Ilva: un futuro di morte o di vita per Taranto e il meridione?

Qual è veramente il futuro che si vuole dare all’Italia? E, nel caso dell’Ilva, quale futuro si vuole dare a Taranto e al meridione? Ci sono due strade ben definite: una è quella che si è percorsa fino a ora e che porta disoccupazione, emigrazione, cancri, ambiente devastato, esaurimento delle risorse, produzione illimitata di rifiuti, distruzione delle ricchezze e risorse locali, futuro nero per le prossime generazioni. E l'altra...

Ilva: un futuro di morte o di vita per Taranto e il meridione?

L’altra strada è quella dell’occupazione, della salvaguardia dell’ambiente e della salute dei cittadini, della valorizzazione delle risorse locali, della prosperità e un futuro degno di questo nome per le prossime generazioni.

Il meridione ha da sempre potenzialità eccezionali e le migliori carte da giocare per costruire una società ricca di vero benessere che non è certo avere una macchina nuova in garage e poi vedere morire di tumore l’intera famiglia.  Una storia ricca di cultura e tradizione, una terra di una fertilità agricola spettacolare, una attrattiva turistica di qualità fra le più affascinanti a livello mondiale, posizione geoclimatica eccezionale che la renderebbero facilmente e brevemente indipendente dai combustibili fossili.

Per fare ciò c’è bisogno della volontà popolare e di un'economia e una politica al servizio delle persone e dell’ambiente e non viceversa. E’ necessaria quindi lungimiranza, intelligenza, capacità, esperienza, conoscenza, idee innovative e coraggio nel metterle in pratica. Dove per innovazione non si intende l’ennesima start up che produce l’ennesima inutile app, bensì un pensare nuovo, che abbandoni sistemi preistorici di produzione e di lavoro.

L’Ilva, essendo una delle più funeste industrie che ci sono in Italia, deve essere chiusa e al suo posto occorre far nascere un Polo europeo per l’Energia, l’Ambiente e la Cultura. Da una sciagura, bisogna passare a un segno di rinascita. 

Un progetto del genere non solo farebbe da traino ad una reale bio economia e occupazione per tutto il sud ma influenzerebbe l’Europa e anche l’Africa indicando un percorso di reale emancipazione da uno sviluppo insensato che costringe la gente ad andare via dai propri paesi. In Italia ci sono già competenze, capacità e idee per realizzare un progetto simile, basterebbe solo iniziare. Gli scettici e cinici di varia natura diranno: non ci sono i soldi, non si può fare, ecc. Ma quanti soldi si sono buttati nell’Ilva finora con tragiche conseguenze? Moltissimi, tanto che di Poli del genere se ne faceva uno per ogni Regione italiana. Inoltre non si dice da tempo che i soldi europei ci sono ma non vengono utilizzati? Una Regione e uno Stato per opere simili possono attingere a finanziamenti di ogni tipo. E poi si sa perfettamente che quando si vogliono trovare, i soldi si trovano sempre,  l’Italia è piena di opere inutili e dannose costate cifre pazzesche, basti pensare al Mose o all’autostrada BreBeMi.

L’apertura di un Polo europeo per l’Energia, l’Ambiente e la Cultura sarebbe uno dei pochi casi in cui i soldi sarebbero utilizzati bene e darebbero ritorni economici, occupazionali, ambientali e anche politici, molto maggiori che tenere aperta un industria altamente inquinante. 

In uno slancio di follia positiva, visto che siamo uno dei paesi al mondo che in percentuale spende maggiormente nel settore degli armamenti, si potrebbero buttare meno soldi in armi e dedicarli a qualcosa di costruttivo e intelligente. Un paio di aerei o una nave da guerra in meno e una opera di pace e futuro in più.

Con un progetto simile si avrebbero enormi risparmi e vantaggi, elenchiamone alcuni.

Di sicuro si avrebbero più degli occupati che si prevedono per l’Ilva, considerando le attività del Polo stesso e tutto l’indotto con la ripresa di attività imprenditoriali, culturali, turistiche e agricole di qualità. Quindi si darebbe un chiaro segnale di come fermare l’emorragia dell’immigrazione meridionale. Si otterrebbe un risparmio sulle ingenti spese sanitarie e per i funerali, così come su ulteriori danni ambientali e relative successive bonifiche. Si risparmierebbe poi sull’importazione dei combustibili fossili che cesserebbe in grandissima parte grazie al contributo del Polo. Ed inoltre si otterrebbe l’indipendenza da investitori stranieri (con sede rigorosamente in Lussemburgo) che agiscono secondo logiche di mercato che hanno come ultimo interesse quello del posto in cui agiscono. Sarebbe una rinascita di una città che potrebbe finalmente respirare e ritornare all’antico splendore, un passo concreto verso una società che rispetta le persone e l’ambiente e porta reale prosperità, da ogni punto di vista.

 

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