Fish Dependence: l'Italia ha già mangiato tutto il suo pesce

Il nostro Paese sta consumando molto più pesce rispetto alla produzione nazionale e dal 30 aprile, di fatto, dipende dai prodotti ittici provenienti da altri mari. A rivelarlo è il dossier Fish Dependence. A livello comunitario, infatti, la data indicata per la fine dell'autosufficienza alimentare per il pesce è quella del 2 luglio prossimo.

Fish Dependence: l'Italia ha già mangiato tutto il suo pesce
Il nostro Paese sta consumando molto più pesce rispetto alla produzione nazionale e dal 30 aprile, di fatto, dipende dai prodotti ittici provenienti da altri mari. A rivelarlo è il dossier Fish Dependence presentato da Nef (New Economics Foundation) e Ocean2012. Secondo quanto si legge nello studio, dal 2000 la differenza tra la ricchezza dei mari e il prelievo è divenuta sempre maggiore e il deficit alimentare è cresciuto ininterrottamente. Come ha dichiarato Aniol Esteban di Nef/Ocean2012 e co-autore del rapporto, “gli studiosi avvertono che il 54% dei 46 stock ittici Mediterranei esaminati sono sovra sfruttati”. Così, “mentre il consumo di prodotti ittici rimane invariato e il divario rispetto alle importazioni cresce sempre di più, l'Italia registra il peggiore squilibrio commerciale di tutti i paesi membri”. A livello comunitario, infatti, la data indicata per la fine dell'autosufficienza alimentare per il pesce è quella del 2 luglio. “L’UE - ha spiegato Serena Maso, coordinatrice nazionale di OCEAN2012 - aveva la più grande zona di pesca al mondo, ricchissima tra l’altro, ma non è riuscita a gestirla responsabilmente. Per soddisfare la sempre maggiore richiesta di pesce, è aumentato il sovrasfruttamento in altre parti del mondo”. Al fine di invertire questo “trend disastroso”, ha aggiunto Maso, è necessario “ripristinare la salute degli stock ittici europei, pescando secondo criteri di sostenibilità e consumando solo prodotti ittici pescati in sicurezza”. Per quanto riguarda il caso italiano, la proposta avanzata dalla Coldiretti Impresa Pesca è quella di un fermo pesca di quattro mesi per la fascia costiera e il blocco dell'attività delle imprese per 30 o 60 giorni, al fine di frenare una tendenza che nei primi mesi del 2011 ha visto crollare la produzione ittica. Gli effetti del sovrasfruttamento degli stock ittici europei sono 'nascosti' dall'aumento delle importazioni di pesce proveniente da altri mari. Tuttavia, come sottolinea il rapporto, il dato di fondo è che lo sviluppo dell'acquacoltura non è riuscito a bloccare la crescente dipendenza dal pesce importato. Di fatto, spiega Esteban, il report dimostra che gli Stati dell'Unione Europea “avendo fallito nella gestione degli stock ittici, si procurano il pesce altrove piuttosto che impegnarsi per riportare gli stock ittici ad un buono stato di salute”. Eppure, “consumare molto più pesce di quanto le acque europee siano in grado di produrne significa compromettere il futuro degli stock ittici e delle comunità che dipendono dalla pesca e mettere a rischio posti di lavoro e mezzi di sussistenza sia in Europa che in altre parti del mondo”. “La crisi che ha investito le nostre banche – continua Esteban - ci ha insegnato i rischi del vivere al di là delle nostre possibilità finanziarie. Ancora più pericoloso sarebbe vivere oltrepassando la soglia della sostenibilità ecologica”.

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