Consiglio Europeo resta attaccato a carbone e fonti fossili

Il Consiglio europeo ha adottato lunedì sera, 18 dicembre, l’accordo preliminare sulla riforma del pacchetto energia denominato, «in modo quasi beffardo» commenta Greenpeace, “Clean Energy for All Europeans”. «I ministri dell’energia riuniti a Bruxelles hanno infatti deciso di privilegiare carbone e altri combustibili fossili, anziché puntare sulle energie rinnovabili, e hanno confermato discutibili incentivi per le fonti fossili, decidendo di finanziare anche alcune tra le più inquinanti centrali a carbone del Continente» spiega l'associazione ambientalista. Inoltre hanno indebolito la proposta della Commissione Europea per quanto riguarda il diritto di cittadini, cooperative energetiche e comuni di produrre e vendere la propria energia da fonti rinnovabili.

«Il Consiglio ha infine ignorato l’invito del Parlamento europeo ad aumentare l’obiettivo al 2030 per quanto riguarda la produzione di energia da fonti rinnovabili. Tutto questo nonostante l’attuale obiettivo sia troppo basso per rispettare gli impegni che l’Ue ha preso con gli Accordi di Parigi» spega sempre Greenpeace.

«Per l’industria dei combustibili fossili il Natale è arrivato in anticipo, grazie ai ministri Ue che ieri si sono pronunciati in favore di sussidi persino per alcune tra le centrali a carbone più inquinanti d’Europa», dichiara Luca Iacoboni, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace Italia. «Il potenziale dei cittadini europei, invece, non è stato minimamente tenuto in considerazione, dato che il Consiglio Europeo sta sostanzialmente svuotando la proposta della Commissione per quanto riguarda il diritto di tutti di produrre e vendere energia da fonti rinnovabili».

Secondo Greenpeace, l’Italia ha giocato un ruolo molto marginale. Il ministro Calenda, assente a Bruxelles, ha infatti appoggiato tutte le richieste delle grandi aziende legate all’uso di carbone, petrolio e gas, boicottando completamente l’idea di supportare la produzione rinnovabile per i cittadini, le cooperative e i comuni.

«Un comportamento incomprensibile, visto che l’Italia abbandonerà il carbone entro il 2025 e ha tutte le possibilità per diventare leader nella produzione di energia da fonti rinnovabili», continua Iacoboni. «Calenda continua però a vedere solo un futuro pieno di gas, con impianti come il TAP a farla da padrone, senza considerare che l’unica strada per essere meno dipendenti dall’estero è quella di puntare su sole, vento ed efficienza energetica», conclude.

La palla ora passa nuovamente al Parlamento europeo, che dovrebbe finalizzare la propria posizione sulla direttiva sulle energie rinnovabili in un voto in plenaria previsto per la seconda metà di gennaio. A marzo è invece programmato il voto per la normativa denominata “Electricity Market Design”. Per quanto riguarda il Consiglio europeo ci si attende la conferma, il prossimo 26 febbraio, dell’accordo preliminare raggiunto ieri sull’intero pacchetto. I successivi negoziati tra le tre parti coinvolte (Parlamento europeo, Commissione e Consiglio) partiranno poi in primavera.

 

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