India: Novartis perde battaglia per brevetto su farmaco anticancro

Non si tratta di una nuova cura per il cancro, ma della rielaborazione di un prodotto già esistente. Con questa motivazione, la Corte suprema indiana ha respinto, dopo sette anni di battaglia legale, la domanda di brevetto presentata dalla casa farmaceutica Novartis per il prodotto noto come Glivec.

India: Novartis perde battaglia per brevetto su farmaco anticancro
Non è la prima sentenza della Corte suprema indiana in questa direzione e probabilmente non sarà l'ultima: a meno di un mese dalla sconfitta della tedesca Bayer - che si è vista rifiutare il brevetto per un farmaco anticancro a inizio marzo - anche la casa farmaceutica svizzera Novartis vede respinta la richiesta - presentata nel 2006 - di brevettare in India una cura per la leucemia, il Glivec. Alla base della decisione, la non originalità del farmaco, che rappresenterebbe un'evoluzione di un trattamento precedente. La legge indiana, infatti, prevede che le case farmaceutiche possano ottenere brevetti solo per nuove invenzioni, non per modifiche a farmaci già esistenti. In questo modo, New Delhi tenta di limitare la tendenza delle grandi aziende del settore a monopolizzare il mercato, ma anche di fare spazio alle aziende indiane che producono farmaci generici equivalenti a quelli delle controparti europee e li commercializzano a prezzi più contenuti. Se, infatti, la dose mensile del Glivec viene venduta a circa 2.500 dollari, il costo del farmaco generico non supera i 200; allo stesso modo, il farmaco anticancro della Bayer, oggetto di una sentenza analoga all'inizio di marzo, arriva sul mercato a 5.600 dollari (per 120 compresse), contro i 175 dollari della versione low cost. Pronta la reazione dell'azienda svizzera, che, alla notizia della sentenza, ha respinto l'accusa di precludere l'accesso alle cure da parte delle fasce più povere della popolazione: Novartis rivendica di aver garantito, attraverso i suoi programmi di donazione, la fornitura gratuita al 95% dei pazienti indiani e un rimborso, almeno parziale, al restante 5% dei pazienti, per un valore complessivo di oltre 1,7 miliardi di dollari. Piuttosto, secondo la casa farmaceutica, sarà lo stop della Corte a danneggiare i pazienti, perché “la carenza, da parte dell'India, di tutele dei diritti di proprietà intellettuale” scoraggerà la ricerca e l'innovazione e quindi “i progressi medici nelle patologie per le quali non sono ancora disponibili opzioni terapeutiche efficaci". Di diverso avviso Medici senza frontiere, che parla di sentenza storica in difesa dell’accesso a farmaci a basso costo: secondo l'organizzazione umanitaria, nonostante i ripetuti attacchi, la legge dei brevetti indiana continua a proteggere la salute pubblica respingendo “le domande di brevetto prive di un reale fondamento” e ostacolando la tendenza delle aziende farmaceutiche a “far perdurare all’infinito i propri monopoli”. Ma la sentenza non ha valore solo per l'India: il problema dei prezzi troppi elevati non si supera semplicemente assicurando l'accesso alle cure alla maggior parte degli indiani. Basti pensare – ricorda MSF - che che una serie di organizzazioni, come l'Unicef, si affidano proprio ai farmaci generici provenienti dall'India, ma anche dal Brasile, per somministrare cure a pazienti nei paesi più poveri. E rispetto all'eventualità, ventilata dalla Novartis, che la decisione del tribunale indiano freni l'innovazione, Medici senza frontiere respinge l'impostazione del problema: è vero che l'innovazione va finanziata, ma a non a spese dei pazienti “attraverso i prezzi elevati dei farmaci coperti da brevetti monopolistici”: “l'industria farmaceutica dovrebbe concentrarsi sulla vera innovazione, e i governi dovrebbero sviluppare delle regole che consentano lo sviluppo di farmaci resi subito disponibili a prezzi accessibili”.

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INDIA E FARMACI GENERICI Le opinioni relative alla Sentenza della Corte indiana sui farmaci generici confermano il clima di disinformazione che alimenta, spesso,il dibattito sulle cure e sui Sistema sanitari, tra cui quello italiano. Anche autorevoli Addetti ai lavori, già da tempo, non appaiono proprio chiari in merito.E' noto che i farmaci generici sono medicinali il cui principio attivo (ossia la sostanza chepossiede l'azione farmacologia) è già ampiamente utilizzato in terapia e non è piùsoggetto a brevetto. Sono ( sarebbero ) farmaci equivalenti dal punto di vista qualitativo ai loro"gemelli" già in commercio ma costano di meno. Per capire meglio veniamo alla normativa alla nostra normativa .In Italia, ai sensi della legge 8 Agosto 1996, n. 425 e successive modif. e integr., i farmacigenerici sono commercializzati senza marchio e senza nomi di fantasia, ma con la Denominazione Comune Internazionale (D.C.I.) del principio attivo, seguita dal nome del produttore. Il farmaco generico deve superare gli stessi controlli da parte del ministero della Salute di qualsiasi altro medicinale in modo da assicurare che non esistono differenze di qualità, efficacia e sicurezza tra la specialità medicinale ed il generico stesso.Sulla politica del risparmio va, comunque, rilevato che secondo recenti stime di varie associazioni di consumatori ,a carico dei pazienti che comprano farmaci generici, potrebbero esserci aumenti del prezzo fino al 25% , interessando milioni di persone. Un fatto che in parte stravolge la ragione stessa di esistere dei farmaci "non griffati" detti generici. Tra l'altro i Produttori dei generici non hanno investito in ricerca e utilizzano il lavoro di altri; un sistema legalizzato e sostenuto dallo Stato con lo scopo di ottenere grossi risparmi sula spesa sanitaria. La ratio del Governo è quella di incentivare la diffusione di farmaci più economici dei " griffati" che ,anche se non vengono completamente passati dal Servizio sanitario nazionale, costerebbero meno al cittadino. Purtroppo la maggior parte dei pazienti non accetta di curarsi con questo tipo di farmaci. Infatti, nonostante siano in Italia in commercio dal 2000, i generici coprono appena il 15/20% del mercato. In certi paesi europei ( es . Germania) si arriva al 70%. I medici di famiglia non accettano l'accusa di voler boicottare i generici :il problema è che non si fidano del loro mercato , composto da 25 aziende e in Italia non ben controllato ( spesso neppure prodotti in Italia ma in posti "affidabili" all'estero ). Credo che i cittadini/pazienti e medici non abbiano tutti i torti.qualche farmacologo spiega che i farmaci generici sono diversi da quelli "originali", non hanno lo stesso effetto. È diverso l'assorbimento del principio attivo del farmaco generico, perché mancano o sono ridotti in quantità, o scarsi di qualità, gli eccipienti associati alla molecola. Eccipienti ( ingredienti ) sono sostanze solide o liquide inattive, nelle quali si scioglie o si incorpora un medicamento per meglio somministrarlo ; hanno funzioni di stabilità,sterilità etc. In pratica sono sostanze che servono anche a dare volume e forma ai medicamenti (es. grasso per pomate, amido per compresse ecc.); queste sostanze hanno un certo costo. Se gli eccipienti dei generici non sono uguali a quelli usati nei branded ( di marca ) , perché negli equivalenti si usano sostanza più economiche,queste non solo riducono l'efficacia del farmaco ma possono causare disagi importanti , come reazioni allergiche etc.. Pertanto , mentre si carica una nuova tassa "mascherata" ai malati , chiamati a coprire di tasca loro l'eventuale differenza di prezzo del farmaco sia esso generico o branded , si attenderebbe anche allo loro salute , in quanto la composizione dell'equivalente può cambiare fino al 20% rispetto al "griffato". Basta studiare la legge sui generici per capire che non possono risultare più sicuri dei farmaci studiati per anni, e con grossi investimenti, prima di immetterli in commercio per l'uso sui pazienti. Si sente dire in giro che l'approvazione per i farmaci generici presenta un iter/percorso agevolato. E'noto che la legge sui generici prevede di dimostrare la bioequivalenza rispetto al farmaco originale. La bioequivalenza , ossia la dimostrazione di una equivalente (e non identica) disponibilità di principio attivo nel sangue e nei tessuti una volta assunto dai pazienti. La legge considera bioequivalente un farmaco generico che rispetti un intervallo tollerato del /%u2013 20 % rispetto al farmaco originale!? Se in Italia esistono difficoltà con i pazienti nella prescrizione di questi farmaci, l'Unione europea ha stabilito delle soglie che impongono un numero minimo di prescrizioni di bioequivalenti sul totale delle ricete.Inoltre la Gran Bretagna prevede incentivi per i medici che prescrivono i generici al posto dei farmaci originali. Appare necessario fare chiarezza sia sulla reale efficacia dei generici , in attesa di studi e verifiche , e prendere atto che , attualmente, a fronte di un minimo risparmio economico dei pazienti su farmaci che " assomigliano "agli originali, non è controbilanciato da possibili rischi e fastidi da effetti collaterali. Giovanni Savignano ( autore saggistica sanitaria Ed.GruppoIlSole24Ore)
giovanni savignano, 03-04-2013 07:03

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