Intrigo internazionale, le verità che non si sono mai potute dire

Ustica, Bologna, via Fani, gli anni di piombo, il terrorismo mediorientale… esiste un filo che lega tutto ciò e un quadro storico che contribuisce a chiarire molti misteri, se solo si ha l’accortezza di esaminarlo con una visione d’insieme. Leggendo 'Intrigo internazionale', tesi che pure dal punto di vista giudiziario non hanno valore, diventano tremendamente realistiche.

Intrigo internazionale, le verità che non si sono mai potute dire
Uscito nel maggio dello scorso anno per Chiare Lettere, Intrigo Internazionale è un libro che cerca di fare luce sulla sanguinosa storia italiana degli ultimi quarant’anni da una prospettiva diversa rispetto a quella utilizzata sinora. Il tentativo viene attuato da un personaggio più che qualificato per svolgere questo compito: si tratta del giudice Rosario Priore, magistrato inquisitore con un’esperienza di lungo corso che ha partecipato alle indagini sui più importanti avvenimenti della recente storia italiana, dal sequestro Moro alla strage di Ustica. A interrogarlo è il giornalista Giovanni Fasanella, coautore del libro, che attraverso l’agile forma dell’intervista ripercorre gli scenari all’interno dei quali il giudice Priore si è trovato a operare nel corso della sua trentennale carriera. Dicevamo della diversa prospettiva. L’usanza comune infatti, da parte sia degli addetti ai lavori che di quella fetta dell’opinione pubblica meno formata, è quella di leggere questi accadimenti con una chiave interpretativa che Priore considera ristretta, inadatta e quindi incapace di avvicinarsi alla verità. Una verità, quella che viene raccontata nel libro, che non è giudiziaria bensì storica, politica e umana, perché libero finalmente dalle incombenze e dalle forzature cui spesso l’opera del magistrato è soggetta, prima fra tutte l’obbligo di surrogare le proprie conclusioni con prove tangibili e concrete, Priore delinea un quadro esaustivo e completo, tessuto attraverso la ricostruzione del contesto storico, politico ma soprattutto geopolitico in cui era collocata l’Italia negli anni settanta (e per molti aspetti ancora oggi). Tuttavia, le sue non sono semplici supposizioni di una persona informata sui fatti, bensì le conclusioni di chi ha indagato per anni sui più oscuri misteri della storia italiana, intravedendo la verità, a volte potendola toccare con mano, ma perdendo quell’appoggio costituito dalla prova che gli ha sempre impedito di confermarla anche sul piano giudiziario. Com’è facile intuire, la mancata apposizione di questo ultimo tassello non dipende né dalle scarse capacità degli inquirenti, né da sfortuna o casualità. Come racconta Priore, incalzato da Fasanella, sono innumerevoli i casi di depistaggio, dalla sparizione di verbali o file sospetti all’eliminazione fisica di testimoni, come per esempio alcuni personaggi chiave del processo di Ustica – i piloti Nadini e Nutarelli che avevano assistito all’abbattimento del DC9 dal vivo o il capitano e il maresciallo della base di Poggio Ballone, che l’avevano seguito sul radar – morti tutti in circostanze misteriose prima di poter deporre. La minuziosità dei particolari, la sapienza con cui viene delineato il contesto storico-politico in cui si sono svolti i fatti, la pertinenza delle considerazioni in merito, contribuiscono però a dare credibilità alle interpretazioni di Priore anche in assenza della decisiva prova giudiziale. Sarebbe come dire che il disegno di un mosaico composto da migliaia di tessere è intuibile, se non addirittura facilmente visibile, anche se c’è un ammanco di qualche pezzo. La completezza del quadro delineato da Intrigo Internazionale è raggiungibile anche grazie all’abilità di Priore nel combinare le numerose nozioni acquisite durante la sua attività inquisitoria con una cultura storica e politica che permette di vedere i fatti nella loro interezza. Buona parte del libro è infatti dedicata alla ricostruzione dei rapporti di potere fra i vari paesi dello scacchiere geopolitico europeo e internazionale, procedendo per gradi, descrivendo la strutturazione prima delle maggiori realtà eversive dei vari paesi – dalla RAF tedesca alle BR italiane, passando per Feltrinelli e il centro studi Hyperion –, poi dei più efficienti servizi segreti, scoprendo fra l’altro un cordone ombelicale che lega i due tipi di organizzazioni. Fondamentale è anche il quadro dei rapporti politici ed economici che viene fatto: un elemento chiave – che è peraltro estremamente attuale anche in questi giorni – è per esempio il rapporto fra il governo italiano e quello libico, così come il lodo Moro contribuisce a chiarire la situazione delle relazioni fra le varie organizzazioni terroristiche mediorientali e l’Italia. Non si tratta tuttavia solo di una disamina sui contesti più 'caldi': grande attenzione, arricchita dal racconto di esperienze personali maturate nel corso delle indagini, Priore la dedica anche ai paesi atlantici, la Germania, gli Stati Uniti, l’Inghilterra e soprattutto la Francia. Questa opera, che si colloca più sul piano storico che su quello giudiziario, è per il magistrato molto importante, poiché la chiave interpretativa non può prescindere da un’attenta analisi del contesto. Stimolato da Fasanella sull’argomento infatti, Priore rifiuta le tesi troppo semplicistiche con cui sono sempre stati spiegati i grandi fatti di sangue della nostra storia recente. È riduttivo parlare di 'servizi deviati', così com’è irrealistico addossare tutte le responsabilità a qualche singolo gruppo terroristico, incapace di compiere azioni tanto efferate e militarmente complesse senza aiuti esterni. Forti dubbi vengono sollevati anche nei confronti della 'strategia della tensione', che nell’opinione del giudice è un pretesto creato per mascherare le vere ingerenze che hanno insanguinato l’Italia negli anni settanta e ottanta, ingerenze internazionali, rapporti di forza consumati attraverso una lotta silente, così come 'silenti' sono considerate da Priore le stragi italiane che dopo decenni di indagini sono ancora senza colpevoli. L’interpretazione di tutto ciò, agghiacciante ma tremendamente realistica, è una sorta di scambio di messaggi fra potenze, un codice di sangue che possono capire solo i mandanti e i destinatari ma di cui hanno fatto le spese centinaia di persone innocenti. Non è possibile trovare una causa precisa che possa stare all’origine di tragedie come le stragi di Ustica e di Bologna, il caso Moro, le tante morti degli anni di piombo e molti altri drammatici avvenimenti, però la consapevolezza che Intrigo Internazionale riesce a creare è già un passo avanti per uscire dall’omertà e dalla nebbia che avvolge quegli anni. Nel capitolo conclusivo poi, Fasanella chiede a Priore quale sia la molla che ha spinto e spinge ancora oggi tante persone – politici, giudici, agenti dei servizi segreti, rappresentanti istituzionali, periti, militari – a negare delle risposte che gli italiani aspettano da trent’anni. “La ragion di stato” è la risposta di Priore. Tuttavia, il magistrato tiene a fare una precisazione: la ragion di stato in molti paesi è più radicata, è veramente una causa superiore, la salus rei publicae dei romani per cui era lecito contravvenire alle leggi dello stato stesso. Nazioni che hanno una tradizione, una coesione e un senso d’identità particolarmente spiccati, ereditati da una lunga e solida storia unitaria. L’Italia però non è fra queste, sia perché il nostro è una paese relativamente giovane, frutto di una unificazione che si potrebbe definire un po’ artificiale, sia soprattutto perché è radicata in noi italiani l’eterna divisione, il campanilismo, la faziosità, sentimenti questi esacerbati da un sistema politico marcio e clientelare, in mano a partiti che spesso perseguono interessi eminentemente personalistici. Così, verità scomode e destabilizzanti vengono usate come merce di scambio politico o economico e diventano protagoniste di ricatti che da un lato favoriscono il permanere della coltre di mistero, dall’altro alimentano il marciume della classe politica (e non solo) italiana. In questi tempi in cui si parla tanto di unità nazionale, sarebbe forse opportuno rivangare le dolorose ferite lasciate da quegli anni e ancora prima di sventolare un tricolore, far risuonare le note di Mameli e lasciarsi andare a pomposi festeggiamenti bisognerebbe riflettere su tutto ciò che non ha funzionato, su come l’Italia sia stata per anni terreno di scontro fra potenze internazionali, governata da istituzioni che non hanno saputo né voluto proteggere i propri cittadini, coinvolta in una guerra silente in cui non ci sono né attaccanti né attaccati ma solo troppi morti innocenti.

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