I migranti nordafricani e il cinismo dei governi

Il 5 aprile il ministro dell’interno Roberto Maroni ha siglato l’accordo con la Tunisia per "rafforzare la cooperazione, prevenire l’immigrazione clandestina e il traffico di esseri umani". Nella notte tra il 5 e il 6 la tragedia del barcone naufragato e degli oltre duecento morti in mare, l’ennesima in una storia che si trascina sempre uguale tra respingimenti, arrivi, reclusioni e ripetute sciagure subito digerite nell’indifferenza generale. Fino a quando?

I migranti nordafricani e il cinismo dei governi
L’accordo siglato tra Italia e Tunisia prevede la concessione di mezzi e dotazioni per il pattugliamento delle coste alle forze di sicurezza tunisine per 100 milioni di euro, l’attribuzione di 22mila permessi di soggiorno temporanei per motivi umanitari ai migranti già sbarcati e respingimenti immediati per chi sbarchi in Italia successivamente all'entrata in vigore del decreto sul permesso temporaneo firmato ieri dal Presidente del Consiglio. Decisioni che hanno poco a che fare con la cooperazione e ancora meno con la prevenzione, a meno che i tempi della politica non si intendano ristretti a qualche settimana. Un do ut des in cui pesano le risorse messe sul piatto, ma soprattutto un 'braccio di ferro' tra due governi che sulla questione dell’immigrazione rischiano di scivolare: quello tunisino, provvisorio, con una credibilità ancora tutta da dimostrare nel contesto internazionale, quello italiano perennemente sotto il ricatto della Lega e del suo elettorato che, fomentato da anni di criminalizzazione degli stranieri, ora pretende che alla retorica facciano seguito i fatti. In questa stretta la politica italiana risulta incapace di pensare risposte all’altezza dei tempi e si barcamena nella necessità di mediare tra interessi contrastanti. Così minaccia respingimenti che difficilmente basteranno a placare la disperazione di quanti vedono nel passaggio attraverso l’Italia l’unica possibilità di una vita degna, distribuisce i migranti nelle tendopoli e nei centri di accoglienza del Centro e del Sud Italia mentre le regioni settentrionali vengono esonerate da qualsiasi impegno dal cinismo leghista, concede loro permessi umanitari, convinta di dirottarli in questo modo in altri paesi europei. A ciò si oppone tuttavia la Francia, che ha finora rifiutato l’accesso ai profughi, e il fatto, chiarito ieri dall’Unione europea, che i permessi non consentono automaticamente di circolare entro l’area di Schengen. Oggi il ministro Maroni incontrerà il collega francese Guéant. In caso di intesa, molti profughi abbandoneranno l’Italia e alla prossima ondata nelle tendopoli e nei campi ci sarà di nuovo spazio libero e tutto potrà ripetersi, con nuova disperazione e nuove tragedie. La politica dell’immigrazione continuerà ad essere proposta come governance delle emergenze, gestione di eventi straordinari, e morti, dispersi e respinti non saranno altro che vittime di un male necessario, come se il mare che ci separa facesse di noi vite indipendenti, alterità senza nessi. Nell’area del Mediterraneo queste dinamiche non sono mai state seriamente abbandonate per progettare una politica che tenga conto dell’interdipendenza tra popoli e territori così vicini e, almeno fino al vertice Ue del marzo scorso sulla crisi libica in cui è stata assunta la necessità di rapportarsi in maniera diversa a ciascun paese, per decenni l’Europa ha ritenuto di poter interagire con l'intera area sud del Mediterraneo con una politica omogenea. Così sono arrivate risorse per pagare l’equilibrio precario di dittature ridefinite per l’occorrenza democrazie moderate e si è scambiata la politica di cooperazione e sviluppo con gli investimenti e i profitti di qualche multinazionale. Al sostegno alle esportazioni, che avrebbero dato slancio alle economie locali e sostenuto l’occupazione, è stato preferito il ricorso al sistema dei visti per lavoro, comodo per sopperire alla domanda di manodopera a basso costo e meno minaccioso per la competitività dei Paesi europei. Di sottofondo rimane salda l’opposizione Noi/Altri, che rafforza la coesione nazionale e identifica nemici chiari su cui scaricare problemi e debolezze interne. In questi giorni difficili a Lampedusa come a Manduria e altrove questa retorica non ha però sempre vinto. C’è stata anche accoglienza vera e molte forme di vicinanza e solidarietà. In tanti hanno riconosciuto nell’inettitudine dei governi il vero nemico e nelle rispettive condizioni, per quanto diverse, i presupposti per un'alleanza. Perché i giovani in rivolta nel Maghreb e quelli in fuga dalla propria terra verso un futuro incerto, ma anche gravido di possibilità, sentono di avere poco da perdere e in Europa tanti sanno già che di quel poco da perdere che noi ancora abbiamo non si può fare una rendita. Una consapevolezza che potrebbe farci entrare in una dimensione di scambio in cui ciascuno porti il contenuto e le forme delle proprie lotte, strategie possibili per cominciare a delineare un orizzonte che non sia degli uni o degli altri, ma che sia comune. Nelle parole di un militante tunisino, riportate in un articolo di un quotidiano qualche giorno fa, “non abbiamo bisogno del vostro aiuto o semplicemente della vostra solidarietà di occidentali, che spesso puzza di carità coloniale... abbiamo bisogno di unire le due sponde del Mediterraneo attraverso le lotte e la ricerca di libertà”.

Commenti

Quante atrocità di guerre in nome della pace e della democrazia! E' assurdo! E' vera pazzìa! Soldati, anziani, donne e bambini periscono come formiche! "Fino a quando?", si domanda la intelligente autrice Angela Lamboglia. La mia umilissima risposta: Fino al giorno che sarà omologato (= riconosciuto in Italia, Patria del primario "Stato di diritto") autentico "Pazzo di DIO" Inenascio Padidio, con decorrenza 25/10/1993. Beata speranza! :-D ************ P.S. - Ovviamente, nella vita reale "Inenascio Padidio" non esiste! Continuerò a vivere con il mio nome e cognome anagrafico, i residui giorni assegnatomi, da 72enne "Invalido civile totale - Codice 06". Non più rinchiuso in "Manicomio familiare" di mq 16, così che le mie due dilette figlie superstiti Valeria e Cinzia, non abbiano più a vergognarsi di avere il "papino pazzo" e, dopo circa 20 anni, potranno felicemente farmi visita, con i loro mariti e qualche nipotino.
Inenascio Padidio, 09-04-2011 08:09

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