L’Independence Day dell’Inghilterra

In Inghilterra stamattina si sono svegliati fuori dall’Europa. I risultati del referendum hanno mostrato un paese diviso in due, dove però hanno prevalso coloro che vogliono la “Brexit”, cioè l’uscita della Gran Bretagna dalla UE con il 52%. Cameron ha annunciato le dimissioni.

L’Independence Day dell’Inghilterra

Da giorni e giorni ormai esperti, opinionisti, media e anche semplici cittadini dipingevano scenari più o meno catastrofici o più o meno entusiasti sulla possibile uscita dell’Inghilterra dall’Unione Europa. Ora l’uscita è una realtà e il processo dovrà cominciare.

La maggioranza dei britannici che si è recata alle urne ha scelto di non ascoltare i consigli del primo ministro David Cameron e del leader dei Laburisti Jeremy Corbyn. Per quei meccanismi altamente reattivi che regolano la Finanza, il valore della sterlina è immediatamente sceso a picco. Il leader Ukip, Nigel Farage, ha dichiarato che il venerdì dell'annuncio dei risultati è da considerare l'Independence Day brittanico e ha sottolineato come «questa sia la vittoria della gente vera, della gente comune». I laburisti Hilary Benn e Alan Johnson avevano detto che Cameron avrebbe dovuto dimettersi se avesse vinto la Brexit, ma Cameron aveva lasciato intuire che avrebbe voluto condurre personalmente il processo di uscita dalla UE che avrà una durata di due anni. Invece poi in un discorso alla nazione il primo ministro ha dichiarato che lascerà il suo incarico entro ottobre e che il nuovo premier dovrebbe insediarsi entro l’inizio del prossimo congresso del Partito conservatore.

Sta di fatto che ora decenni di euroscetticismo e di atti di ribellione da parte di qualche ministro si sono trasformati in una Inghilterra che si è messa "al di fuori" della istituzione europea. Chiunque governerà il prossimo percorso avrà anche a che fare con un paese diviso profondamente. In Scozia il Remain ha vinto con 1.661.191 voti contro i 1.018.322 andati al Leave a fronte di un’affluenza del 67,2%; in Irlanda del Nord ha vinto il fonte degli euroconvinti con 440.437 voti, contro i 349.442 andati agli euroscettici, con un’affluenza del 62,9%; mentre il Galles e l’Inghilterra hanno votato per uscire.

In Italia il più preoccupato, alla fine, è il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, che ha parlato di "effetti emulativi" del referendum che fanno nascere "un modello di uscita dall'Unione all'interno delle regole che altri potrebbero seguire", come hanno ribadito più volte altri partiti europei e in Italia Lega e M5S.

Conseguenze? Goldman Sachs aveva preannunciato un crollo della sterlina; la riduzione del valore è iniziata, occorre vedere se e come proseguirà. Stando a un'analisi della società Axioma, specializzata in valutazioni di rischio finanziario, la vittoria dei sì potrrà averea un forte contraccolpo sui titoli azionari con una contrazione del 24%. Il centro studi dell'Economist prevede due anni di forte volatilità dei mercati.

Riguardo al Pil, il Fondo monetario internazionale (Fmi) ha considerato tre possibili scenari: uno che prevede la permanenza (+2,2%), uno che analizza gli effetti di un'uscita soft (+1,4%) e uno che valuta lo scenario peggiore (-0,8%).
Secondo la Confindustria britannica, da sempre contraria alla Brexit, l'abbandono dell'Europa potrebbe costare tra i 4 e i 5 punti di Pil, pari a 62 miliardi di sterline.
Il centro studi Cbi, poi, ha stimato l'impatto sul mercato del lavoro e, in uno studio pubblicato sul Guardian, ha sottolineato che entro il 2020 potrebbero perdere il posto 950 mila persone, con il tasso di disoccupazione che passerebbe dal 5,1% (uno dei più bassi dell'Unione europea) al 7-8%. Poi si sono paventati cali dell'export verso l'Inghilterra, anche dall'Italia.

Non resta che stare a vedere. E se le previsioni non saranno confermate, allora occorrerà riflettere anche sulle capacità predittive dell'attuale modello di sviluppo.

 

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