L’informazione che non informa si inventa anche la pubblicità “non condizionante”

L’informazione che non informa le prova tutte pur di sopravvivere alla sua pochezza, alla sua mancanza di attendibilità. La presunta professionalità dei media è caduta così in basso che basta aprire un qualsiasi giornale o sito web di media mainstream per essere sommersi da pubblicità di ogni tipo.

L’informazione che non informa si inventa anche la pubblicità “non condizionante”

L’informazione che non informa le prova tutte pur di sopravvivere alla sua pochezza, alla sua mancanza di attendibilità. La presunta professionalità dei media è caduta così in basso che basta aprire un qualsiasi giornale o sito web di media mainstream per essere sommersi da pubblicità di ogni tipo.
Gli articoli sul web sono un uragano di pubblicità, ogni poche righe ci sono finestre pubblicitarie che si aprono in continuazione, spot che rimbalzano a destra e sinistra, che riempiono l’intero schermo e così via in una agonia per il lettore che alla fine dell’articolo ha praticamente passato in rassegna gli acquisti di un intero supermercato, varie concessionarie di auto, ogni possibile gioco d’azzardo e pubblicità stomachevole.
Ma chi ormai può pensare che una roba del genere abbia qualcosa a che vedere con l’informazione?
Infatti non importa cosa si scrive, non importa l’argomento, fosse pure un articolo sulla decrescita,
sulla tutela ambientale, il bombardamento pubblicitario è onnipresente e rende ovviamente qualsiasi contenuto di contorno, anche il più nobile, privo di ogni efficacia.
Per tentare di dare una qualche parvenza di obiettività all’informazione, ora i media si sono inventati una trovata che travalica il ridicolo e li rende ancora meno attendibili e seri. Ora esiste la pubblicità “non condizionante”. E citare qualcosa come “non condizionante” è come ammettere che lo è.
Se lo si specifica vuol dire che allora la pubblicità condiziona eccome. E non basta certo scrivere "non condizionante" per pensare di fare credere che non lo sia per davvero.
Immaginate che una qualsiasi ditta in maniera “non condizionante” dia soldi a margine di un articolo, di una pubblicazione, di una trasmissione; secondo voi chi scrive l’articolo, il giornale, la testata che lo pubblica, la trasmissione, potrà mai parlare male di chi gli dà soldi e contribuisce a pagare lo stipendio? Ma esiste ancora qualcuno che può credere che la pubblicità possa non essere condizionate se di per sé tiene in piedi tutta l’informazione mainstream che senza pubblicità chiuderebbe domani mattina?
E questo a prescindere da qualsiasi presunto orientamento abbia questo o quel media, tanto la politica vera del media stesso la fa chi gli compra la pubblicità. Agendo in questo modo è come se sottoscrivessero che il pubblico, i lettori, i telespettatori, gli utenti del web sono una massa incapace di intendere e di volere pronti a bersi qualsiasi idiozia, anche la pubblicità non condizionante.
L’unica vera pubblicità non condizionante è quella che non c’è e visto che la stragrande maggioranza di prodotti che vengono pubblicizzati è contro le persone e l’ambiente, non esiste nemmeno l’attenuante che quantomeno siano pubblicizzati prodotti non nocivi, anzi magari sono benefici, quindi potrebbero
pure andare bene.
Ma ce la vedete voi l’informazione mainstream, con i costi stellari che ha ma sopratutto con i valori che non ha, che si fa sponsorizzare solo da ditte e attori etici e ambientalmente veramente compatibili e non greenwashing? Impossibile; difatti non avviene, se non in casi più unici che rari come il giornale che state leggendo, che ospita solo (poca) pubblicità di chi è in linea con i valori del giornale stesso, e per valori non si intende quelli monetari, che invece sono l’alfa e l’omega della informazione mainstream.
Visto quindi il panorama attuale informativo, avete un motivo in più per leggere e supportare l’informazione non condizionata da niente e nessuno e che ha a cuore la salvaguardia di ambiente e persone, da sempre il nostro unico “condizionamento”.

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